Rinaldo ardito. Lodovico Ariosto
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Название: Rinaldo ardito

Автор: Lodovico Ariosto

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

Серия:

isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/50306

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СКАЧАТЬ a te fui col bel serto mandata30

      Per animarti a far le sue vendette;

      Questa è mia stanza: e qui poserà tanto

      Ch'io torni a rivederlo in l'altro canto.

      CANTO II

I

      Benchè da poi che 'l Redentor del mondo

      Dimostar31 volse un sol Dio trino et uno,

      Ogni idol falso32 rovinasse al fondo,

      Pur fra' pagani ancor ne restò alcuno;

      Che li33 altri Dei, eccetto il ver, secondo

      Debbe di nuoi34 fedel creder ciascuno,

      Erano di Pluton seguaci rei,

      Che la gentilità chiamava Dei.

II

      Ma per la morte, e pel misterio sacro

      Della acerba passion del Verbo eterno,

      Qual segnò i suoi di quel santo lavacro

      Che lava in nuoi ogni peccato interno,

      Restò a Plutone il mondo acerbo et acro,

      E ritrarse gli fu forza all'Inferno;

      Nè falso alcuno Idio restò a' cristiani,

      Ma qualche illusion fra li pagani.

III

      E però a alcun di vuoi strano non paia

      Se a Feraguto quella ninfa apparve,

      Qual si chiamava dell'altre primaia,

      O fusser corpi veri o finte larve,

      Pur parea corpo quella ninfa gaia,

      Se con qualche ragion debbo parlarve:

      Non sciò35 come altro giudicar si possa,

      Chè un spirto non si tocca in carne e in ossa.

IV

      Toccavassi36 ella e ragionar se odiva,

      E porse a quel baron37 lo illustre scuto,

      A cui, da poi che 'l suo parlar finiva,

      Rispose allor sagace Feraguto:

      O sii donna mortale, o eterna diva,

      Eternamente ti sarò tenuto,

      Che in dui perigli, fuor d'ogni speranza,

      In l'un scuto mi desti, in l'altro stanza.

V

      Ma qui se fai ch'a Venere io sia grato,

      Nè mi trovi in amor tanto infelice,

      Ch'io non vi fui giamai aventurato,

      Pur ch'io vi fussi un tratto almen felice,

      Io mi reputarei sempre beato.

      Che tanto un sol piacere a un miser vale,

      Che gli rimette39 ogni passato male.

VI

      Ma non sciò, ninfa,40 se ragione o errore

      Sia, che sperar mi fa di questo puoco:41

      Come esser può che a quella Dea d'amore,

      Che altrui suole infiammar, piaccia tal luoco?

      Esser non può che in umile liquore

      Produr si possa, e conservarsi, il fuoco,

      Il fuoco che più al cor d'ogni altro preme,

      Che mal pon stare dui contrari insieme.

VII

      Ben mostri, alto baron, vivace ingegno,

      Disse la dama, e razional discorso,

      Che cum la forza uniti ti fan degno

      Di conseguir d'amor dolce soccorso;

      Spera, che fine arai al tuo disegno,

      E alla sventura tua42 porrai il morso,

      Quanto ad Amore e Venere si spetta,

      Benchè tua mente in ciò dubbia e suspetta.

VIII

      Ma dubitar non dei, che 'l fuoco pasce

      In umido43 liquore e si conserva,

      Come in vuoi il calor nativo nasce

      In radicale umor, che in vita serva

      Nel materno alvo l'uomo e nelle fasce,44

      E sempre umor da morte lo preserva;

      E in la lucerna piccoletta fiamma

      In oleo e in altro umor se aviva e infiamma.

IX

      Però Venere infiamma e si diletta

      Di quello umor che sta col caldo insieme,

      Anci nel mar di spuma fu45 concetta

      Venere in cambio di genital seme;

      La cosa non dirò, baron, perfetta,

      Però che l'onestà la lingua preme,

      Et a una donna, ancor che meretrice,

      Lo inonesto parlar sempre desdice.

X

      Il viver di Saturno, e ciò che fece

      Al padre suo, mi converria narrarte;

      Ma questo ad uomo più che a donna lece;

      Bastammi46 a dir la più opportuna parte,

      E che come la fiamma in oleo o in pece,

      Così in l'umor stia il caldo, dimostrarte;

      Nè ti sia cosa nova e inusitata.

      Che una Naiade a Vener sia dicata.

XI

      O felice colui che intender puote

      Il secreto poter della natura!

      O quante cose sono al mondo ignote

      Che l'uomo di sapere ha puoca cura;

      E se fussero a nuoi palesi e note

      Procederia ciascun cum più misura.

      Da te ben resto chiaro e resoluto,

      Rispose a quella dama Feraguto.

XII

      Ma pregote, dapoi che mi hai promesso

      Favorire47 in amore i miei disegni,

      Che quando un tanto don mi fia concesso

      Di amar cum frutto, me ne mostri segni;

      Che sempre duolse, puoi48 che in speme è messo,

      A cui come sperava non li avegni:

      Sicchè, dama gentil, fa' poi ch'io sapia

      Quando tal grazia in mia persona capia.

XIII

      Rispose allor la vezzosetta dama:

      Io sempre СКАЧАТЬ



<p>30</p>

La tua impresa da lei fia meritata,

Qual viepiù (credo) che ogni altra gli piacque.

<p>31</p>

Per dimostrar.

<p>32</p>

Fu crocifisso.

<p>33</p>

ogni altro Deo.

<p>34</p>

nuoi e vuoi per noi e voi qui ed altrove.

<p>35</p>

sciò per so qui ed altrove; sciai e scià, scianno per sai, sa e sanno. Il Bojardo cantò: Ben scio certo che pria… Ben sciò ch'io sosterrei (Sonetti e Canzoni, Milano 1845 pag. 32).

<p>36</p>

Toccavassi per Toccavasi.

<p>37</p>

Ferraù.

<p>38</p>

fa scordarli.

<p>39</p>

dama.

<p>40</p>

puoco per poco qui ed altrove.

<p>41</p>

E a ogni sfrenato cuor.

<p>42</p>

Come in lucerna.

<p>43</p>

Quella spoglia mortal dal dì che in fasce.

<p>44</p>

Ella.

<p>45</p>

Bastammi per Bastami.

<p>46</p>

Esser propizia.

<p>47</p>

puoi per poi qui ed altrove.