Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Карло Коллоди
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СКАЧАТЬ le tre pere, Pinocchio fece un lunghissimo sbadiglio e disse:

      – Ho dell’altra fame!

      – Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.

      – Proprio nulla, nulla?

      – Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.

      – Pazienza![28] – disse Pinocchio, – se non c’è altro, mangerò una buccia.

      E cominciò a masticare. Da principio storse un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, spolverò in un soffio[29] tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quand’ebbe finito di mangiare ogni cosa, si batté tutto contento le mani sul corpo, e disse gongolando:

      – Ora sì che sto bene!

      – Vedi dunque – osservò Geppetto – che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!!..

      8. Geppetto rifece i piedi a Pinocchio, e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario

      Il burattino, appena che si fu levata la fame, cominciò subito a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi.

      Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta, lo lasciò piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli disse:

      – E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?

      – Vi prometto – disse il burattino – che da oggi in poi[30] sarò buono…

      – Tutti i ragazzi – replicò Geppetto – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

      – Vi prometto che anderò a scuola, studierò e mi farò onore…

      – Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.

      – Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.

      Geppetto che aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole, non rispose altre parole: ma, presi in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si pose a lavorare di grandissimo impegno.

      E in meno d’un’ora, i piedi erano fatti: due piedini svelti e asciutti.

      Allora Geppetto disse al burattino:

      – Chiudi gli occhi e dormi!

      E Pinocchio chiuse gli occhi e fece finta di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla sciolta in un guscio d’uovo gli appiccicò i due piedi al loro posto, e glieli appiccicò così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.

      Appena il burattino si accorse di avere i piedi, saltò giù dalla tavola dove stava disteso.

      – Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me – disse Pinocchio al suo babbo – voglio subito andare a scuola.

      – Bravo ragazzo.

      – Ma per andare a scuola ho bisogno d’un po’ di vestito.

      Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli fece allora un vestito di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berretto di midolla di pane.

      Pinocchio corse subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e rimase così contento di sé, che disse:

      – Paio proprio un signore!

      – Davvero, – replicò Geppetto – ma non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.

      – A proposito, – soggiunse il burattino – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa.

      – Cioè?

      – Mi manca l’Abbecedario.

      – Hai ragione: ma come si fa per averlo?

      – È facilissimo: si va da un libraio e si compra.

      – E i quattrini?

      – Io non ce l’ho.

      – Nemmeno io – soggiunse il vecchio, facendosi tristo.

      E Pinocchio si fece tristo anche lui: perché la miseria, la intendono tutti: anche i ragazzi.

      – Pazienza! – gridò Geppetto rizzandosi in piedi; e infilatasi la vecchia casacca di frustagno, uscì correndo di casa.

      Dopo poco tornò: e quando tornò, aveva in mano l’Abbecedario per il figliolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia[31], e fuori nevicava.

      – E la casacca, babbo?

      – L’ho venduta.

      – Perché l’avete venduta?

      – Perché mi faceva caldo.

      Pinocchio capì questa risposta a volo[32], e non potendo frenare l’impeto del suo buon cuore, saltò al collo di Geppetto e cominciò a baciarlo per tutto il viso.

      9. Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei burattini

      Smesso che fu di nevicare, Pinocchio, col suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, prese la strada che menava alla scuola: e strada facendo, fantasticava mille ragionamenti e mille castelli in aria uno più bello dell’altro.

      E discorrendo da sé solo, diceva:

      – Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi!

      Mentre tutto commosso diceva così, gli parve di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di gran cassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.

      Si fermò e stette in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.

      – Che cosa sia questa musica? Peccato che io debba andare a scuola, se no… – E rimase lì perplesso. A ogni modo[33], bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.

      – Oggi anderò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare СКАЧАТЬ



<p>28</p>

Pazienza! – ничего не поделаешь

<p>29</p>

in un soffio – в один миг

<p>30</p>

da oggi in poi – с сегодняшнего дня

<p>31</p>

in maniche di camicia – в одной рубашке

<p>32</p>

a volo – с полуслова

<p>33</p>

A ogni modo – во всяком случае / так или иначе