Gli amori. Federico De Roberto
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Название: Gli amori

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066071165

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СКАЧАТЬ Sguardo vigilante ed amico, egli aveva scritto certi versi che ella aveva mandati a memoria. I fari sogliono essere particolarmente utili durante il cattivo tempo; e appunto quando tirava vento, quando c'era nebbia, quando pioveva, quando nevicava, la finestra soleva splendere e indicare che l'approdo era libero; nelle notti serene, siccome la signora doveva andar fuori per suo conto, o riceveva visite, tutto restava buio e il nocchiero filava al largo.

      Queste notizie, diciamo così nautiche, sono necessarie all'intelligenza della storiella. La quale meriterebbe d'essere narrata in uno stile un poco più serio; perchè, come durante cinque anni i miei due protagonisti si erano amati d'un amore dolce e forte ad un tempo, così, anzi a più forte ragione, dopo la rottura non ebbero di che ridere. Perchè ruppero, allora? Se io pensassi oggi come ieri, le direi che ruppero per quella tale impossibilità di comprendersi bene, per quella intellettuale e sentimentale discordia che m'ha valso i suoi vivaci rimproveri; ma io mi sono, come le ho detto, convertito; e quand'anche non fossi ancora convertito, non vorrei farla arrabbiare ripetendole una cosa che tanto le dispiace; le dirò quindi che l'amor loro s'intepidì e s'avviò alla morte come tutte le cose che hanno avuto nascimento. E come l'amor loro era stato una bella cosa, ed entrambi sentivano che la fine di una cosa bella è molto triste e che bisognerebbe a ogni costo impedirla, così essi ostinavansi a ravvivare il loro sentimento agonizzante; ma poichè l'impresa era disperata e gli sforzi si rompevano contro la fatalità della morte, così, vedendo inutili gli sforzi, e non potendo prendersela col destino irresponsabile, e dovendo per un bisogno tutto umano prendersela con qualcuno, ciascuno dei due se la prendeva con l'altro. S'accusarono, adunque, di colpe in piccola parte vere, in molta parte imaginarie; dalle accuse futili passarono ben presto alle maggiori e da queste arrivarono subito alla massima che, per due amanti, è quella del tradimento. Credendo ciascuno d'esser tradito dall'altro, [pg!7] naturalmente entrambi pensarono di potere, anzi di dover tradire a propria volta; talchè, come sempre accade, ciò che era dapprima ingiusta imaginazione divenne tosto ingrata realtà. Egli amò un'altra donna, ella un altro uomo. Persuasi d'aver ricevuto un torto, il torto estremo, non si videro più. I loro nuovi amori finirono rapidamente, ma essi continuarono ad evitarsi. Un giorno, impensatamente, s'incontrarono, per la via. Mentre egli scantonava, ella gli apparve dinanzi: i loro sguardi s'incrociarono un istante. E allora, tumultuariamente, le sopite memorie si ridestarono nel cuore di lui. Aveva più d'una volta pensato a lei, ma con un sentimento torbido, fatto di rancore e di sdegno; ora, a un tratto, per averla guardata negli occhi, tutte le dolcezze antiche gli rifluivano al cuore... Come s'erano amati! Era possibile dimenticare quella passione? Credeva d'averla dimenticata, aveva voluto cancellarne i ricordi; ed ecco che risorgevano, immortali!... Da quel punto egli non visse più della vita reale; le impressioni del presente si perderono nella continua evocazione d'un passato non tanto passato come pareva. Perchè, infatti, i sentimenti muoiono forse proprio come gli esseri, per non più rinascere? E si può mai ricordare un affetto senza ancora in certa guisa provarlo? Quando noi non lo comprendiamo più abbiamo un bel tentare di evocarne la memoria: essa ci sfugge. Rammenteremo bensì le circostanze concomitanti, le condizioni esteriori: penseremo a un nome, rivedremo una imagine; ma il moto dell'anima, ma il cordiale turbamento non si ridestano, anzi sono così ribelli al nostro sforzo che noi neghiamo perfino d'averli provati mai. E invece egli sentiva il cuore battergli in petto, al pensiero di lei, come la prima volta che l'aveva veduta. E non sapeva far altro che chiudersi in casa, rileggere le sue lettere, rivedere le reliquie del perduto amore, ricordare i tramontati giorni felici. E a poco a poco l'assiduità di quelle appassionate cogitazioni produsse in lui un mirifico inganno: gli parve che il tempo trascorso dalla rottura, tutto il triste tempo della nuova sterile prova e della solitudine [pg!8] fredda non fosse trascorso realmente; gli parve d'aver sognato queste cose e di rivivere nella stagione dell'amore beato. Che faceva egli allora? Pensava a lei, sempre — come ora! Le scriveva — e come allora egli si metteva ora alla scrivania, per cominciare una lettera. Le antiche espressioni ferventi gli spuntavano sotto la penna; con la stessa tenerezza d'una volta egli tracciava sopra una busta il nome di lei, il bel nome tante volte, quante volte mormorato tenendola fra le braccia!... Andava anche da lei, allora — e guardando ora il cielo nebbioso, udendo i fischi del vento, lo scrosciar della pioggia, egli vedeva con gli occhi del cuore il Faro splendente nella notte, la guida fedele additargli il Porto delle Soavità. Ora, pensando che se fosse passato dalla nota via, dalla via della quale conosceva ogni angolo, ogni sasso, egli non avrebbe più visto risplendere il Faro, che tutto sarebbe stato chiuso ed oscuro, che quel porto gli era vietato, che quelle soavità erano finite, ei pianse le lacrime del rimpianto e del rimorso. La propria colpa gli apparve evidente e il dolore lo schiacciò. Qual riparo tentare? Che fare per vivere ancora? Mandarle una di quelle lettere che veniva scrivendo e poi lasciava dov'erano? Ma come l'avrebbe ella accolta?... Non era stata di lei stessa la colpa? Che sperare da chi lo aveva tradito?... E la disposizione del suo spirito mutò; egli credette un momento d'essersi agguerrito contro la lusinga, contro sè stesso. Ma il dubbio tornò ad occuparlo: non aveva tradito egli stesso? Il torto non era suo proprio? Sì, suo: principalmente suo. E che pensava ella di lui? Lo incolpava? Aveva tutto dimenticato?... Non era possibile! Vedendolo, guardandolo negli occhi, improvvisamente, le memorie avevano dovuto travolgere anche lei: ne era sicuro. Ella aveva dovuto pensare alla forza, alla dolcezza della loro passione; dire a sè stessa — come lui — che una passione simile non si dimentica. Anch'ella aveva dovuto tentare d'uccidere la memoria; ma i suoi sforzi dovevano essere rimasti sterili — come quelli di lui. Che faceva ella in quei giorni? Come lui, senza dubbio, evocava il [pg!9] passato; ricercava, rivedeva le mute e inerti testimonianze dell'amor loro; come lui s'incolpava d'aver ucciso questo amore. Era possibile che pensasse ad altro, che provasse altro? Guardando quel cielo costantemente grigio, i vetri rigati dalla pioggia, i tetti imbiancati dalla neve, che altro poteva pensare se non che meno d'un anno addietro, nelle notti come quelle, illuminato il Faro, ella stava ad aspettar l'amato, dietro un uscio, per gettargli le braccia al collo appena varcava la soglia della sua casa? E come egli, all'ora dell'amore, si struggeva dalla tentazione di ripassare da quella casa, con la lusinga di poter vedere ancora una volta risplendere il Faro, non provava anch'ella la tentazione d'illuminarlo ancora una volta e d'aspettare la venuta di lui? Quest'idea, l'idea di rivedersi al modo antico, ora che s'erano incontrati, ora che l'amarezza della separazione era passata, ora che la stessa stagione correva propizia ai convegni, che lo stesso cielo pareva favorirli; quest'idea che occupava e invadeva lo spirito di lui e ogni sera gli suggeriva di rifare la via consueta, non doveva occupare e invadere lo spirito di lei? Logicamente, necessariamente, il contemporaneo risveglio di comuni memorie non doveva produrre in due anime che avevano vibrato all'unisono un identico stato di coscienza, la stessa disposizione sentimentale, eguali speranze, bisogni simili, gli stessi impulsi? Egli ne ebbe in breve la morale certezza. Senza aver parlato con lei, senza aver saputo nulla di lei, senza neppure averla riveduta dal giorno dell'incontro, fortuito, la sentì tutta piena dei ricordi dell'amore, tutta amante, aspettarlo ansiosa dopo aver disposto l'usato segnale... e una sera, una notte che la neve fioccava a larghe falde, egli s'avviò...

      Non s'era ingannato, contessa. E vede come io avessi ragione d'assicurarle che lo spiritismo non entrava per nulla nel mio fatterello? L'analisi psicologica, la legge secondo la quale le idee si associano e i moti dell'animo si seguono, basta a spiegare un'intuizione simile. L'amica nel cuore della quale egli leggeva a distanza, leggeva anch'ella nel cuore di lui. Tutti i [pg!10] sentimenti per i quali egli era passato, dopo l'incontro imprevisto, avevano occupato successivamente, e con lo stesso ordine, l'anima di lei. Ella aveva realmente evocato e rimpianto il passato, aveva tentato di scrivere all'amico, poi lo aveva accusato, poi aveva accusata sè stessa; ad un tratto era stata sicura che anch'egli pensava a lei com'ella pensava a lui. Vedendo quella successione di sere propizie ai convegni s'era sentita struggere all'idea d'averne ancora uno: e certa che egli partecipava a quel desiderio, a quel bisogno, una sera che pioveva a diluvio dispose il segnale ed aspettò. Aspettò, tremante di freddo e ardente di rancore, dalle nove a mezzanotte: non venne nessuno... Egli era passato la sera prima, quando nevicava soltanto; se n'era tornato indietro con la morte nel cuore e l'ironia sulle labbra vedendo che il Faro era spento... Sì, contessa, ella ha ragione: le anime si comprendono, i cuori s'accordano, le volontà s'uniformano; senza parlarsi, senza vedersi, i nostri amanti provarono gli stessi sentimenti, obbedirono agli stessi impulsi; solamente, sbagliarono giorno...

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