Operazione Presidente. Джек Марс
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Operazione Presidente - Джек Марс страница 6

Название: Operazione Presidente

Автор: Джек Марс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Триллеры

Серия:

isbn: 9781094311425

isbn:

СКАЧАТЬ nel microfono.

      La folla eruttò in esultazioni rauche.

      Monroe le fece scemare con un gesto della mano. “Ve l’avevo detto che ci saremmo ripresi l’America.” Le esultazioni ricominciarono. “Io e voi!” urlò Monroe. “Ce l’abbiamo fatta!”

      Adesso l’esultanza cambiò, trasformandosi gradualmente in uno slogan, uno slogan che a Susan era fin troppo familiare. Aveva una cadenza strana, quello slogan, come un valzer o una specie di botta e risposta.

      “L’AMERICA È NOSTRA! L’AMERICA È NOSTRA! L’AMERICA È NOSTRA!”

      Andò avanti all’infinito. Il rumore a Susan fece venire il mal di stomaco. Almeno non avevano cominciato con gli slogan ‘Sbattiamola fuori!’ che per un po’ erano stati popolari. La prima volta che li aveva sentiti era quasi arrivata alle lacrime. Sapeva che molte delle persone coinvolte probabilmente si stavano solo mettendo in mostra. Però almeno alcuni di quei pazzi volevano davvero appenderla, presumibilmente perché era una traditrice in lega con i cinesi. Il pensiero le lasciava dentro un vuoto.

      “Basta fabbriche vuote!” urlò Monroe. Adesso fu il suo turno di sollevare in aria un pugno trionfante. “Basta città guidate dal crimine! Basta oscenità umane! Basta tradimenti cinesi!”

      “BASTA!” rispose la folla all’unisono, un altro dei loro slogan preferiti. “BASTA! BASTA! BASTA!”

      Kurt Kimball, frizzante, attento, grosso e forte come sempre, con una testa assolutamente calva, si mise davanti alla tv e usò il telecomando per togliere il sonoro.

      Fu come se fosse stato rotto un incantesimo. Improvvisamente Susan fu di nuovo del tutto consapevole di ciò che la circondava. Era lì, nel salottino dello Studio Ovale con Kurt e la sua fidata assistente Amy, Kat Lopez, il segretario della Difesa Haley Lawrence e pochi altri. Quelli erano alcuni dei più fidati consiglieri di Susan.

      Su un monitor a circuito chiuso c’era la vicepresidente di Susan, Marybeth Horning. Dopo il disastro di Mount Weather erano cambiati i protocolli di sicurezza. Marybeth e Susan non dovevano mai trovarsi nello stesso posto nello stesso momento. Ed era un peccato.

      Marybeth era un’eroina per Susan. Era l’ex senatrice ultraliberale del Rhode Island che aveva tenuto corsi alla Brown per più di due decenni. Sembrava timida e fragile, con un caschetto di capelli grigi e occhiali dalla montatura rotonda da nonna.

      Ma l’abito, in quel caso, non faceva il monaco. Era anche una tempestosa aizzatrice per i diritti dei lavoratori, delle donne, dei gay e dell’ambiente. Era la mente dell’iniziativa di successo sulla sanità che aveva lanciato l’amministrazione di Susan. Marybeth era nello stesso tempo un modesto genio, una storica e una feroce lottatrice politica dai denti aguzzi.

      Altra cosa triste: Marybeth viveva nella vecchia casa di Susan sulla proprietà dell’Osservatorio navale. Quella casa era uno dei posti preferiti di Susan al mondo. Sarebbe stato bello andarci una volta ogni tanto.

      “È un problema,” disse Kurt Kimball indicando la tv muta.

      Susan quasi rise. “Kurt, ho sempre ammirato il tuo dono per la minimizzazione.”

      Jefferson Monroe aveva fatto la promessa in campagna elettorale – la promessa! – che si sarebbe presentato al Congresso a caccia di una dichiarazione di guerra contro la Cina nel suo primo giorno ufficiale di presidenza. Anzi, e la maggior parte della gente aveva difficoltà a prendere la cosa seriamente, aveva insinuato che la prima mossa dell’esercito americano sarebbe consistita in attacchi tattici nucleari contro le isole artificiali della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Aveva anche promesso che avrebbe fatto erigere dei muri di sicurezza attorno alle Chinatown di New York, Boston, San Francisco e Los Angeles. Aveva detto che avrebbe chiesto ai canadesi di fare lo stesso a Vancouver e a Calgary.

      I canadesi, naturalmente, si erano mostrati riluttanti.

      “Il paese è impazzito,” disse Kurt. “E ci si aspetta che Monroe le chieda ancora di tenere il discorso della sconfitta, Susan.”

      Kat Lopez scosse la testa. In quanto capo di gabinetto di Susan, Kat era maturata e si era fatta sicura di sé negli ultimi due anni. Era anche invecchiata di una decina d’anni. Quando era arrivata era una trentasettenne giovanile e bella in modo surreale – adesso dimostrava i suoi trentanove anni pieni, e anche qualcosa di più. Le erano apparse in volto delle rughe, il grigio stava invadendo il nero corvino dei capelli.

      “Glielo sconsiglio, Susan,” disse. “Abbiamo prove di estesa soppressione del voto di minoranze in cinque stati del Sud. Abbiamo il sospetto di una vera e propria manomissione delle macchine elettorali in Ohio, in Pennsylvania e nel Michigan. Il conteggio in molti posti è ancora troppo vicino perché la partita si possa considerare chiusa – solo perché le stazioni televisive hanno dichiarato suoi questi stati, non significa che dobbiamo farlo anche noi. Possiamo trascinare questa cosa per settimane, se non per mesi.”

      “E causare una crisi di successione,” disse Kurt.

      “Possiamo fronteggiarla,” disse Kat. “Ne abbiamo viste di peggiori. L’insediamento non si terrà che il venti gennaio. Se ci vuole così tanto, che così sia. Guadagniamo tempo. Se ci sono stati brogli, i nostri analisti lo scopriranno. Se c’è stata soppressione del voto come pensiamo, ci saranno cause legali. Nel frattempo governiamo ancora noi.”

      “Su questo sono d’accordo con Kat,” intervenne Marybeth dal monitor. “Io dico che combattiamo finché non cadiamo.”

      Susan guardò Haley Lawrence. Era alto e robusto, con scarmigliati capelli biondi. Aveva il completo così spiegazzato che sembrava quasi che ci fosse svenuto dentro. Sembrava essersi svegliato appena dieci minuti prima da un incostante sonno pieno di incubi. Tranne che per l’altezza uguale, lui e Kurt Kimball nell’aspetto erano quasi agli antipodi.

      “Haley, sei tu l’unico repubblicano della stanza,” disse Susan. “Monroe è del tuo partito. Voglio sapere che cosa pensi tu della cosa, prima di decidere.”

      Lawrence si prese un lungo momento prima di rispondere. “Non penso che Jefferson Monroe sia davvero un repubblicano. Le sue idee sono molto più radicali che conservatrici. Si circonda di gang di giovani teppisti. Ha trascorso l’ultimo anno facendo leva sulle più ingenue e basilari nozioni della gente rabbiosa e risentita. È un pericolo per la pace mondiale, per l’ordine sociale e per gli stessi ideali sui quali è stato fondato questo paese.”

      Haley fece un respiro profondo. “Odierei vedere lui e i tipi come lui occupare questo ufficio e questo edificio, anche se si scopre che ha vinto davvero. Se fossi in lei, lo ostacolerei il più a lungo possibile.”

      Susan annuì. Era quello che voleva sentire. Era ora di prepararsi alla battaglia. “Ottimo. Non terrò il discorso della sconfitta. Non ce ne andiamo da nessuna parte.”

      Kurt Kimball sollevò una mano. “Susan, sarò d’accordo con qualsiasi cosa lei voglia fare, fin quando avrà presente le potenziali conseguenze di queste azioni.”

      “Quali sono?”

      Cominciò a enumerarle sulle dita, in quello che non sembrava un ordine specifico, come se fosse pronto a descriverne ciascuna come gli venivano in mente.

      “Non sostenendo volontariamente la carica, sta rompendo una tradizione di due secoli. Verrà chiamata traditrice, usurpatrice, aspirante dittatrice, e probabilmente di peggio. Infrangerà la legge, e alla fine potrebbero esser mosse contro di СКАЧАТЬ