Название: Operazione Presidente
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Триллеры
isbn: 9781094311425
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“La gente uccisa era tutta dei nazisti?” disse Luke.
“Così pare.”
Luke fece spallucce. “Be’…”
“Esatto. Non una gran perdita.”
Luke distolse lo sguardo dalla tv. Aveva difficoltà a capacitarsi di quel che stava accadendo. Susan Hopkins credeva che le elezioni fossero state rubate. Il suo avversario, il presidente entrante, finanziava un gruppo neonazista che aveva appena acceso la scintilla di una piccola guerra razziale a New York City. Era così che venivano fatte le cose adesso? Quando era cambiato tutto? Luke era stato via parecchio, apparentemente.
“Che hai fatto ultimamente, Swann?”
Swann sedette sul grande divano bianco. Fece un cenno al posto di fronte al suo. Luke si accomodò. Aveva il beneficio tangibile di essere voltato dall’altra parte rispetto alla tv. Da dove si trovava lui, poteva guardare fuori dalle porte di vetro oscurato che davano sulla terrazza sul tetto di Swann. La vasca idromassaggio emanava una pallida luce al neon azzurra. Per il resto, là fuori era più che altro buio. Luke aveva dormito sul terrazzo, una volta. Sapeva che nelle ore di luce offriva una vista panoramica sull’oceano Atlantico.
“Non molto,” disse Swann. “Niente, a essere sincero.”
“Niente?”
Swann parve pensarci per un attimo. “Lo stai vedendo. Sono in disabilità. Quando siamo tornati dalla Siria, non sono mai riuscito a… a tornare al lavoro. Ci ho provato un paio di volte. Ma l’intelligence è roba seria. Non ci avevo mai dato importanza quando erano gli altri a rimanere feriti. Ma dopo la Siria? Ho avuto attacchi di panico. Le teste segate, sai? Per un po’ le vedevo continuamente. È stato brutto. È stato troppo.”
“Mi dispiace,” disse Luke.
“Anche a me. Credimi. E non è finita. Sono un po’ un recluso adesso. Tengo il mio vecchio appartamento a Washington DC, ma per lo più vivo qui adesso. È sicuro. Nessuno può arrivarci se non lo voglio io.”
Stone ci pensò per un secondo, ma non disse nulla. Era abbastanza vero, tutto sommato. La stragrande maggioranza della gente lì non ci poteva arrivare. La gente onesta e normale. La gente carina. Ma i cattivi? Gli assassini? Quelli delle black op? Loro ci sarebbero arrivati, se avessero voluto.
“Esco raramente,” disse Swann. “Ordino la spesa su internet. Faccio entrare il ragazzo nell’edificio da qui, e lo monitoro quando sale in ascensore. Lo osservo con la tv a circuito chiuso. Gli lascio una mancia in corridoio, lui lascia le borse della spesa sulla porta, e io lo guardo scendere. Poi esco in corridoio a prendere la roba. Un po’ patetico. Lo so.”
Luke non disse nulla. Era triste che Swann fosse ridotto a quello, ma Luke non l’avrebbe definito patetico. Capitava. Forse avrebbe potuto aiutare Swann, riportarlo nel mondo, ma forse no. In ogni caso ci sarebbe voluto molto lavoro, e tempo, e Swann avrebbe dovuto volerlo. A volte traumi psicologici del genere non guarivano mai davvero. Swann era stato prigioniero dell’ISIS, stava per essere decapitato quando Luke e Ed Newsam si erano presentati lì senza invito. Era stato percosso e avevano finto di fargli l’esecuzione prima che arrivassero.
Tra loro ci fu un silenzio, un silenzio non bello.
“C’è stato un periodo in cui ho biasimato te per quello che mi è successo.”
“Ok,” disse Luke. Quella era la verità di Swann, e Luke non si sarebbe messo a discutere la cosa con lui. Ma Swann aveva accettato la missione volontariamente, e Luke e Ed avevano rischiato la vita per salvarlo.
“Capisco che non ha molto senso, e adesso non lo credo, però mi ci sono voluti mesi di terapia per trovarmi in questo stato. Tu e Ed avete questo strano bagliore attorno a voi. È come se foste sovrumani. Anche quando rimanete feriti, sembra che non vi feriate sul serio. La gente vi si avvicina troppo e comincia a pensare che questa cosa che avete voi si applichi anche a loro. Ma non è così. La gente normale si ferisce, e muore.”
“Adesso sei in terapia?”
Swann annuì. “Due volte la settimana. Ho trovato uno che lo fa via video. Lui è nel suo ufficio e io sono qui. È piuttosto buona.”
“Che cosa ti dice?”
Swann sorrise. “Dice: qualsiasi cosa tu faccia, non comprare un’arma. Io gli dico che vivo al ventottesimo piano con un balcone aperto. Non mi serve un’arma. Posso morire quando mi pare.”
Luke decise di cambiare argomento. Parlare dei modi in cui Swann poteva suicidarsi… non era allegro.
“Vedi spesso Ed?”
Swann scrollò le spalle. “Non lo vedo da un po’. È preso dal lavoro. È comandante della squadra Recupero ostaggi. È spesso fuori dal paese. Una volta ci vedevamo di più. È praticamente lo stesso, però.”
“Ti va di lavorare un po’?” disse Luke.
“Non lo so,” disse Swann. “Penso che dipenda da che cos’è. Le richieste, quello che devo fare. Non voglio neanche giocarmi la disabilità. Paghi in nero?”
“Lavoro per la presidente,” disse Luke. “Susan Hopkins.”
“Carino. Che cosa le serve da te?”
“Pensa che le elezioni siano state rubate.”
Swann annuì. “Ho sentito. Le notizie viaggiano alla velocità della luce in questi giorni, ma questa è una storia destinata a durare. Non vuole dimettersi. Ma tu che c’entri? E, cosa più importante, io cosa c’entrerei?”
“Be’, probabilmente vorrà della raccolta di informazioni da parte nostra. Immagino che voglia smontare questi tipi. Al momento non ho dettagli.”
“Posso lavorare da qui?” disse Swann.
“Immagino di sì. Perché no?”
Luke fece una pausa. “Ma la verità è che questa conversazione mi preoccupa un po’. Sei diverso da prima. Lo sai. Vorrei assicurarmi che tu abbia ancora le tue vecchie doti.”
Swann non parve infastidito. “Mettimi alla prova come ti comoda. Sono qui giorno e notte, Luke. Che cosa pensi che faccia del mio tempo? Hackero. Ho tutte le mie vecchie doti, e alcune di nuove. Potrei persino essere meglio di prima. Finché non devo uscire…”
Adesso Swann fece un attimo di pausa. Fissò la birra che teneva nelle mani, poi alzò lo sguardo su Luke. Aveva gli occhi seri.
“Odio i nazisti,” disse.
CAPITOLO DIECI
12 novembre
8:53 ora della costa orientale
Ala ovest
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