Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele
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Название: Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I

Автор: Amari Michele

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ sviluppati, a dispetto della natura, tra un clima ardente e un suolo penuriosissimo d'acque, sì che v'era impossibile ogni agricoltura, fuorchè in qualche lista di terreno; impossibile il soggiorno di grosse e raccolte popolazioni; negato alla più parte degli abitatori tutt'altra vita che la nomade. Donde non è maraviglia se la potenza politica si dileguasse dall'Arabia forse in tempo assai breve, come poi avvenne a quella fondata da Maometto. Dello incivilimento rimase qualche avanzo, nelle sue sedi principali: a settentrione cioè e tra ponente e mezzogiorno, ov'è più fecondo il terreno e l'Oceano tempera l'aere e agevola il commercio. Scomparvero fin anco quegli antichi popoli; dei quali altri emigrò come i Fenicii, altri decadde e menomò, altri, sterminato per violenta catastrofe, lasciò vaghe rimembranze di umana superbia, di abominazioni, di provocata vendetta del cielo.

      Così durante il corso delle due civiltà greca e romana, e infino al settimo secolo dell'era volgare, l'Arabia fu poco tenuta in conto tra le nazioni. In questo periodo veggiamo nella penisola due schiatte principali. La più antica, detta di Kahtân dal vero o supposto progenitore, forse il Iectan della Bibbia, occupava le parti meridionali, ossia l'Arabia Felice degli antichi e principalmente l'angolo tra ponente e mezzodì, il Iemen, come il chiamano gli Arabi. Era schiatta mista, parlante due lingue, l'una delle quali analoga all'arabo, e l'altra no; divisa tra la vita nomade e la vita stabile: e le popolazioni stabili, dove date all'agricoltura, dove raccolte in cittadi e intese al commercio, alla navigazione, ad industrie cittadinesche; la parte più opulenta della nazione per molti secoli soggetta dove a piccioli principi, dove ad unica monarchia, in ultimo a due successive dominazioni straniere. Varie tribù erranti di cotesta schiatta, dopo soggiorno più o men durevole nell'Arabia di mezzo, come se lor indole le sforzasse ad accostarsi alla civiltà, se ne andarono verso il settentrione. Quivi fondarono due Stati: l'uno in Mesopotamia che si addimandò il reame di Hira, prima tributario, poi provincia della Persia; l'altro presso la Siria. E questo ebbe per sede Palmira; si illustrò coi nomi di Odenato e Zenobia; e, distrutta Palmira, le tribù, senza soggiornare altrimenti in grosse città, furono note sotto la appellazione di Ghassanidi: comandate alsì da un principe; soggette sempre all'impero romano, il quale occupò anche qualche città della Arabia settentrionale, Petrea, come la dissero i dominatori. L'altra gente prese il nome da Adnân, tenuto discendente di Ismaele. Più compatta della prole di Kahtân, parlava unica lingua; tenea l'ingrato e vastissimo terreno delle regioni centrali. Pastori nomadi o mercatanti di carovana, gli Ismaeliti non ubbidirono a principi; vissero nella rozza franchigia della tribù, anche que' ch'ebbero stanza ferma là dove il luogo ne concedea. Gli stranieri non s'invogliarono giammai di soggiogarli; nè essi l'avrebbero sofferto, se non che alcuna tribù riconobbe, di nome e per poco, i monarchi del Iemen, o i Persiani.

      Considerati così gli abitatori dell'Arabia secondo il legnaggio, i due tronchi parranno dissimilissimi l'uno dall'altro; si comprenderà perchè si oltraggiassero a vicenda; perchè la nimistà della schiatta durasse fin sotto la potente unità dell'islamismo, fino alle remote spiagge dell'Atlantico, ove le portò insieme la vittoria. Ma se si riguardi ai costumi piuttosto che al sangue, si troveranno da una banda i soli cittadini e agricoltori del Iemen, dall'altra il rimanente di Kahtân e tutta Adnân; il grosso della nazione arabica, non ostante l'antagonismo di schiatta, comparirà ridotto ad unica stampa dalla vita nomade. La qual condizione sociale, immutabile come i deserti ove errano le tribù, è notissima per tanti ricordi univoci, da Giobbe infino ai viaggiatori d'oggidì: libri sacri, poesie, istorie, romanzi, osservazioni di dotti europei. E vuolsi da noi studiare, perchè, conoscendo gli ordini delle tribù, si spiegheranno agevolmente le vicende della nazione arabica in tutti i tempi e in tutti i luoghi.

      La tribù nomade, o, come dicon essi, beduina, che suonerebbe appo noi campagnuola, è saldo corpo politico senz'altri legami che del sangue, senz'altra sanzione penale che la vergogna e il timore dell'altrui vendetta e rapacità. Quivi l'unità elementare delle società non è l'individuo, ma sì la famiglia; nè risiede vera autorità che nel capo della famiglia. Ei comanda assoluto ai figliuoli e a lor prole; agli schiavi fatti in guerra o comperati; ai liberti che rimangono in clientela; agli affidati, uomini stranieri e liberi venuti a porsi sotto la sua protezione: ei li nutrisce, li difende dall'altrui violenza, e, quando ne recassero ad altrui, ripara il torto o affronta la vendetta. Nel numero e zelo de' suoi sta la forza del capo; la ricchezza nei servigii loro, negli utensili e negli armenti: nè è mestieri autorità di legge a mantenere insieme tal corpo.

      Fuori dalla famiglia cominciano le associazioni: volontarie al tutto; ma seguon anco la parentela. Così varie famiglie fanno un circolo, come lo chiamano gli Arabi dall'uso di piantare in cerchio lor tende; al quale è preposto uno sceikh, o diremmo noi anziano, più tosto che eletto, designato senza forme di squittinio dalla riputazione della persona e importanza della famiglia; talchè l'ufizio spesso diviene ereditario per molte generazioni. È capo fittizio della parentela: magistrato senza impero sopra i privati; senz'arbitrio nelle cose comuni del circolo, nelle quali dee seguire il voto dei padri di famiglia. Infine lo sceikh rappresenta, come oggi direbbesi, il proprio circolo nella tribù. La quale unisce insieme varie parentele di un medesimo legnaggio; ordinata alla sua volta come il circolo, guidata da un capo, che vien su tra accordo e necessità come quello del circolo, e regge le faccende comuni della tribù: mutare il campo, far guerre o leghe; sempre con l'assentimento degli sceikhi, fors'anco di altri potenti capi di famiglia. Suole altresì capitanare gli armati della tribù nelle scorrerie e zuffe; ma talvolta, e più spesso oggi che nei tempi andati, il condottiero è scelto a posta.

      Tale è loro gerarchia, politica insieme e militare, chè mal si distingue appo i Beduini. Ordini civili, che meritino il nome, non ve n'ha. La forza mantiene la roba quando non vi basti il credito della famiglia; e se la forza non può, il furto divien legittimo acquisto. Un po' più efficace la guarentigia delle persone; perchè il circolo e la tribù vi si sentono tenuti in onore, e più volentieri pigliano le armi a vendicare il sangue, o contribuiscono con le facoltà a pagare il prezzo di quello ch'abbia sparso alcun de' loro. Il quale compenso, assurdo e iniquo in una civiltà, umano nella barbarie, è in uso da antichissimi tempi in Arabia, come nel medio evo in Europa, ove il portarono i nomadi del Settentrione; ma gli Arabi, men pazienti di freno che non sieno mai stati i popoli germanici, non soleano accettare il prezzo del sangue se non che esausti dopo lunga vicenda di omicidii. Le multe per omicidio, troppo gravi ad una sola famiglia, troppo fastidiose a tutta la tribù, si soglion fornire dal circolo; il quale indi si direbbe società di assicurazione scambievole nei misfatti: e può cacciar via gli uomini rotti; ond'essi rimangono senza mallevadore nè protettore, veri sbanditi.

      Sembra ancora che tra la famiglia e la tribù talvolta si trovino parecchi gradi d'associazione intermediaria, per cagion della disuguaglianza grandissima che v'ha nel numero degli uomini delle tribù: chè se ne conta di poche centinaia, ovvero di migliaia, quasi popolazione d'una provincia. Il corpo politico indipendente che noi diciamo tribù, o, per prendere una similitudine molto ovvia, il ramo staccato dall'albero, si appella in arabico con nomi diversi,138 secondo che si discosti più o meno dal tronco l'inforcatura ov'è tagliato il ramo: poichè ogni frazione di tribù consanguinea si accompagna alle altre o se ne spicca a suo piacimento nei liberi campi del deserto.

      Non è mestieri aggiugnere qual divario corra tra le famiglie in punto di ricchezza; consistendo questa in proprietà mobili, e di più mal difese contro gli uomini e peggio contro i fenomeni della natura. La disuguaglianza del numero di uomini, avere, valore e riputazione delle famiglie in una nazione che sta sempre in su la guerra e osserva con tanta religione i legami del sangue, porta necessariamente la nobiltà ereditaria. V'ha inoltre la riputazione di nobiltà di una tribù, o circolo sopra gli altri, poichè tra loro quella che noi diremmo cittadinanza si confonde con la parentela. La forma di governo della tribù torna all'aristocrazia, ma larga; temperandola il nome comune, la familiarità patriarcale, il bisogno continuo che i grandi hanno della gente minuta, la agevolezza di sottrarsi a un governo troppo duro, la semplicità e rozzezza dell'ordinamento sociale. Perciò di rado si vede degenerare in oligarchia e quasi mai in principato.

      Gli ordini della tribù nomade informano le popolazioni stanziali, nate quasi tutte da quella, poste in mezzo ai Beduini, costrette a comporre con essi per danaro o sopportare le СКАЧАТЬ



<p>138</p>

Sce'b si chiama il tronco, come sarebbe Adnân; la prima diramazione si dice Kabîla; la seconda, I'mâra; la terza, Bain; la quarta, Fekhid; la quinta, A'scîra; la sesta, Fasîla: imperfette denominazioni e spesso confuse. Più comunemente la tribù vien detta Kabîla. Ho seguíto in tal distinzione l'antica e pregevole opera di Ibn-Abd-Rabbih (Kitâb-el-Ikd, Ms., tom. II, fol. 43 recto), che cita l'autorità di Ibn-Kelbi.