Concessione D’armi . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Concessione D’armi - Морган Райс страница 7

СКАЧАТЬ sorrise, sentendosi rivendicato. Tutti i generali, tutti i tipi dell’esercito, avevano dubitato di lui per tutta la vita. Alla corte di suo padre, una corte di guerrieri, era sempre stato guardato con disdegno. Ora, finalmente, si stavano rendendo conto che, a modo suo, anche lui poteva essere competente quanto loro.

      “Non ti preoccupare,” disse Godfrey. “Mi metto in dubbio io stesso. Sto imparando strada facendo. Non sono un comandante e non ho alcun piano geniale se non quello di sopravvivere in ogni modo possibile.”

      “E ora dove andiamo?” chiese il generale.

      “A raggiungere Kendrick, Erec e gli altri e fare ciò che possiamo per supportare la loro causa.”

      Continuarono a galoppare, migliaia di uomini, una sgraziata e turbolenta alleanza tra i soldati dell’Impero e quelli di Godfrey, salendo e scendendo dalle colline, percorrendo lunghe, aride e polverose pianure, diretti verso la valle dove Kendrick aveva dato loro appuntamento.

      Mentre avanzavano un milione di pensieri si rincorrevano nella mente di Godfrey. Si chiese come se la fossero cavata Kendrick ed Erec; si chiese quanto si fossero trovati in minoranza numerica e si chiese come se la sarebbe cavata lui stesso nella battaglia successiva, una battaglia vera. Non c’era più modo di evitarla, non aveva altri assi nella manica e aveva finito l’oro.

      Deglutì nervoso. Sentiva di non avere lo stesso livello di coraggio che tutti gli altri sembravano avere e per cui sembravano essere tutti nati. Tutti gli altri sembravano così impavidi in battaglia e anche nella vita. Ma Godfrey doveva ammettere che aveva paura. Quando si veniva al sodo, alla battaglia vera e propria, sapeva che non si sarebbe tirato indietro. Ma era tuttavia goffo e impacciato, non aveva le abilità degli altri e non sapeva per quante altre volte gli dei della fortuna lo avrebbero assistito.

      Agli altri sembrava non interessare se sarebbero morti: sembravano tutti desiderosi di donare le loro vite per la gloria. Godfrey apprezzava la gloria. Ma amava di più la vita. Amava la sua birra, il suo cibo: anche ora sentiva lo stomaco che brontolava, avvertiva l’urgenza di tornarsene alla salvezza della taverna da qualche parte. Una vita di battaglia non faceva per lui, punto e basta.

      Ma poi pensò a Thor, là fuori da qualche parte, prigioniero. Pensò a tutti i suoi parenti che combattevano per la medesima causa e capì che lì il suo onore, per quanto macchiato, lo costringeva ad andare.

      Continuarono a galoppare e finalmente giunsero alla sommità di un picco da cui riuscirono a vedere l’intera vallata che si apriva sotto di loro. Si fermarono e Godfrey strizzò gli occhi, accecato dal sole, cercando di ricomporsi e trovare un senso a ciò che aveva di fronte. Sollevò una mano per fare schermo contro  la luce e guardò, confuso.

      Poi, con orrore, tutto divenne chiaro. Gli si fermò il cuore: là sotto migliaia di uomini di Kendrick, di Srog e di Erec venivano trascinati via, legati come prigionieri. Quelle erano le forze armate con le quali avrebbe dovuto incontrarsi. Erano completamente circondati da un numero di soldati dell’Impero almeno dieci volte superiore al loro esercito. Erano a piedi, i polsi legati, tutti prigionieri, tutti condotti via. Godfrey sapeva che Kendrick ed Erec non si sarebbero mai arresi a meno che non ci fosse una buona ragione. Sembrava che fossero stati incastrati.

      Godfrey rimase impietrito, paralizzato dal panico. Si chiese come potesse essere successo. Si era aspettato di trovarli tutti nel bel mezzo di una battaglia ad armi pari, si era aspettato di lanciarsi alla carica e unirsi a loro. Invece ora stavano scomparendo all’orizzonte, ormai a mezza giornata di cammino da loro.

      Il generale dell’Impero si portò accanto a Godfrey e lo sbeffeggiò.

      “Sembra che i tuoi uomini abbiano perso,” gli disse. “Questo non faceva parte del nostro patto.”

      Godfrey si voltò verso di lui e vide quanto ansioso sembrasse.

      “Ti ho pagato bene,” gli disse nervosamente, ma cercando di mostrare una voce più sicura possibile mentre sentiva che il suo patto si stava sgretolando. “E tu hai promesso di unirti a me nella mia causa.”

      Ma il generale dell’Impero scosse la testa.

      “Ti ho promesso di seguirti in battaglia, non in una missione suicida. Le mie poche migliaia di uomini non potrebbero mai prevalere contro un intero battaglione di soldati di Andronico. Il nostro patto cambia. Puoi attaccarli da solo, io mi tengo comunque il tuo oro.”

      Il generale dell’Impero si voltò e gridò spronando il proprio cavallo e partendo verso la direzione opposta, con tutti i suoi uomini alle calcagna. Presto scomparvero dall’altra parte della valle.

      “Ha il nostro oro!” disse Akorth. “Non dovremmo seguirlo?”

      Godfrey scosse la testa mentre li guardava scomparire.

      “E che cosa ci guadagniamo? L’oro è oro. Non ho intenzione di rischiare la vita per esso. Lasciamoli andare. Ci sarà dell’altro.”

      Godfrey si voltò e guardò l’orizzonte, il gruppo di uomini di Kendrick ed Erec che scomparivano in lontananza, cosa che gli stava più a cuore. Ora era senza riserve e si trovava ancora più isolato di prima. Sentì che tutti i suoi piani gli crollavano addosso.

      “E adesso?” gli chiese Fulton.

      Godfrey scrollò le spalle.

      “Non ne ho idea,” rispose.

      “Non dovresti dire una cosa del genere,” disse Fulton. “Ora sei un comandante.”

      Ma Godfrey non fece che scrollare le spalle un’altra volta. “Dico la verità.”

      “Questa cosa del guerriero è roba tosta,” disse Akorth, grattandosi la pancia mentre si toglieva l’elmo. “Non sembra funzionare come vorresti, giusto?”

      Godfrey stava fermo a cavallo, scuotendo la testa e soppesando il da farsi. La sorte era girata in un modo che non aveva previsto un piano di riserva.

      “Dobbiamo girarci e tornare indietro?” chiese Fulton.

      “No,” Godfrey udì rispondere dalla sua stessa voce, sorprendendo addirittura se stesso.

      Gli altri si voltarono a guardarlo, scioccati. Altri si avvicinarono di più per udire i suoi ordini.

      “Potrò anche non essere un grande guerriero,” disse, “ma quelli laggiù sono miei fratelli. E li stanno portando via. Non possiamo tornare indietro. Anche se questo significa morire.”

      “Siete impazzito?” chiese il generale Silesiano. “Tutti quegli ottimi guerrieri dell’Argento, dei MacGil, dei Silesiani, tutti insieme non sono riusciti a sconfiggere gli uomini dell’Impero. Come potete pensare che poche migliaia dei nostri uomini, sotto il vostro comando, possano farcela?”

      Godfrey si voltò a guardarlo, irritato. Era stanco di essere messo in dubbio.

      “Non ho mai detto che potremmo vincere,” ribatté. “Dico solo che questa è la cosa giusta da fare. Non li abbandonerò. Ora, se voi intendete girarvi e tornare a casa, sentitevi liberi di farlo. Li attaccherò da solo.”

      “Siete un comandante senza esperienza,” disse accigliandosi. “Non avete idea di che cosa state parlando. Condurrete questi uomini a morte certa.”

      “Lo so,” disse Godfrey. “È vero. Ma hai promesso di non mettere più in dubbio la mia parola. E io non ho intenzione di tornare indietro.”

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