Название: Lettere di Lodovico Ariosto
Автор: Lodovico Ariosto
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066087579
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Amo dunque licenziarmi dal cortese lettore col riferire i seguenti versi che tolgo da alcune stanze di Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, pubblicate per la prima volta dal ch. C. Arlia nel Propugnatore, 1885, vol. XVIII, parte I, p. 358-59:
«Chi ebbe mai più alta e dolce vena
In dir d'arme e d'amor che l'Ariosto?
Tutti i maggior poeti e più fecondi
Gli vanno sotto, e sono a lui secondi.
. . . . . . . . . . . . . . .
Fe' l'Ariosto le Comedie prima,
Come si può veder gioconde e belle,
E le Satire poi di tanta stima,
Che in tutto il mondo se n'udì novelle;
Dopo con chiara e gloriosa rima
Fe' il Furioso che passa le stelle:
E se potesse Aristotil vedello,
Lo terrebbe d'Omero assai più bello.»
A. C.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA INTORNO A LODOVICO ARIOSTO E IL SUO TEMPO
La famiglia degli Ariosti è di antica nobiltà di Bologna, e il cognome ebbe forse origine da una terra del bolognese detta Riosto. Nel 1156 un Ugo figlio di Alberto fu console di Bologna quando questa città si reggeva a repubblica. La bella Lippa discendeva dalla stessa famiglia, e il nostro poeta non manca di ricordarla nel suo Orlando furioso[1]. Veduta dal marchese Obizzo III d'Este quando pe' suoi contrasti col papa dimorava in Bologna, se ne invaghì somma mente, e la fece sua amica. Conciliatosi poi con Giovanni XXII che nel 1329 scelse per minor male investirlo del vicariato di Ferrara, Obizzo persuase agevolmente la Lippa a seguirlo in quella città, ov'essa andò in compagnia de' suoi fratelli Bonifazio[2] e Francesco. Seguìta poi anche dal cugino paterno Nicolò, la famiglia Ariosti fu trapiantata in Ferrara, col formarne tre rami che vi ebbero lunga discendenza. La bella Lippa rimase sempre concubina di Obizzo, e in 20 anni lo fece padre di 12 figli. Non avendone avuto alcuno dalla moglie Giacoma Pepoli, morta nel 1341, e desiderando legittimare nel più valido modo i figliuoli bastardi, aspettò egli che la madre loro fosse in estremo pericolo della vita, e la sposò (come narrasi) la sera del 27 novembre 1347. Poche ore dopo la povera Lippa era morta; nè potè godere un sol giorno di quegli onori principeschi, forse tanto ambiti e promessi da prima; onori che il marchese serbava alla salma di lei con un pomposo mortorio!
D'allora in poi gli Ariosti ebbero di frequente impieghi autorevoli e vantaggiosi presso gli Estensi, sapendoli meritare pei loro zelanti servigi e non per titoli di una parentela salita in tanto orgoglio e potenza. Alcuni vennero anche fatti cavalieri; e nel 1469 trovandosi l'imperatore Federico III in Ferrara, diede titolo di conte ai tre fratelli Francesco, Lodovico e Nicolò Ariosti e loro discendenti[3]. Francesco fu scalco di Borso d'Este, poi ambasciatore ed anche capitano di Modena; e venendo a morte nel 1505, il nipote e poeta Lodovico compose a di lui memoria un epitaffio che leggesi fra le sue poesie latine[4]. L'altro fratello Lodovico fu prima dottore e canonico, indi arciprete della cattedrale di Ferrara. Il duca Ercole I voleva farlo anche vescovo di Reggio, ma il papa vi si rifiutò, nominando invece Bonfrancesco Arlotti ch'era stato spedito a Roma per raccomandare l'Ariosto[5]. Nicolò, il più giovane dei fratelli suddetti, fu padre del nostro poeta, e perciò di questo parleremo più a lungo.
Essendo stato molto famigliare di Borso d'Este, Nicolò Ariosto divenne ancora maggiordomo del novello duca Ercole I, il quale essendosi impadronito dello Stato contrastatogli a ragione da Nicolò figliuolo di Leonello, diede incarico all'Ariosto di recarsi a Mantova ove il nipote erasi riparato presso il marchese Federico suo zio, e veder modo di avvelenarlo. L'Ariosto non rifuggi di addossarsi l'iniquo mandato, e provveduto di quanto facevagli di bisogno partì sui primi del dicembre 1471 col pretesto di presentare al Marchese di Mantova uno zibetto (animale muschiato). Colà giunto ebbe campo di accordarsi con Cesare Pirondoli siniscalco di Nicolò d'Este, e con larghe promesse lo indusse ad accettare il veleno da porre nelle vivande: ma nella sera destinata all'esecuzione, lo scalco maneggiando il tossico fu colpito da vertigine, e temendo essersi da sè stesso avvelenato, confessò tutta la trama. L'Ariosto intanto mettevasi in salvo a Ferrara, e il 18 detto mese Cesare Pirondoli insieme al fratello Galasso, che serviva a tavola ed era consapevole della cosa, vennero decapitati e squartati in Mantova[6].
Poco dopo i fatti narrati, e cioè col primo gennaio 1472, il duca mandava Nicolò Ariosto capitano della cittadella di Reggio, e siccome eravi altresì il capitano della città, nè facendosi sempre dai cronisti la dovuta distinzione fra i due capitani o confondendoli insieme, così alcuni dubitarono che l'Ariosto avesse avuto ancora l'officio di governatore o podestà (come narra il Baruffaldi)[7], quando queste cariche erano date ordinariamente a diversi soggetti.
E infatti quantunque l'Azzari[8] scriva che nel 1473 l'Ariosto «era stato fatto governatore di Reggio,» mostra troppo chiaramente l'errore involontario in cui cadde, avendoci detto che il giorno 8 agosto dell'anno stesso fu mandato per governatore della città Antonio Sandeo, in sostituzione di Uguccione Rangone morto poco prima nell'officio, essendovi podestà Girolamo Guidone.
Una lettera del capitano Nicolò (Docum. II) ci conferma che le attribuzioni ch'egli allora sostenne furono soltanto militari: avendo poi essa la data Civitatellae Regii, 28 jan. 1473, possiamo ancora arguire che il capitano abitava fin d'allora nella cittadella, sebbene vi continuassero i lavori di riparazioni.
Nel settembre 1473 si unì in matrimonio colla Daria figlia di Gabriele Malaguzzi Valeri d'illustre famiglia reggiana, che lo fece padre di dieci figli; il primo de' quali fu il nostro Lodovico, il favorito delle Muse (come lo chiama l'Azzari), nato l'8 settembre 1474 nella cittadella di Reggio: avvenimento che torna a splendido vanto ed onore di quella città che il poeta stesso ricorda con assai compiacenza pel suo nido natìo. «E perchè il sopraddetto Gabriele (continua l'Azzari) fu nella poesia molto raro e stimato, perciò l'Ariosto solea dire d'aver ricevuto l'arte del poetare dall'utero materno» e non dal vero maestro, come legge malamente il Tacoli[9] e come viene riportato dal Baruffaldi[10].
Un'iscrizione che non ha carattere di sufficiente antichità posta sotto un ritratto di Lodovico dipinto in tela, e posseduto dalla famiglia Malaguzzi, in cui leggesi natus Regii.... in camera media primi ordinis erga plateas, ha fatto ritenere a qualcuno ch'egli fosse nato nella casa materna anzichè in cittadella, la quale per essere in risarcimento eziandio nella rôcca o palazzo del capitano, non СКАЧАТЬ