Название: Comando Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #2
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Триллеры
isbn: 9781094312798
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“Ciao, Audrey,” disse, cercando di sembrare allegro.
Era appena entrato. Si era tolto la cravatta e aveva sbottonato i primi due bottoni della camicia, ma per il momento quelle erano state le sue uniche concessioni all’ambiente familiare. Andò al frigo e tornò con una birra gelata.
Ormai era piena estate e il tempo era gradevole. La zona dove si trovavano era splendida. Lui e Becca vivevano nel cottage della famiglia della donna, nella contea di Queen Anne. La casa era di proprietà dei St. John da oltre un secolo.
L’edificio era una villetta antica e in stile rustico che sorgeva su un piccolo promontorio appena sopra la baia. Erano due piani completamente in legno, che cigolavano e scricchiolavano ovunque si camminasse. La porta della cucina era a molla, e si richiudeva di scatto con energia. Aveva un portico schermato che dava sull’acqua, e una veranda in pietra più nuova con una splendida vista sul promontorio.
Avevano iniziato ad aggiornare gradualmente il mobilio vecchio di generazioni per rendere il posto più adatto alla vita di tutti i giorni. Nel soggiorno c’erano un divano e delle poltrone nuove. Un sabato mattina, con le buone o le cattive e la pura forza bruta, Luke e Big Ed Newsam erano riusciti a trasportare un gigantesco letto matrimoniale nella camera padronale.
Persino con quelle migliorie l’oggetto più robusto della casa era il caminetto di pietra del salotto. Era quasi come se il maestoso e vecchio focolare fosse lì dall’alba dei tempi, e qualcuno con un senso dell’umorismo vi avessi costruito intorno un piccolo cottage estivo.
Era un posto incredibile. Luke amava vivere lì. Sì, era lontano dal suo ufficio e sì, se il lavoro nel Gruppo fosse andato bene (e pareva fosse proprio così) avrebbero dovuto trasferirsi più vicino alla città, ma per il momento? Era il paradiso. Il viaggio di novanta minuti per tornare a casa non sembrava nemmeno tanto male, vista la ricompensa finale.
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra. Becca era in veranda a dar da mangiare al bambino. Luke non desiderava altro che sedersi là fuori con loro per ammirare l’acqua e il cielo, e godersi l’aria fino a quando il sole non fosse tramontato. Ma non poteva. Sfortunatamente doveva preparare le valige per il viaggio. E prima ancora c’era una cosa molto più difficile da fare: annunciare che sarebbe partito.
“Ti hanno preso a pugni sul lavoro?” domandò Audrey.
Luke scrollò le spalle. Anche se li sentiva ancora bene, si era quasi dimenticato del graffio sulla guancia e della mascella gonfia. Il dolore era un suo vecchio amico. Quando non era straziante, quasi non lo percepiva. In un certo senso era quasi confortante.
Aprì la birra e prese una sorsata. Era ghiacciata e deliziosa. “Qualcosa del genere, ma avresti dovuto vedere l’altro tizio.”
La suocera non rise. Emise un mezzo grugnito e andò al piano di sopra.
Luke era stanco. Era già stata una giornata lunga, tra il funerale di Martinez, lo scontro con Murphy e tutto il resto. E in realtà era appena iniziata. Aveva solo un’ora da passare a casa prima di dover tornare in città, da lì prendere un aereo per la Turchia e poi, se tutto si fosse incastrato a dovere, volare fino in Russia.
Uscì in veranda. Mentre allattava il bambino Becca sembrava un dipinto impressionista, con il maglione rosso acceso e il cappello floscio vividi contro il verde dell’erba e le lunghe pennellate azzurre del cielo e blu dell’acqua. In lontananza si vedeva un veliero a due alberi con le vele spiegate, che avanzava pigramente verso ovest. Se Luke avesse potuto premere STOP e catturare per sempre quell’istante, lo avrebbe fatto.
La moglie alzò lo sguardo, lo vide e gli sorrise. Il suo volto gli trasmise gioia. Becca era incantevole come sempre. E un sorriso era un buon segno, in particolare di quei tempi. Magari l’oscurità della depressione post partum stava iniziando a svanire.
Luke prese un lungo respiro, sospirò e sorrise tra sé e sé.
“Ehi, bellissima,” la salutò.
“Ehi, stupendo.”
Lui si chinò per baciarla.
“E come sta oggi il nostro ragazzo?”
La donna annuì. “Bene. Ha dormito tre ore, mamma l’ha tenuto d’occhio quindi sono persino riuscita a fare un pisolino. Non voglio prometterti niente, ma forse il peggio potrebbe essere passato. Per lo meno lo spero.”
Entrambi rimasero in silenzio per un po’.
“Sei tornato a casa presto,” notò lei. Era la seconda volta in cinque minuti che glielo facevano notare. Lo prese come un brutto segno. “Come è andata la tua giornata?”
Luke si sedette al tavolo davanti a Becca e prese un sorso di birra. Come sempre, era convinto che quando c’erano dei problemi in vista, tanto valeva arrivare subito al sodo. E se fosse riuscito a limitare in fretta i danni, forse avrebbero potuto discutere della situazione senza che Audrey intervenisse per infierire.
“Beh, mi hanno affidato un incarico.”
Non era esattamente la verità. Non l’aveva definita una missione, né un’operazione. Che genere di incarico era? Così sembrava che avrebbe dovuto intervistare un artigiano locale per il giornale, o magari fare un progetto per il liceo.
Lei si mise subito sull’attenti.
Lo fissò dritto negli occhi, cercando di capire cosa le stava dicendo. “Di che cosa si tratta?”
Luke scrollò le spalle. “È una specie di pasticcio diplomatico. I russi hanno preso prigionieri tre archeologi americani e gli hanno confiscato un piccolo sommergibile. Erano nel Mar Nero a cercare un’antica nave greca. Sono acque internazionali ma i russi hanno pensato che fossero un po’ troppo vicini a casa loro.”
Lo sguardo di Becca non lo lasciò nemmeno un momento. “Sono spie?”
Lui prese un altro sorso della sua birra. Emise un suono, una secca risata. Era brava a quel gioco. Sua moglie ormai era un’esperta. Era arrivata dritta al punto.
Scosse la testa. “Lo sai che non posso dirtelo.”
“E tu dove dovresti andare, e a fare cosa?”
Luke alzò le spalle. “Vado in Turchia per vedere se riusciamo a farceli ridare.” Era vero, strettamente parlando. Solo che così aveva tralasciato abbastanza dettagli da riempire un intero continente. Era un peccato d’omissione.
Anche lei lo sapeva. “Per vedere se riusciamo a farceli ridare? Chi sarebbe questo noi?”
Ora era una partita a scacchi. “Gli Stati Uniti d’America.”
“Andiamo, Luke. Che cos’è che non mi stai dicendo?”
Lui sorseggiò di nuovo la birra e si grattò la testa. “Niente di importante, tesoro. I russi hanno tre dei nostri e io devo andare in Turchia. Vogliono me perché ho esperienza in missioni legate a questo genere di evento. Se i russi sono disposti a negoziare, forse non sarò nemmeno direttamente coinvolto.”
Alle sue spalle, la porta della veranda si chiuse con un tonfo. Per un secondo Becca guardò dietro di lui. Maledizione! Ecco che arrivava Audrey.
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