Название: Il Nostro Sacro Onore
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Триллеры
isbn: 9781094304731
isbn:
“Sì, signore,” disse Avraham. Risistemò il ricevitore e guardò Daria.
Lei scosse la testa. “Se è così preoccupante, perché non fanno qualcosa?”
Lui si strinse nelle spalle. “È l’esercito. Sistemeranno la cosa quando accadrà qualcosa di terribile.”
Il problema ce lo avevano proprio davanti. Il convoglio si spostava da est a ovest lungo la sottile striscia di carreggiata. Alla loro destra c’era una schiera di fitta e profonda foresta – cominciava a cinquanta metri dalla strada. Le IDF avevano ripulito il territorio fino al confine. Dove cominciavano gli alberi, c’era il Libano.
Alla loro sinistra c’erano tre verdi colline scoscese. Non proprio montagne, ma nemmeno appena in pendenza. Erano secche, e cadevano a strapiombo. La carreggiata si avvolgeva attorno e dietro di esse, e per un solo istante le comunicazioni radio erano inconsistenti, e i convogli vulnerabili.
Il comando delle IDF parlava di quelle colline da più di un anno. Dovevano essere le colline. Non potevano sgombrare la foresta perché era territorio libanese – avrebbe causato un incidente internazionale. Quindi per un po’ avrebbero fatto saltare per aria le colline. Poi avrebbero costruito una torre di guardia sulla cima di una di esse. Entrambi i piani erano stati giudicati inidonei. Far saltare le colline voleva dire che la strada avrebbe dovuto essere temporaneamente deviata lontano dal confine. E la torre di guardia sarebbe stata sotto costante minaccia di attacco.
No, la cosa migliore da fare era far passare delle pattuglie tra le colline e la foresta giorno e notte e sperare per il meglio.
“Guarda quei boschi,” disse Avraham. “Occhi aperti.”
Si accorse di aver appena ripetuto le esatte parole del comandante. Che scemo! Lanciò un’altra occhiata a Daria. Il suo pesante fucile giaceva lungo la sua sottile figura. Ridacchiava e scuoteva la testa, facendosi rossa in volto.
Nell’oscurità davanti, dalla loro sinistra eruttò un bagliore di luce.
Si schiantò contro alla jeep centrale, venti metri davanti a loro. L’auto esplose, girò alla sua sinistra e rotolò. L’auto bruciò, gli occupanti già inceneriti.
Avraham schiacciò i freni, ma troppo tardi. Sbandò nel veicolo in fiamme.
Accanto a lui, Daria urlò.
Avevano attaccato dal lato sbagliato – il lato della collina. Lì non c’era copertura. Erano dentro a Israele.
Non c’era tempo per parlare, non c’era tempo per dare un ordine a Daria.
I colpi d’arma da fuoco adesso arrivavano da entrambi i lati. I proiettili di una mitragliatrice gli crivellarono la portiera. DANK-DANK-DANK-DANK-DANK. Il finestrino gli andò in pezzi, gettandogli addosso vetro. Almeno uno dei colpi aveva penetrato il giubbotto. Era stato colpito. Si abbassò lo sguardo sul fianco – c’era un’oscurità crescente che si espandeva. Sanguinava. Lo sentiva a malapena – sembrava la puntura di un’ape.
Grugnì. Degli uomini correvano nell’oscurità.
Istantaneamente, prima di accorgersene, aveva la pistola in mano. La puntò fuori dal finestrino mancante.
BLAM!
Il rumore fu assordante per le sue orecchie.
Ne aveva preso uno. Ne aveva preso uno. Era andato giù.
Ne mirò un altro.
Fermo…
Accadde qualcosa. Tutto il suo corpo venne strattonato sul sedile. Aveva mollato la pistola. Un colpo, qualcosa di pesante, lo aveva attraversato. Era venuto da dietro e aveva forato il cruscotto. Uno sparo, o un piccolo razzo. Con cautela, intorpidito dal terrore, si portò una mano al petto e toccò la zona sotto alla gola.
Era… andata.
Aveva una grossa voragine sul petto. Come cavolo faceva a essere ancora vivo?
La risposta giunse istantaneamente: presto non lo sarebbe stato.
Non lo sentì neanche. Una sensazione di calore gli si diffuse per il corpo. Guardò di nuovo Daria. Che peccato. Voleva convincerla di… qualcosa. Adesso non sarebbe mai accaduto.
Lei lo fissava. Aveva gli occhi rotondi, come piattini da caffè. Aveva la bocca aperta in una gigantesca O di orrore. Sentiva il bisogno di consolarla, persino adesso.
“Va tutto bene,” voleva dirle. “Non fa male.”
Ma non riusciva a parlare.
Al finestrino dietro di lei apparvero degli uomini. Con i calci dei fucili, distrussero i resti del vetro. Entrarono delle mani, per cercare di tirarla fuori dal finestrino, ma lei lottò. Si lanciò su di loro a mani nude.
Si aprì la portiera. Ora erano in tre, a trascinarla, tirarla.
Poi era sparita, e lui era solo.
Avraham fissò il veicolo bruciare nell’oscurità davanti a lui. Gli venne in mente che non aveva idea di quel che era successo al veicolo di testa. Immaginava che adesso non avesse importanza.
Pensò brevemente ai suoi genitori e a sua sorella. Voleva bene a tutti loro, semplicemente e senza rimpianti.
Pensò ai nonni, forse pronti a riceverlo.
Non sarebbe più potuto uscire dal veicolo in fiamme. Erano solo rossi, gialli e aranci brillanti che sfarfallavano contro allo sfondo nero. Osservò i colori farsi sempre più piccoli e sempre più fiochi, l’oscurità che si diffondeva e che si faceva ancora più oscura. L’inferno dell’auto esplosa adesso sembrava il tremolio di una candela spenta.
Guardò finché non si spense l’ultimo colore.
CAPITOLO QUATTRO
16:35 ora della costa orientale
Quartier generale dello Special Response Team
McLean, Virginia
“Be’, immagino che il gruppo sia tornato insieme ufficialmente,” disse Susan Hopkins.
Luke al pensiero sorrise.
Era il primo giorno dello Special Response Team negli alloggi nuovi di pacca. Il nuovo quartier generale era quello di una volta, ma ristrutturato. Il tozzo edificio a tre piani di vetro e cemento si trovava nel benestante sobborgo di McLean, a sole poche miglia dalla CIA. Aveva un’elisuperficie con un nuovo Bell 430 nero curvo sull’asfalto come una libellula, sul fianco il brillante logo bianco dell’SRT.
C’erano quattro SUV neri dell’agenzia nel parcheggio. L’edificio aveva uffici al pianterreno e al primo piano, e una sala conferenze all’avanguardia che quasi faceva il paio con la sala operativa della Casa Bianca. Aveva ogni gadget tecnologico che la febbrile mente di Mark Swann potesse evocare. La palestra (completa di attrezzatura cardio, macchine per la pesistica e una sala allenamento con pareti molto imbottite) e la mensa si trovavano al secondo piano. Il poligono СКАЧАТЬ