Название: Venezia. Ciminiere Ammainate
Автор: Alfredo Aiello
Издательство: Tektime S.r.l.s.
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isbn: 9788873042457
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In certe culture primitive è così presente la consapevolezza della distruttività del lavoro da trasformarsi religiosamente in rito, per esempio quello che ripara la terra âferitaâ dallâaratro.
âQuesto elemento di violazione e di violenza è presente in ogni fabbricazione, e homo faber, il creatore del mondo dellâartificio umano, è sempre stato un distruttore della natura. Lâ animal laborans, che con il suo corpo e con lâaiuto di animali addomesticati alimenta la vita, può essere il signore e padrone di tutte le creature viventi, ma rimane ancora il servo della natura e della terra; solo homo faber si comporta come signore e padrone di tutta la terraâ (64. Arendt H., Vita activa: la condizione umana, Bompiani, Milano 1989, pp. 99-100).
Oggi vi è la consapevolezza sempre più diffusa che la natura non è inesauribile: distruzione di risorse, inquinamento, spreco sono il prezzo pagato alla nostra opulenza. Nel futuro del mondo capitalistico avanzato, e quindi anche di Porto Marghera, il lavoro tenderà a essere un luogo di convivenza e di scambi anche per la diminuita necessità del lavoro come tradIzionalmente inteso e realizzato. Forse sta in questo passaggio quello che a volte appare come un vero e proprio smarrimento della classe dirigente veneziana, un passaggio che vede aumentare le possibilità di sostituire il lavoro tradizionale, centrato sulla performance, con lâattività . à drasticamente diminuito, direbbe Marx, il lavoro vivo, grazie ai considerevoli progressi tecnologici. E, nello stesso tempo, è aumentato il lavoro rivolto alle persone. Sono cresciute, nello stesso settore industriale, attività non produttive di beni materiali: comunicare, vendere, organizzare, formare professionalmente. Sono tutte attività che hanno al centro la cura dellâuomo e sono caratterizzate dal rapporto non invasivo, non distruttivo con la natura. Ciò rappresenta un netto cambio di direzione e può darsi che per questo «imprenditori, sindacalisti, politici, abbiano paura di una perdita di potere sul lavoro» (65. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, p. 52).
O forse il sistema economico è impossibilitato ad accogliere un simile cambiamento. Dahrendorf si chiede e si risponde:
«Esiste un punto di aggancio nel campo dellâistruzione, che può contribuire a spianare la strada dalla frantumante società del lavoro allâattraente società dellâattività ? A questa domanda non ho risposta» (66. Dahrendorf R., Per un nuovo liberalismo, Laterza, Bari 1988, p. 159).
Si è impreparati dinanzi alle aumentate possibilità di cominciare a sostituire il lavoro tradizionale con lâattività , verosimilmente perché viviamo sotto la spinta di un modello di economia capitalistica con il suo problema che «non è in primo luogo produrre ancora più merci, ma produrre sempre di più gli uomini destinati a consumare queste merci» (67. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, p. 86).
Anche a Porto Marghera la cultura dellâindustrialismo non ha tenuto conto a sufficienza di quanto
«il lavoro che investe la natura sia diverso da quello rivolto allâuomo... fare il poliziotto, lâinfermiere, lâinsegnante non è un semplice e positivo produrre, ma è innanzitutto far sì che non accada nellâuomo qualcosa di negativo» (68. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, cit., p. 87).
Forse ciò è avvenuto perché la cultura del lavoro è troppo riduttiva e finisce per non considerare la complessità dellâuomo e dei suoi bisogni. Su questo terreno esiste uno spazio politico che può segnare in profondità la prospettiva di un vecchio polo industriale che può e dovrebbe rimanere un degno attore della vita economica di Venezia.
Parte seconda
SEDICI INTERVISTE SU PORTO MARGHERA 1999-2006
La libertà riservata ai soli fautori del governo... non è libertà .
La libertà è sempre la libertà di chi pensa diversamente.
Rosa Luxemburg
Gastone Angelin, Porto Marghera e le lotte operaie
Dal 1957 al 1962 segretario della Fiom di Venezia. Dal 1962 al 1972 nella segreteria del Pci di Venezia, prima con lâincarico di responsabile per il territorio di Mestre e poi come responsabile per la zona industriale di Porto Marghera. Dal 1972 al 1975 segretario della Federazione del Pci di Venezia. Dal 1979 al 1987 senatore della Repubblica.
Incontro Gastone proprio mentre è in corso lâintervento militare della Nato in Serbia. Ed è il primo argomento di cui parla. Mi appare sofferente per il dramma umano che si consuma («pagano sempre i più deboli»). Lui che ha conosciuto la guerra e militato da ragazzo nella Resistenza, noto a Venezia per la sua determinazione e coraggio negli anni difficili per la vita democratica del nostro Paese. Nellâanalisi politica, però, è molto lucido e chiaro («Le posizioni di Milosevic sono insostenibili, ma 19 paesi con 500 milioni di abitanti non possono usare armi tanto distruttive contro qualche milione di serbi. Câerano altre strade per indurre Milosevic alla ragione»). Veniamo allâintervista.
Câè qualche fatto particolare che segna il 1970 a Porto Marghera?
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