Название: Soldato, Fratello, Stregone
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: Di Corone e di Gloria
isbn: 9781640290709
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Neanche nei suoi sogni c’era una conclusione a quelle parole, eccetto il vuoto sguardo degli occhi di suo padre. C’era solo il nome di un luogo, l’accenno a un viaggio che avrebbe potuto dirgli tutto.
Se fosse vissuto abbastanza a lungo per farcela.
La coscienza tornò a lui e il pieno peso del dolore venne con essa. Tano si sentiva come se ogni parte del suo corpo fosse livida fino all’osso. Poteva a malapena sollevare la testa, perché aveva la sensazione di poter cadere a pezzi solo con lo sforzo. Sapeva dall’esperienza cosa significassero le costole rotte, e molti altri punti del suo corpo gli donavano ora la medesima sensazione.
Le guardie che l’avevano picchiato non si erano trattenute pensando a chi lui fosse. Se non altro si sentiva come se l’avessero picchiato più forte proprio per quello, punti dalla levatura del suo supposto tradimento o desiderosi di mostrate che non stavano dalla parte del principe ribelle.
Tano riuscì a mettersi a sedere e si guardò in giro. Il mondo vicino a lui sembrava ondeggiare mentre lo faceva. Per un momento pensò fosse un qualche scherzo del dolore, vertigini causate dai colpi alla testa. Poi si rese conto che si stava veramente muovendo e che le sbarre verticali di ferro gli fornivano un costante punto di riferimento mentre il suo movimento faceva ondeggiare il resto del mondo.
“Una gogna,” mormorò Tano, le parole spesse nella sua gola. “Mi hanno appeso a una gogna.”
Un’altra occhiata lo confermò. Si trovava all’interno di una gabbia fatta come quelle in cui alcune graziose nobildonne tenevano un uccellino, solo che questa era grande a sufficienza per un uomo. A malapena. Le gambe di Tano penzolavano tra le sbarre, anche se ben sospese da terra, grazie alla corta catena che teneva la gabbia legata a un palo.
Oltre si trovava un piccolo cortile recintato. Il tipo di posto che poteva essere usato dai nobili per i loro sport, o dove i servitori potevano riunirsi per compiti non particolarmente piacevoli. Degli scoli in mezzo ai sassi mostravano dove il sangue o altro di peggio poteva essere lavato via.
In un angolo le guardie stavano erigendo una piattaforma per il patibolo, senza neanche curarsi di guardarlo. Non stavano assemblando un semplice blocco da decapitazione.
Tano si aggrappò alle sbarre colto da improvvisa rabbia. Non aveva intenzione di farsi rinchiudere in una gabbia come una qualche bestia da macello. Non sarebbe rimasto fermo lì mentre degli uomini facevano gli opportuni preparativi per giustiziarlo per qualcosa che non aveva fatto.
Scosse le sbarre testandole, ma erano troppo solide. C’era una porta con una serratura tenuta chiusa da una catena, ogni anello spesso come il pollice di Tano. La provò, cercando un qualsiasi punto debole, una qualsiasi via di fuga dai confini della gogna che lo teneva in trappola.
“Ehi! Via le mani da lì,” gridò una delle guardie tirando un bastone che andò colpire le nocche di Tano tirandogli fuori un sussulto di dolore mentre tentava di trattenere l’urgenza di gridare.
“Fai il duro quanto vuoi,” disse la guardia guardandolo con evidente odio. “Quando avremo finito con te, griderai.”
“Sono sempre un nobile,” disse Tano. “Ho il diritto di avere un processo davanti ai nobili dell’Impero e di scegliere il modo in cui voglio essere giustiziato, se proprio di questo si tratta.”
Questa volta il bastone andò a sbattere contro le sbarre, a un soffio dal suo viso.
“Gli assassini di un re si prendono qualsiasi cosa venga decisa per loro,” rispose seccamente la guardia. “Nessun rapido colpo d’accetta per te, traditore!”
Tano percepì la sua rabbia. Vera rabbia, e quello che sembrava un personale senso del tradimento. Tano poteva capirlo. Poteva addirittura forse significare che quello era un brav’uomo.
“Hai creduto che le cose potessero cambiare, vero?” ipotizzò Tano. Quello era un grosso rischio da correre, ma doveva farlo se aveva intenzione di trovare un modo per provare la sua innocenza.
“Pensavo potessi dare una mano nel rendere le cose migliori,” ammise l’altro uomo. “Poi è saltato fuori che stavi lavorando con la ribellione per uccidere il re!”
“Non l’ho ucciso io,” disse Tano. “Ma so chi l’ha fatto. Aiutami a venire fuori di qui e…”
Il successivo colpo di bastone lo prese alle costole ferite e mentre la guardia si preparava a un altro colpo, Tano cercò di trovare un modo per proteggersi. Ma non aveva nessun posto dove andare.
Lo stesso il colpo non andò a segno. Tano vide la guardia fermarsi di colpo, abbassare il bastone e poi lasciarsi andare a un profondo inchino. Tano cercò di girarsi per vedere cosa stesse accadendo, e questo fece ruotare la gogna.
Quando ebbe fatto il suo giro, la regina Atena era già di fronte a lui, vestita con il nero del lutto che la faceva sembrare il suo boia. Le guardie erano raccolte attorno a lei, come se avessero paura che Tano avrebbe in qualche modo trovato il modo di ucciderla nello stesso modo in cui credevano avesse ucciso il re, nonostante le sbarre della gabbia.
“Perché è appeso qui?” chiese la regina Atena. “Pensavo di aver detto di giustiziarlo e basta.”
“Chiediamo il perdono di vostra maestà,” disse una delle guardie, “ma non era sveglio e ci vuole tempo a costruire un patibolo da esecuzione adatto a un traditore come questo.”
“Cos’avete programmato?” chiese la regina.
“Volevamo impiccarlo a metà, eviscerarlo e poi legarlo alla ruota per finirlo. Non potevamo semplicemente ucciderlo rapidamente, dopo tutto quello che ha fatto.”
Tano vide la regina riflettere un momento, e poi annuire. “Forse avete ragione. Ha già confessato i suoi crimini?”
“No, vostra maestà. Afferma ancora di non essere stato lui.”
Tano vide la regina scuotere la testa. “Cose da pazzi. È stato trovato addosso al corpo di mio marito. Desidero parlare con lui, da sola.”
“Vostra maestà, è veramente…”
“Da sola, ho detto.” Lo sguardo della regina Atena fu sufficiente e anche Tano provò un momento di pietà per l’uomo. “È abbastanza sicuro dentro alla sua gabbia. Finite in fretta il vostro lavoro sul patibolo. Voglio che l’uomo che ha ucciso mio marito sia presto morto!”
Tano guardò le guardie farsi indietro, allontanandosi da dove si trovavano lui e la regina. Sicuramente a distanza tale da non poter sentire. Tano non aveva dubbio che lo avessero fatto di proposito.
“Non sono stato io a uccidere il re,” insistette Tano, anche se immaginava che non avrebbe fatto alcuna differenza per la sua situazione. Senza prove perché qualcuno avrebbe dovuto credergli, senza parlare della regina, cui non era mai piaciuto?
Per un momento l’espressione della regina Atena rimase impassibile. Tano la vide guardarsi attorno, quasi furtiva, come se fosse preoccupata che qualcuno potesse sentirla. In quel momento Tano capì.
“Lo sai già, vero?” disse Tano. “Sai che non sono stato io.”
“Come potrei sapere una cosa del genere?” chiese la regina Atena, ma c’era nervosismo nella sua voce mentre lo diceva. “Sei stato СКАЧАТЬ