Venezia. Ciminiere Ammainate. Alfredo Aiello
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Название: Venezia. Ciminiere Ammainate

Автор: Alfredo Aiello

Издательство: Tektime S.r.l.s.

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isbn: 9788873042457

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СКАЧАТЬ diretto dello Stato attraverso il Ministero delle Partecipazioni Statali.

      

      

      

      

       Tappe della storia del polo industriale di Porto Marghera

      

      

      L’area industriale di Porto Marghera, che diventerà nel corso della sua non breve storia uno dei maggiori poli industriali europei, nasce in virtù degli sviluppi che hanno interessato il porto di Venezia. Nel 1907, con lo spostamento del porto in terraferma – ai Bottenighi –, si gettano le basi per costruire la zona industriale. Il 23 luglio del 1917 si stipula a Roma una “Convenzione relativa alla concessione della costruzione del nuovo porto di Venezia, in regione Marghera, e ai provvedimenti per la zona industriale e il quartiere urbano ” (2. Chinello C., Porto Marghera 1902-1926. Alle origini del “problema di Venezia, Marsilio, Venezia 1979, p. 173) tra Governo, Comune e la Società anonima Porto Industriale di Venezia della quale è presidente Giuseppe Volpi. I lavori inizieranno ai Bottenighi nel 1919. È la nascita della I Zona Industriale. Sin dall’inizio è chiaro l’indirizzo produttivo: si comincia con attività chimiche, petrolifere e poi elettro-metallurgiche e ancora cantieristica navale e siderurgia. Lo sviluppo è rapido: si va dalle 5 aziende insediate nel 1921 alle 91 del 1939, con quasi 19.000 addetti, sebbene le aziende attive siano, a quella data, solo 71. Nell’ottobre del 1925 l’ingegner Coen Cagli propone un nuovo piano regolatore per l’ampliamento della zona industriale, ma il suo progetto sarà preso in considerazione solo successivamente alla seconda guerra mondiale. Infatti, dopo varie iniziative, è costituito il 22 dicembre 1958 il “Consorzio per l’ampliamento e lo sviluppo di Porto Marghera” a cui partecipano Comune e Provincia di Venezia, la Camera di Commercio della città, oltre al Provveditorato al porto. Nel febbraio del 1962 il Consorzio deciderà la distribuzione definitiva delle aree (per un totale di 763 ettari), aprendo la strada alla costruzione della II Zona Industriale. Il 2 marzo del 1963 la legge 397, che istituisce il nuovo Consorzio allargando la partecipazione al Comune di Mira, delinea un “Nuovo ampliamento del porto e zona industriale di Venezia”: è il tentativo di avviare la III Zona Industriale, ma la volontà politica che prevarrà alla fine sarà quella di bloccare l’espansione industriale. Si assisterà – per questo – alla crescita di Porto Marghera tutta concentrata nella I e nella II Zona Industriale nel corso della prima metà degli anni Settanta.

      

      

      

      

       Le attività produttive del polo industriale e la dinamica occupazionale tra gli anni Settanta e gli anni Novanta

      

      

      A metà anni Settanta l’occupazione stimata a Porto Marghera era attorno alle 35.000 unità, prevalentemente concentrata nell’industria di base, ad elevato consumo energetico, con forte dipendenza extraregionale, come tutte le zone industriali costiere di prima generazione. Il cosiddetto modello Mida ( Maritime industrial development areas) è stato messo a punto nel delta del Reno (l’area del Botlek nel porto di Rotterdam è il primo modello realizzato) e imitato poi sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. L’attracco della nave alla banchina di uno stabilimento e il successivo sbarco della materia prima in “autonomia funzionale” costituiscono le prime fasi del processo produttivo. Date queste caratteristiche, Porto Marghera si è sempre proposta come ubicazione ottimale per lavorazioni di base (3. Coses e Comune di Venezia (a cura di), Porto Marghera. Proposte per un futuro possibile, Angeli, Milano 1990, pp. 16-17). Fino agli anni Novanta, dei grandi gruppi industriali presenti, uno solo era privato: la Montedison (la proprietà, poi, si alternerà dalla mano privata a quella pubblica di Eni e viceversa). Tre erano direttamente dipendenti dallo Stato: Iri, Eni ed Efim. Questi quattro colossi industriali nel 1987 occupano un insieme di aree pari a 1.079 ettari, vale a dire il 78,9% del totale del polo industriale e impiegano 14.531 addetti, pari al 73% del totale. I dati riportati in tab. 1 consentono di seguire la dinamica del numero di unità locali e addetti presenti a Porto Marghera dalla fine degli anni Settanta allo scadere del secolo. Agli oltre 26.600 addetti del 1978 si possono aggiungere 2.535 addetti nelle imprese di appalto nei 17 maggiori stabilimenti di Porto Marghera (stima primo trimestre del 1979). Gli addetti totali salgono, così, a quella data, a oltre 29.000. Circa l’80% dei lavoratori risultava impiegato in 14 aziende collocate nella classe dimensionale superiore ai 500 addetti.

immagine 1

      Tra gli addetti diretti il 47,1% era impiegato nel settore chimico (12.557), il 20,6% nella metallurgia (5.460), l’11,2% nella cantieristica (2.972), il 6,3% nella lavorazione dei minerali non metalliferi (1.674), il 6,2% nei derivati del petrolio (1.654), il 5,8% nella meccanica (1.552). All’interno della chimica le produzioni risultavano concentrate nei comparti della chimica di base (addetti 8.133), fertilizzanti (2.228), fibre sintetiche (1.835); nel metalmeccanico le produzioni principali erano quelle dei settori dei non ferrosi (3.427 addetti), cantieri navali (2.972), siderurgia (1.870) (4. Rielaborazione su dati Coses).

      Dieci anni dopo, nel 1988, l’occupazione complessiva risulterà ridotta di oltre 9.000 unità con un calo pari al 35%. Le linee della trasformazione sono evidenti: le aziende di classe superiore ai 500 addetti si riducono di oltre la metà e i loro occupati calano del 52%; le aziende più piccole di classe 10-49 addetti triplicano, mentre gli occupati crescono solo dell’87%; le aziende di classe 50-99 addetti calano del 20% ma gli occupati restano stabili; infine nella classe 100-499 addetti le aziende crescono del 33% e gli occupati aumentano del 30%.

      Dieci anni dopo, nel 1998, l’occupazione complessiva risulta ridotta ulteriormente di oltre 4.000 unità con un calo pari al 25%. Le aziende di classe superiore ai 500 addetti diminuiscono ancora e i loro occupati calano del 52%; le aziende di classe 10-49 addetti quasi quadruplicano, mentre i loro occupati crescono del 250%; anche le aziende di classe 50-99 crescono significativamente, mentre nella classe 100-499 addetti le aziende e gli addetti si riducono, grossomodo, della metà. Per quanto riguarda le variazioni dell’occupazione per settori, si osserva una riduzione generalizzata: nella chimica gli addetti calano, tra il 1978 e il 1998, da 12.557 a 3.674 e il peso sul totale passa dal 47% al 28%; nel settore petrolifero si passa da 1.654 a 534 addetti; nella metallurgia e siderurgia da 7.330 a 1.221 addetti e, in termini di peso, dal 18% al 9%. Un andamento diverso è quello del cantiere navale ex Breda, del gruppo Fincantieri, dove al dimezzamento degli addetti diretti corrisponde la contemporanea e fortissima crescita dei dipendenti delle imprese esterne che operano in appalto, grazie alle grosse commesse acquisite nel settore crocieristico. A tale andamento dell’occupazione nel polo industriale non corrisponde, però, una riduzione delle quantità prodotte. Infatti «nel decennio 1977-1987 (...) vi è stata una forte caduta dell’occupazione soprattutto negli stabilimenti legati agli input dal mare, ma ciò nonostante vi è stato nell’insieme un aumento della produzione» (5. Coses e Comune di Venezia (a cura di), Porto Marghera. Proposte per un futuro possibile, Angeli, Milano 1990, p. 28).

      La tab. 2 fotografa l’assenza di una correlazione tra addetti e produzione. Nella storia recente di Porto Marghera si possono individuare tre fasi: negli anni Settanta lo sviluppo di Porto Marghera è l’aspetto prevalente; negli anni Ottanta si registrano una lunga fase di ristrutturazione e la dismissione di alcune produzioni, con una forte riduzione degli occupati; negli anni Novanta il СКАЧАТЬ