La Tragedia Dei Trastulli. Guido Pagliarino
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Название: La Tragedia Dei Trastulli

Автор: Guido Pagliarino

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Полицейские детективы

Серия:

isbn: 9788835419112

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СКАЧАТЬ È il geometra Aristide Trastulli. Prima d’ereditare lavorava come dipendente in un’impresa edile, e aveva conosciuto la futura moglie, Iride, un giorno che per lavoro era salito a casa del principale: lei era la donna di servizio. Il loro primogenito si chiama Arturo, non ha avuto molta voglia di studiare, ha la terza media, o meglio la terza ginnasio come si chiamava una volta16 , è andato a lavorare coi suoi a quattordici anni. Il secondo figlio, Clemente, ha maggiori studi, prese il diploma di perito mercantile prima d’entrare in ditta coi genitori. Tornando alla loro madre signora Iride, è la decima figlia di contadini. Come tutti nella sua famiglia aveva studiato poco, anche se si esprime con proprietà. Subito dopo l’esame di terza elementare17 aveva dovuto aiutare i suoi nel lavoro, come già facevano i fratelli e una delle sorelle; raggiunti i quattordici anni, com’era stato per le altre sorelle, era stata inurbata dai genitori e indirizzata al mestiere di domestica, essendoci troppe bocche da sfamare per il piccolo appezzamento di terra familiare. Sono tutte cose che ho saputo nel corso del tempo dall’ostiario, come io lo definisco.

      “Ostiario?”

      “Non sai chi erano gli ostiari?”

      “Hm… mea culpa”, avevo finto di dolermene.

      “Perdonato”, aveva scherzato anche lui, “dopotutto la reale figura dell’ostiario non esiste più da un pezzo, sostituita da quella del sacrestano. Si trattava d’un chierico, di minor livello dei preti, che aveva ricevuto il cosiddetto ostiariato comportante diversi incarichi entro un edificio ecclesiastico: come suggerisce il nome stesso, procurare e serbare le ostie da consacrare sull’altare, ma inoltre custodire l’edificio, aprire e chiuderne a orario l’ingresso e vietarne l’accesso alle brutte persone; oltre a ciò, suonare le campane a orario e, aiutato o no da serventi, provvedere alle pulizie della chiesa. Definisco il nostro portinaio ostiario, beffardamente, perché è un baciapile che fa sapere a tutti che lui va in chiesa ogni sera dopo l’orario e che recita sempre il Rosario con la moglie prima di coricarsi pregando per tutto il condominio. Peccato che poi spettegoli a mitraglia dietro alle spalle dei proprietari: forse anche su di me, perché no?

      Però è un po’ maligno pure chi l’ascolta, come te, m’era piombato in mente, e me n’ero pentito subito perché ben conoscevo il buon cuore dell’amico; dopo un momento m’ero detto: Beh, dopotutto la curiosità è normale per un poliziotto, no?

      Intanto, ignaro del mio rimuginare, Vittorio aveva continuato: “Quello tra loro che conosco meglio è l’anziano, perché era come me un partigiano ed è come me iscritto all’ANPI18 : ci ritroviamo qualche volta in sede o a celebrazioni di piazza. Anche la moglie è iscritta, operavano in coppia contro i fascisti e gli occupanti tedeschi, tutti e due sono medaglia d’argento al valor militare della Resistenza; lei però non frequenta l’Associazione.”

      “Per salire in montagna a combattere avevano chiuso il negozio, m’immagino.”

      “No, avevano operato qui a Torino, in altri modi tutti necessari, come procurare armi ai resistenti trasportandole di persona sul furgone della ditta, celate fra le loro merci, o ricevere e passare ordini del CLNAI19 tramite un ufficiale dell’Esercito che militava fra i partigiani azzurri, quelli di tendenze liberal monarchiche, il maggiore Amedeo Ronzi di Valfenera, adesso generale dei Carabinieri20 , lo conosco pur io perché è torinese ed è iscritto alla nostra sezione ANPI: è un grande amico del vecchio Trastulli. Inoltre, in più occasioni, i coniugi avevano riparato nella soffitta del loro negozio antifascisti ricercati e, a un certo punto, vi avevano nascosto, con alto rischio, sin a fine guerra, una coppia d’ebrei, salvandola da un rastrellamento meticoloso dei nazisti e dalla conseguente deportazione in un lager.”

      “Scusa, Vittorio, il primogenito di questi Trastulli doveva essere già oltre la ventina: era partigiano con loro?”

      “No, allo scoppio del conflitto Arturo era di leva ed era stato spedito subito al fronte, rimanendo in armi fin al luglio ‘43, prima in Francia e poi in Sicilia dov’era stato fatto prigioniero e quindi deportato in Gran Bretagna: pare l’avessero trattato abbastanza bene, impiegandolo prima come contadino in una fattoria poi come giardiniere e ortolano sul terreno attorno alla villotta del colonnello che comandava il campo di prigionia. Era tornato in Italia solo nel 1946. Vuoi sapere anche del figlioletto piccolo?”

      “Eh!”

      “Clemente frequentava ancora le scuole elementari nel 1940, quando il 10 giugno Mussolini dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna. I suoi l’avevano allontanato subito da Torino, e bene avevano fatto, ché il primo bombardamento sulla città, da parte degl’inglesi, era stato immediato…”

      “...e proprio a me lo dici? Me lo ricordo eccome!”

      “Già, tu sei torinese.”

      “Sì: era la notte fra l’11 e il 12 giugno, non ce l’aspettavamo così presto i miei genitori e io.”

      “Tuo padre era stato poi richiamato sotto le armi?”

      “No, era operaio FIAT e quelli come lui erano utili là dov’erano.”

      “Già, per produrre per l’Esercito e l’Aereonautica.”

      “Sì. Tornando al bombardamento, dopo un momento di paura eravamo corsi tutti e tre giù in cantina, ma casa nostra non era stata toccata per fortuna, sebbene avessero sganciato sul centro della città: 17 morti! Si sarebbe poi saputo che l’obbiettivo avrebbe dovuto essere la FIAT, che invece nemmeno era stata sfiorata. Per questo s’era diffusa la voce, bisbigliata, che Churchill avesse azioni della società, ma sicuramente s’era trattato d’una fanfaluca.”

      “Di sicuro; ma riandando al piccolo Trastulli, i suoi l’avevano riparato dalla sorella nubile del padre, una certa zia Erminia, che abitava nel piccolo comune originario della famiglia, Cavaglià, a una cinquantina di chilometri. La zia era ed è benestante, avendo ereditato l’altra metà dei beni paterni. S’era preso e tenuto il nipotino ben volentieri per tutti gli anni della guerra, affezionandosi a lui come a un figlio, e il bimbo a lei: me l’aveva confidato il papà Trastulli, aggiungendo che Clemente voleva e vuole bene più alla parente che alla madre.”

      “Si lascia andare a confidenze quel geometra.”

      “Non con tutti: nell’ANPI discorre volentieri solo con me e con quel generale di cui è amico. Mi parla non solo dei fatti di guerra ma pure dei suoi privati: è una persona spontanea e un gran brav’uomo. La signora Iride invece non mi piace molto... va beh, è un’eroina di guerra anche lei ma... è pure ‘na fareniella21 , una donna piena di boria che si crede la regina di Saba. Ho potuto verificarlo in più casi.”

      “Ho capito; ma dimmi qualcosa della moglie del primogenito”: dopotutto anch’io, quanto a curiosità, non mi stavo mostrando da meno dell’amico; oh, beh, eravamo poliziotti entrambi, no?

      “Ah, sì, completiamo il quadro: Si chiama Clodette, è una francese bionda, più alta del marito, bella donna, ma tu l’hai vista. Arturo la conobbe in vacanza in Liguria. Lei s’occupa solo delle figlie, niente di più, in casa hanno una domestica dalle 9 alle 19 e 30 che fa tutto e si chiama Genoveffa. Clodette e Arturo litigano perché lui la gradirebbe in ditta, anzi la suocera la vorrebbe là, a tutti i costi, e a lui piacerebbe dare soddisfazione alla madre, è un po’ un cocco di mamma, anzi un mammone secondo le parole del nostro linguacciuto custode, mentre il fratello no; immagino che la madre avesse molto viziato il primo da piccolo, mentre non aveva potuto farlo con l’altro perché era dalla zia. La nuora non vuole proprio finire alle dipendenze della suocera, il marito insiste e i due battibeccano; e anche la vecchia ne dice tante alla nuora, non belle, e allora Clodette, anche se conosce ormai bene СКАЧАТЬ