La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno. Charley Brindley
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Читать онлайн книгу La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno - Charley Brindley страница 22

СКАЧАТЬ che avevo già sentito quel nome.” Disse Yzebel. “Proviene dalla leggenda della principessa Elissa.” Mi guardò, corrugando la fronte.

      “Dove l’hai trovata?” Chiese Avani a Yzebel.

      Yzebel si voltò di nuovo verso la donna. “È arrivata ai miei tavoli solo l’altro giorno e ha deciso di restare.”

      “Ti sarà di grande aiuto, Yzebel. Hai sempre da fare con tutti quei soldati che vengono ogni notte.”

      Yzebel mi mise un braccio attorno alle spalle. “Potrebbe essere,” disse e mi fece l’occhiolino.

      Lasciammo il conciatore e sua moglie e oltrepassammo molti altri pellettieri mentre il sentiero percorreva un dolce pendio e attraversava gli alberi di carruba. Le lunghe e sottili foglie degli enormi alberi frusciavano nella brezza mattutina.

      “Come si chiama questa collina?”Chiesi.

      “Fonte fredda,”mi rispose Yzebel. “A causa della sorgente che scorre da sotto una grande pietra dall’altra parte. L’acqua è sempre gelida, anche nei giorni più caldi.”

      In fondo alla collina, arrivammo a un altro sentiero che si chiamavaSentiero dei Tessitori.

      “Tutti nel campo prendono la loro acqua fresca dalla sorgente.”

      Abbiamo visto molte persone impegnate a realizzare tessuti lungo entrambi i lati di questo nuovo sentiero.

      “Dove vanno tutte le ceramiche e le stoffe?”

      “Quasi tutto ciò che viene prodotto nel campo va all’esercito,”rispose Yzebel. “Soprattutto, ci sono armi e armature, ma i soldati hanno bisogno anche di altre cose. Abiti, ciotole, cibo, tende e qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Ciò che l’esercito non compra va a Cartagine. Poi i mercanti caricano tutte le merci sulle navi per portarle attraverso il mare per barattare per oro, argento, spezie, seta e buoi.”

      Il numero di persone che conoscevano Yzebel era incredibile. Parlò con molti di loro lungo ogni sentiero.

      Arrivammo in una piazza ombreggiata da alberi nel mezzo del Sentiero dei Tessitori, dove venti donne e ragazze, insieme a un uomo, erano tutte impegnate ai loro telai.

      Una donna tesseva su un telaio verticale, mentre due ragazze identiche presero un grande quadrato di materiale da una vasca piena di acqua tinta. Le ragazze attorcigliarono il tessuto tra loro per strizzarlo, poi lo appesero a una corda stesa tra le palme vicine.

      Lungo la parte inferiore del telaio della donna, pesanti pietre stringevano le corde verticali mentre lei correva avanti e indietro una spoletta trasversalmente, tirando dentro e fuori il filo intrecciato tra le corde. Una volta completate tre o quattro file, usò un pettine in osso per spingere i fili intrecciati contro le file precedenti.

      “Buongiorno, Yzebel.”La tessitrice lasciò oscillare la spoletta. “Non fai colazione con noi?”

      “Oh no, Riona. Dobbiamo andare dall’uomo dell’orzo prima che finisca il grano.”

      “Vedo che hai un’aiutante oggi.” Riona mi sorrise e sembrò non sentire le parole di Yzebel. “Kazza, Belala,” chiamò le sue figlie. “Portate il latte di quella capra e il burro che avete preparato ieri sera.”

      “Sì, Madre,”risposero le ragazze insieme quando finirono di appendere il tessuto rosso-viola per farlo asciugare al sole del primo mattino.

      “Questa è Liada,”disse Yzebel. “È–”

      “Tu e Liada sedetevi su quel tronco,” disse Riona, prima che Yzebel potesse finire. “Vedo se ci è rimasto del pane di Bostar.” Aprì il lembo della tenda e scomparve al suo interno.

      “Guarda,” dissi a Yzebel quando ci sedemmo. Indicai un cestino pieno con grandi gomitoli di lana accanto al telaio della donna. Pensai a Tin Tin con il suo strumento rotante e alla rapidità con cui le sue mani lavoravano.

      “Quello è il filo per la stoffa di Riona,”mi spiegò Yzebel.

      I gomitoli di lana erano tinti di giallo, marrone e rosso. “Non è bello”, chiesi, “come usa i diversi colori per intrecciare un motivo nel tessuto?”

      “Sì. Si chiama armatura. Mi chiedo quanto del tessuto di Riona ci serviràper creare nuovi abiti per noi e una tunica per Jabnet.”

      Guardai Yzebel, chiedendomi se avessi sentito bene. Nuovi abiti per noi? Mi piacerebbe tanto avere un vestito fatto con il tessuto di Riona.

      Kazza e Belala portarono una brocca di latte e una grande ciotola con del burro. Entrambe le mani delle ragazze erano macchiate di quell’insolito colore rosso-violetto. Quella che trasportava il burro lo porse a sua sorella e corse a prendere un panno spesso da stendere a terra. Sistemarono il latte e il burro sul panno. La madre uscì con il pane e tutte e tre si inginocchiarono per terra, le due sorelle vicino a me, con la madre di fronte a loro. Le ragazze mi guardarono mentre la madre tagliava il pane e vi spalmava uno spesso strato di burro. Sembravano particolarmente interessate al mio braccialetto. Nessuna delle due indossava gioielli.

      “Kazza,” disse Riona. “Come facciamo a bere senza tazze?”

      La ragazza ridacchiò e si alzò per andare a prendere le ciotole.

      “Com’è la vita ai tavoli di Yzebel?” Chiese Riona, porgendomi una fetta di pane imburrata.

      “È impegnativagiorno e notte,”rispose Yzebel. “Stiamo andando a prendere carne di capra, orzo, vino… cos’altro ci serve, Liada?”

      “Meloni, arachidi e abbiamo quasi finito il sale.”

      “Tutti sono a corto di sale,”disse Riona. “Sta diventando molto prezioso.”

      “Per favore, Madre, posso chiedere?”

      “Che cosa c’è, Kazza?”

      “No, non sono Kazza, Madre.” La ragazza alzò gli occhi al cielo. “Sono Belala.”

      “Oh, un giorno vi taglierò un orecchio o un naso solo per potervi distinguere l’una dall’altra.”

      Non ero sicura che questo fosse divertente, ma quando le ragazze si sciolsero in risatine, risi anche io.

      “Va bene, Belala,” disse sua madre. “Fa’ la tua domanda.”

      “Dove hai preso il tuo braccialetto?”Chiese lei, cercando di soffocare le sue risate.

      “Me l’ha dato Yzebel.”

      “Possiamo vederlo?” Chiese Kazza.

      Allungai loro il polso mentre prendevo un morso di pane. Girarono il braccialetto per studiarlo da ogni angolazione.

      “Elefanti!”Esclamò una di loro.

      “Sì,”rispose l’altra. “E guarda qui, in alto. È bellissimo.”

      “Hai visto le parole?”Chiese una ragazza all’altra.

      “Parole?” Guardò più da vicino. “Sì, mi chiedo cosa dicano le parole.”

      “Tutti gli elefanti tornano a Valdacia,” citai senza guardare il braccialetto, “non importa quanto lontano vaghino.”

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