Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele
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Название: Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II

Автор: Amari Michele

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/46888

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СКАЧАТЬ emiri di Sicilia. Il sol patto tacito o espresso da sospettarsi tra il novecentoventicinque e 'l novecentotrenta, è che i Bizantini escludessero dalla tregua e designassero ai Fatemiti le città di Calabria e Puglia che lor non obbedivano e però non pagavan la quota del tributo musulmano. A ciò dunque si ristringa il biasimo dei Bizantini; e si cancelli dalla storia quella impossibilità dell'Italia meridionale racquistata da loro con eserciti musulmani.377

      Tra gli stati independenti dall'impero greco, le città che gli si ribellavano, e gli strateghi che differivano a pagare il tributo, non mancò occasione di preda alle soldatesche slave. Di luglio novecento ventisei preser Siponto, capitanati, al dir d'una cronica, da Michele re loro,378 forse zupano, come si chiamava il primo magistrato delle repubbliche slave della Dalmazia, e però venuto a dirittura e dassè, non d'Affrica da servidore del Mehdi. Ma il costui paggio slavo Sâin, l'anno appresso, che cadde nel trecentoquindici della egira, passava d'Affrica in Sicilia con quarantaquattro navi la più parte da guerra: accozzate le sue con le genti dello emir di Sicilia, facea vela per Taranto; assediava la città, difesa virilmente dagli abitatori; entrava d'assalto; menava strage degli uomini da portar arme, e mandava il rimanente della popolazione a vendere in Affrica.379 Del novecentoventotto, par che l'esercito di Sicilia e gli Slavi si fossero divisi per portar la guerra in due province diverse. Il primo, andato a campo ad Otranto, espugnavala il diciassette agosto; distruggea le case e s'apprestava a correre altri paesi, quando una moría lo costrinse a tornarsi in Palermo.380 Sâin co' suoi Slavi assaliva i principati longobardi dalla parte del Tirreno; prendeavi parecchie fortezze, tra le quali le memorie musulmane notano una Ghirân ossian “Le Grotte,” ed una Kalat-el-Khesceb, ch'è a dir “La Rocca del Legno:” nomi da non si riconoscere agevolmente nella nostra topografia del medio evo, poi ch'è evidente che i vincitori li posero a capriccio o li tradussero in lor linguaggio. Fatto fardello quanto potè, Sâin si appresentava a Salerno; i cui cittadini comperaron la pace a prezzo di danaro e drappi di seta dibâg.381 Donde passato a Napoli, la sforzava a simil patto; se non che prese danaro e vesti, dice la cronica:382 senza dubbio per significar le pezze di tela di quel lavorío che non avea pari al mondo e facea la ricchezza della città, com'afferma il mercatante arabo Ibn-Haukal, trovatosi a Napoli una quarantina d'anni appresso.383 Sâin riscosse anco il tributo della Calabria e fece ritorno in Palermo col bottino e numero grandissimo di prigioni.384

      Ma l'anno seguente, com'e' par che gli strateghi di Calabria andasser sempre a rilento nel pagare, Sâin si mostrò nell'Adriatico, con quattro navi grosse. Imbattutosi nello stratego che n'avea ben sette, lo slavo non se la stette a pensare che l'assalì e il vinse. Sbarcato poi, prendea Termoli nel mese di settembre o d'ottobre; e si riducea alfine a Mehdia con dodici migliaia di prigioni.385 Fu ultima di sue scorrerie questa del novecentoventinove. E credo che in tal tempo l'armata e le genti slave fossero venute a svernare ogni anno in Palermo, e che parte ve ne rimanesse a mercatare dopo la partenza di Sâin; poichè il rione più grosso della città, contiguo al porto, si addimandò il Quartiere degli Slavi.386

      Lunga pezza poi respirò l'Italia meridionale sendo stato soddisfatto il tributo dai Bizantini fino alla morte del Mehdi;387 racceso poscia il fuoco della guerra civile in Sicilia; e nel frattempo rivolte le forze navali dei Fatemiti contro Genova. In que' primordii della repubblica, sembra già cresciuto il commercio, poichè attirò gli avvoltoi, fatemiti. Abu-l-Kasem-Mohammed, figliuolo del Mehdi, salito al trono il novecentotrentaquattro, allestiva immantinenti un'armata di trenta legni da guerra;388 con la quale Ja'kûb-ibn-Ishak corse la riviera ligure, sbarcò nei contorni di Genova, fecevi bottino e prigioni.389 Donde Abu-l-Kasem, ragunato novello esercito il novecentotrentacinque, rimandavalo in quelle parti. I Musulmani allor posero l'assedio alla città; apriron la breccia;390 entrati con la spada alla mano fecero carnificina degli uomini, preser le donne e i fanciulli, saccheggiaron le case e i tesori delle chiese391 e rimontarono su lor legni. Di passaggio approdano in Sardegna; opprimon col numero que' fieri isolani; lor ardono molte navi; fan lo stesso gioco in Corsica;392 e impuni se ne tornano a Mehdia, recando in cattività un migliaio di donne italiane.393 Così leggiamo ne' ricordi loro il lagrimevol caso di Genova,394 accennato appena dai nostri scrittori del tempo, con giunta dell'avviso che n'avesse dato il Cielo, tingendo di sangue una polla d'acqua.395 Alla fine del decimoterzo secolo, non bastando tal prodigio alla repubblica potente e vittoriosa, si finse una terribile vendetta: come la gioventù genovese fosse ita fuori con l'armata; come al ritorno, vedendo la città vota, d'un subito rivolte le prore in caccia de' Saraceni, colseli che si godean l'acquisto in un isolotto disabitato presso la Sardegna, ne fece un monte di cadaveri, e riportò a casa le mogli, le sorelle, i figliuoli. Favoletta sì semplice che par trovata pei bambini; e sta bene in bocca di chi la compose o la ripetè: Iacopo da Varaggio, arcivescovo di Genova, compilator della Leggenda Dorata.396

      CAPITOLO IX

      Non fia lungo a narrare le vicende interiori della Sicilia da una rivoluzione ad un'altra. Ressela per venti anni, con titolo di emir, quel Sâlem-ibn-Rescid, lasciatovi alla partenza d'Abu-Sa'îd.397 Ma l'autorità era mutilata. Le fazioni in Terraferma, com'abbiam visto, si condussero per capitani mandati apposta d'Affrica; nelle quali, se talvolta andò Sâlem, fu da ausiliare.398 Il navilio siciliano, che diè tanta briga al Mehdi al tempo d'Ibn-Korhob, combatteva ora gli ortodossi sudditi degli Abbassidi in Egitto; i quali ben sapeano che i Siciliani ci andassero contro voglia. E però dopo la giornata navale che guadagnarono gli Abbassidi fuori Rosetta (919), menati a terra i prigioni, il popolo di Misr nè scevrò i Kotamii per ammazzarli; perdonò la vita ai Siciliani, Tripolitani e abitatori dell'Africa propria.399 Del novecentoventisette; venne d'Affrica a por taglie400 su la Sicilia, il figliuolo dell'emiro Sâlem, con due sceikhi401 detti il Belezmi e il Kalesciani402; e tornovvi del trentadue, con preposti nuovi: Ibn-Selma e Ibn-Dâia; i quali aggravaron la mano sul popolo, ma rappresentatisi a corte l'anno appresso, caddero in disgrazia del padrone;403 parendogli forse, che del camelo, com'ei solea dire, gliene avessero recato gli orecchi.404 Veggiamo infine che Sâlem accordava la tregua a Taormina e altre castella dei Cristiani dì Sicilia nella state del novecentodiciannove.405 Da tutto ciò è manifesto che il Mehdi adoperasse in Sicilia l'espediente tollerato dai pubblicisti musulmani del tempo: scindere l'emirato in due oficii, l'un di guerra e polizia, l'altro di azienda e giurisdizione;406 e che non contento a ciò, togliesse l'occasione e le forze da far la guerra. Un capitan generale della sbirraglia con l'antico titolo d'emir; un presidio di Kotamii o fanti poliziotti, com'or diremmo; pace coi Cristiani dell'isola, per lasciarvi disarmati i coloni; gli affari d'azienda e di guerra accentrati in Affrica: con questi ordini il Mehdi tenne la Sicilia. Usò modi somiglianti con le popolazioni arabiche d'Affrica. In generale serbò la pace con l'impero bizantino, e con le popolazioni berbere independenti. Meglio che la spada, amò la penna, i raggiri СКАЧАТЬ



<p>377</p>

Non ci dee ritenere la grande autorità del Machiavelli, il quale accettò il racconto di Liutprando in un quadro generale (Istorie fiorentine, lib. I, nel paragrafo che principia “Era intanto morto Carlo imperatore”). Ognun sa che ai tempi del Segretario Fiorentino le sorgenti della storia d'Italia erano la più parte ignote o incerte. La stessa ragione non vale a favor del Giannone, lib. VII, cap. IV; e molto meno del Martorana, tomo I, p. 84, cap. III, e del Wenrich, lib. I, cap. XII, § 104, p. 139, 140.

<p>378</p>

Confrontinsi: Lupo Protospatario e la Cronaca di Bari, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54; Chronicon Sanctæ Sophiæ Beneventi, presso Muratori, Antiquitates Italicæ, tomo I, p. 253; Romualdo Salernitano, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, an. 926. L'indizione 15ª corregge lo sbaglio della Cronica di Bari che dà l'anno 928. Il nome d'Istachael scritto in alcune edizioni di Lupo, va letto Michael.

<p>379</p>

Si confrontino: Ibn-el-Athîr, an. 313, MS. A, tomo II, fog. 234 verso; e MS. C, tomo IV, fog. 304 recto; Baiân, tomo I, p. 199, an. 315 (7 marzo 927 a 23 febbraio 928); Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 13, 14, an. 316; Lupo Protospatario, e Cronica di Bari, l. c., an. 927; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 162. Nella Cronologia historica, di Hazi Halife (Hagi Khalfa), versione del conte Carli, Venezia 1697, p. 59, si legge questa impresa di Taranto, che manca nel testo persiano di Parigi.

Debbo avvertire che la discrepanza delle croniche mi sforza ad ordinare i fatti alla meglio, senza la certezza ch'io soglio ricercare. Per esempio, un dice che Sâin venne con 44 navi; un altro gli dà 33 navi da guerra; chi parla delle forze unite di Sâin e dell'emir di Sicilia, chi di Sâin solo; chi sbaglia evidentemente le date; chi confonde in un sol anno tutte le imprese; chi pone i nomi geografici, e chi no; chi li scrive in guisa da doversi indovinare la giusta lezione. Ciò sia detto per tutte queste fazioni dal 927 al 929.

<p>380</p>

Ibn-el-Athîr e Nowairi, ll. cc. Prendo la data dalla Cronica di Cambridge, l. c., an. 6436 (1º settembre 927 a 31 agosto 928), ove credo si debba leggere Otranto in vece di Zarniwah, che fu messo a caso nelle edizioni precedenti. Otranto si legge chiaramente negli altri due autori citati.

<p>381</p>

Si vegga la nota 3, a pag. 173 di questo volume.

<p>382</p>

Il Baiân, sola sorgente di questo fatto, adopera la voce thiâb, plurale di thaub; e significherebbe vestimenta, in generale, ovvero, secondo l'uso moderno d'Egitto, un camicione che le donne soglion mettere sopra tutti gli altri abiti quand'escono fuor di casa: una specie di dominò. Si vegga Dozy, Dictionnaire détaillé etc., p. 106. Ma Ibn-Haukal parlando appunto di Napoli, come si vedrà nella nota seguente, usa la stessa voce al singolare e al plurale, nel significato certissimo di tela di lino in pezza. Le pezze che valean da cinque a secento lire ciascuna non faceano ingombro: e così interpretato parrà più verosimile questo passo del Baiân.

<p>383</p>

Ibn-Haukal, testo arabico, nella mia Biblioteca Arabo-Sicula, p. 10, 11, cap. IV, § 2. Probabilmente questo infaticabile viaggiatore andò a Napoli poco prima o poco appresso di Palermo, ove si trovò l'anno 362 dell'egira (972-3). Ibn-Haukal dice aver veduto egli stesso a Napoli questi bellissimi tessuti di lino, che da un'altra espression del testo possiam supporre anco ricamati ovvero operati a damasco. Ogni thaub, lungo 100 dsira' e largo da 10 a 15, si vendea più o meno 150 ribâ'i, o vogliam dir quarteruoli d'oro. Cotesta moneta usata in Sicilia dal X al XII secolo torna in peso di metallo a lire 3,80. La dsira', o dra, come pronunzian oggi, vuol dir braccio; e tra le varie maniere, che ve n'ebbe e ve n'ha in Oriente, è probabilissimo che Ibn-Haukal abbia ragionato con quella chiamata “negra” ch'era a un di presso 0,48 metri. S'aggiunga questo agli altri copiosi materiali che abbiamo per la storia dell'industria italiana nel medio evo. Spieghin poi gli eruditi il lavorío di cotesta tela sì fina, larga da 5 a 7 metri, che si vendea 570 lire la pezza di 48 metri, e dicano se si debba supporre errore nei numeri scritti da Ibn-Haukal.

<p>384</p>

Confrontinsi: Chronicon Cantabrigiense, l. c., an. 6437 (1º settembre 928 a 31 agosto 929), e Nowairi, l. c. La prima dice che in Lombardia non fu espugnata da Sâin alcuna “città;” e ciò si accorda con la tradizione del Baiân, citata di sopra. La data posta nella Cronica di Cambridge par quella del ritorno fin Palermo sul finir della state, è però nel 928.

<p>385</p>

Confrontinsi: Chronicon Cantabrigiense, l. c., an. 6436 (1º settembre 929 a 31 agosto 930); Baiân; tomo I, p. 201, an. 317 (13 febbraio 929 a 1 febbraio 930). Le due croniche notano concordemente essere stata questa la terza espedizione di Sâin. Ho scritto così il nome secondo la lezione della Cronica di Cambridge, e di quella di Gotha. Il Nowairi ha Sâreb. Il dotto editore del Baiân corresse Sâber.

<p>386</p>

Ibn-Haukal nella descrizione di Palermo dà questo nome topografico. In oggi si chiama il Quartier del Capo.

<p>387</p>

Nowairi, l. c.

<p>388</p>

Dsehebi. Mi par bene dì accennare distintamente la origine dei particolari che sappiamo di questo fatto importante della storia italiana.

<p>389</p>

Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn. Nel confuso racconto di Dsehebi si fa anche cenno d'un assalto anteriore a quello in cui fa presa la città.

<p>390</p>

Dsehebi.

<p>391</p>

Liutprando: Cunctosque civitatis et ecclesiarum thesauros. Non credo si debba intendere del comune e della chiesa, ma de' cittadini etc.

<p>392</p>

Così chiaramente nel manoscritto di Dsehebi. In que' d'ibn-el-Athîr si legge chiaramente Karkesia, e così in uno de' due squarci d'Ibn-Khaldûn, ove si aggiugne “su le spiagge di Siria.” Ciò ha spinto l'erudito baron de Slane a correggere “Cesarea;” sendo grossolano errore Karkesia. Ma ibn-Khaldûn, o il copista, par che abbia aggiunto quella spiaggia di Siria, appunto perchè non gli venne a mente che si trattava della Corsica. Ciò mi par certo dalla narrazione d'Ibn-el-Athîr, il quale parla di unica espedizione a Genova, in Sardegna e in quel terzo paese.

<p>393</p>

Dsehebi.

<p>394</p>

Si confrontino: Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 46, an. 6442 (lº settembre 933 a 31 agosto 934); Ibn-el-Athîr, MS. B, tomo I, p. 149 e 163, e MS. C, tomo IV, fog. 321 verso e 325 verso, anni 322 (21 dicembre 933 a 9 dicembre 934), e 323 (10 dicembre 934 a 28 novembre 935); Baiân, tomo I, p. 216; Nowairi, presso Di Gregorio, op. cit., pag. 14; Dsehebi, Tarîkh-el-Islâm, an. 323, manoscritto di Parigi, Ancien Fonds, 646, fog. 505 verso; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique etc., p, 162, 163, e Storia dei Fatemiti, manoscritto di Parigi 742 quater, tomo IV, fog. 18 verso, con la versione datane da M. De Slane nella Histoire des Berbères dello stesso Ibn-Khaldûn, tomo II, p. 529, appendice.

<p>395</p>

Liutprando, Antapodesis, lib. IV, cap. V, presso Pertz, Scriptores ec., tomo III, p. 316.

<p>396</p>

Iacopi de Varagine Chronicon, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo IX, p. 10.

<p>397</p>

Il Martorana, tomo I, p. 86 e 215, nota 115, seguito dal Wenrich, crede personaggi diversi Salem emiro del 917 e Salem del 937, fondandosi in su questo, che Nowairi aggiunga nel primo caso il nome patronimico Ibn-Ased; e Abulfeda nel secondo, Ibn-Rescîd. Tal supposto or si dilegua con l'autorità degli altri compilatori citati nel capo VII, p. 160, e soprattutto d'Ibn-el-Athîr, il quale scrive Sâlem-ibn-Rescîd sì nel 313 e sì nel 325 dell'egira.

<p>398</p>

Si vegga il Capitolo precedente, p. 170, seg., 176.

<p>399</p>

Eutichii, Patr. Alexandrini annales, tomo II, p. 508, 509. Questo scrittore, poco men che contemporaneo, è il solo che narri l'episodio dei prigioni risparmiati; tra i quali pone in primo luogo i Siciliani. Ei riferisce la battaglia al 307 dell'egira; ma Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV, fog. 298 recto e verso, la scrive nel 306 (13 giugno 918 a 1 giugno 919); e la Cronica di Cambridge nota nel 6427 (1 settembre 918 a 31 agosto 919) la spedizione dei Fatemiti in Alessandria.

<p>400</p>

Taglieggiare è versione litterale del testo arabico. Donde sappiamo questo dazio insolito e gravoso, ma non di che natura el fosse.

<p>401</p>

Così la Cronica. Sceikh, vecchio, indi anziano, senatore, capo d'una frazione di tribù, capo d'un villaggio, o semplicemente preposto o dottore.

<p>402</p>

Cioè il primo di Belezma, città d'Affrica che abbiam citato altrove; il secondo, di Kalesciana a 12 miglia da Kairewân, della quale il Bekri, Notices et Extraits des MSS., tomo XII, 479.

<p>403</p>

Cronica di Cambridge, op. cit., p. 45.

<p>404</p>

Si vegga al Capitolo VIII, p. 172, 173.

<p>405</p>

Cronica di Cambridge, op. cit., anno 6427.

<p>406</p>

Si vegga il Capitolo I di questo Libro III, p. 3 in nota.