Gli amori. Federico De Roberto
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Название: Gli amori

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066071165

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СКАЧАТЬ dice di no? La colpa mia è proprio irremissibile?... Via, mi lasci almeno sperare. Ella sa del resto benissimo che la speranza non ha bisogno, non che di permessi, ma neppure d'argomenti per farci accogliere le sue persuasioni. Se pure ella non vuole, io posso egualmente credere che un giorno o l'altro la troverò meno severa contro questo povero signor Me Stesso... E dire che era tanto disposta all'indulgenza! Mi faceva buone tante cose! Tollerava la mia freddezza, il mio scetticismo, la «scettica e spietata freddezza» con la quale esposi le teorie più sconfortate; scusava, se pure non giustificava, il «vandalismo morale» col quale mi ero messo a sfrondare, ad abbattere, a disperdere ogni poesia e ogni idealità! Ma una cosa l'ha rivoltata, una goccia «di fiele» ha fatto traboccare il suo sdegno. Quando io ho detto che gli uomini non possono intendersi, che le anime non possono comunicare, che il pensiero e il sentimento [pg!2] sono intrasmissibili, non m'è valso riferire il giudizio d'un filosofo come Taine, non m'è giovato citare un poeta come Baudelaire, è stato inutile tentare lunghe e minute e pazienti dimostrazioni: sono stato giudicato!... Tuttavia bisogna credere o che ella speri di convertirmi, o che non sia poi tanto sicura delle sue opinioni e quasi cerchi, con la discussione, affermarle; perchè, dopo aver dichiarato di non voler discutere più, trovo ancora nella sua lettera questi eloquenti passaggi: «E allora, se gli uomini non possono intendersi, perchè mai, di grazia, venite enunziando queste vostre eresie? Se tutto ciò che vi passa per il capo è frutto particolarissimo della vostra costituzione, dell'educazione, dell'ambiente, di non so quante altre diavolerie; se le vostre escogitazioni sono tutte vostre, perchè mai le partecipate al prossimo? Io avevo finora creduto che quando uno esprime una cosa, parlando o scrivendo, oppure gestendo, se non ha rotto lo scilinguagnolo, costui crede che gli altri potranno credere questa cosa, pensarla a loro volta, riesprimerla e comunicarla ad altri successivamente! Ma se voi siete persuaso di non potervi intendere con nessuno al mondo, mi pare che vi converrebbe cominciare, per esser conseguente, con lo starvene zitto!... Secondo voi ogni creatura umana fa razza da sè, parla un linguaggio che nessun'altra creatura umana capisce; il mondo sarebbe come un'immensa torre di Babele. Ma voi sapete benissimo che quella torre non fu potuta finire, che per la confusione delle lingue l'impresa andò all'aria. Invece io vedo che il mondo, bene o male, e se vi piace più male che bene, pure sussiste; e che ogni giorno, ogni minuto, gli uomini s'accordano in una moltitudine di affetti, d'idee, di persuasioni! Voi credete invece di parlar turco in mezzo a un pubblico che del turco non conosce neppure la canzonatoria strofetta:

      C'est par là,

      Par Allah!

      Qu'Abdallah

      S'en alla!

      [pg!3] O non è dunque fiato sprecato? E allora, scusate, perchè non smettete?...»

      Io le potrei dar causa vinta, signora, e risponderle che il suo consiglio è veramente da seguire. Potrei risponderle che se appunto ella, d'ordinario così indulgente con me, si è tanto sdegnata, ciò prova luminosamente che quando due persone, grazie ad una lunga ed assidua dimestichezza intellettuale, sembrano capaci d'intendersi, a un tratto, per un'idea, per una parola, per una intonazione di voce, non s'intendono più, anzi si crucciano — nè sempre manifestano il loro cruccio con lo spirito amabilmente sardonico che ella mette nel manifestarmi il suo.

      Queste risposte che potrei darle le tengo tuttavia per me. A lei dico, contessa, che dopo la sua lettera e grazie a nuove riflessioni, mi sono ricreduto. No, non è vero che ogni cervello sia un mondo e che questi mondi s'aggirino eternamente separati, senza speranza di poter mai comunicare. Sì, tra gli uomini che più sembrano diversi, tra un viaggiatore europeo, sapiente, cosciente, raffinato, e l'ultimo Zulù, c'è un fondo comune, se non propriamente di pensieri, almeno d'istinti, che li affratella. E tra gli uomini e le donne — il punto controverso era questo! — le differenze del sesso non sono così profonde da rendere impossibile o molto difficile la comprensione reciproca. Uomini e donne non solamente s'intendono quando s'amano, s'accostano e si parlano, ma possono anche intendersi a distanza, senza vedersi; e intendersi a segno da accordare le loro volontà e da uniformare i loro atti a queste volontà concordi!... Ella dice che adesso è troppo? Che casco nell'eccesso contrario? Che vengo a parlarle di spiritismo e di telepatia quando la discussione s'aggirava intorno a un argomento tutto morale? No, mia cara amica: non le parlo di telepatia nè di magnetismo: resto nell'argomento. Ed io, guardi, mi sono ricreduto appunto perchè, dopo la sua lettera, ho rammentato un fatto che dimostra appunto la possibilità di quest'accordo a distanza, di questa muta intesa!... «Una storiella?» mi par d'udirla [pg!4] esclamare, con una scrollatina di spalle, con un sorrisetto canzonatorio, come per significarmi che ella non crede ai fatti narrati dai narratori di professione. Io vorrei pregarla di credere che non invento. Potrà anche darsi che il fatto non sia vero; garantisco soltanto che m'è stato riferito, dagli stessi protagonisti, così come glie lo racconterò.

      Noi cantastorie siamo spesso presi a confidenti dalla gente che ha qualcosa sullo stomaco. La confessione non fu detta molto propriamente Sacramento della penitenza; prima che penitenza è sollievo. I nostri secreti ci rodono, ci opprimono, ci soffocano; il pensiero assiduo, cocente, tende ad esprimersi, spinge all'azione ed alla rivelazione. La psicologia fisiologica spiega molto bene questo rapporto tra la funzione ideatrice e la motrice; ma noi lasceremo da parte la scienza e le sue spiegazioni. Io voglio soltanto dirle che, come i confessori, i narratori ne odono spesso d'ogni colore. Oltre l'istintivo e spesso incosciente bisogno di comunicare l'invasante pensiero, un interesse tutto personale, la salute dell'anima, spinge i credenti a confessarsi. L'egoismo che spinge a noi i confidenti si chiama vanità. Essi vengono a narrarci i fatti loro perchè, presumendo che questi fatti siano straordinarii e che a nessuno mai potrebbero capitarne altrettali, noi riveliamo al gran pubblico e tramandiamo ai posteri i rari e fatali avvenimenti. A onor del vero, non tutti sono così vani; alcuni, più modesti, più semplici, vengono a noi imaginando che la nostra scienza sappia leggere là dov'essi non comprendono; altri ancora — e sono quelli che ci fanno maggior piacere — non vengono a noi, ci mandano le loro confessioni scritte, dentro una busta. Uno per applaudirci e confermare le nostre idee, un altro per dimostrarci che siamo semplicemente idioti, ci narrano una quantità di cose, ci forniscono una quantità di documenti umani ai quali facciamo sempre festa. Edmondo de Goncourt ne chiese alle sue lettrici per scrivere Chérie; più valore hanno quelli offerti spontaneamente, senza la pretesa di far della storia. Io ne ho da parte una cartella, e qualche [pg!5] volta la vuoterò. Oggi, dopo questo già troppo lungo esordio, vengo al fatterello che le ho promesso per giustificare la sua fede antica e la mia conversione recente: le anime s'intendono, s'accordano — anche da lontano — senza che gli occhi vedano, senza che le orecchie odano.

      C'era dunque una volta un signore e una signora che s'erano molto amati — anche questa è una prova per lei! — ma che poi non s'amavano più — e ciò darebbe ragione alla mia prima idea. Ma le ripeto che mi sono ricreduto! Insomma, questo signore e questa signora, dopo essere stati insieme qualcosa come cinque anni — un lustro! — se n'erano andati ciascuno per la sua via. Ho detto: dopo essere stati insieme, e non ho detto bene. Non erano stati precisamente insieme, sotto lo stesso tetto: la signora non era interamente libera, e doveva salvare certe apparenze. L'amico suo avrebbe potuto andare da lei anche tutti i giorni; ma ella sa che giorno significa quello spazio di tempo il quale comprende anche la notte; e gli amanti, da che mondo è mondo, hanno sempre preferito le tenebre alla luce; senza contare che il signore del quale le parlo aveva molte occupazioni durante il giorno propriamente detto. Dunque, perchè di giorno egli aveva da fare e perchè le ombre sono maggiormente propizie ai ludi erotici, egli preferiva i convegni notturni. Ora questi erano molto più difficili: nè la signora sapeva quando poteva ricevere l'amico suo; nè, prevedendo d'esser libera, aveva sempre modo di mandargli un biglietto. Ecco dunque la combinazione imaginata dai nostri amici per rimediare: quando il signore, passando a tarda sera sotto la casa della signora, vedeva illuminata una certa finestra, una finestra che in nessun'altra occasione e per nessun altro motivo poteva essere illuminata, questa straordinaria illuminazione significava che la signora era di sopra ad aspettarlo. Per gli amanti, la finestra dietro alla quale si struggeva una candela stearica non era più una finestra, ma un faro, il solo Faro, il Faro per antonomasia. Egli era poeta ed ella comprendeva la poesia: intorno СКАЧАТЬ