Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ portarono le lor armi spirituali nell'Oriente, nel Settentrione, nel Mezzogiorno, e la semplicità dell'Evangelo prese le tinte della teologia siriaca. Se prestisi fede a un viaggiator nestoriano137, si predicò con frutto il Cristianesimo nel sesto secolo ai Battriani, agli Unni, ai Persiani, agli Indiani, ai Persameni, ai Medi e agli Elamiti; infinito era il numero delle chiese che si vedeano nei paesi dei Barbari dal golfo di Persia al mar Caspio, e diveniva notabile la nuova fede di costoro per la moltitudine e santità dei lor monaci e dei lor martiri. Venivan moltiplicandosi di giorno in giorno i Cristiani sulla costa del Malabar, sì fertile di pepe, e nelle isole di Socotora e di Ceylan: i Vescovi e il clero di quelle remote contrade ricevevano l'Ordinazione dal Cattolico di Babilonia. Un secolo dopo, lo zelo de' Nestoriani passò i confini, ove s'erano fermati l'ambizione e la curiosità de' Greci e de' Persiani. I Missionari di Balch e di Samarcanda vennero animosi dietro i passi del Tartaro vagabondo, e s'introdussero nelle vallate dell'Imaus e nelle spiagge del Selinga. Andarono esponendo dommi metafisici a quei pastori ignoranti, e a que' guerrieri sanguinari raccomandarono l'umanità e la quiete. Vuolsi per altro, che un Rhan, di cui si esagerò in guisa ridicola la potenza, ricevesse dalle mani loro il Battesimo ed anche gli Ordini sacri, e lungamente la fama del prete Gianni ha divertito la credulità europea.138 Fu permesso a questo augusto Neofito di valersi d'un altar portatile; ma egli fece chiedere al Patriarca per mezzo d'ambasciatori come potrebbe mai nella quaresima astenersi de' cibi animali, e come celebrar l'Eucaristia in un deserto che non produceva nè grano nè vino. I Nestoriani ne' loro viaggi per mare e per terra penetrarono nella Cina pel porto di Canton e per la città di Sigan, più settentrionale, residenza del sovrano. Ben diversi dai Senatori romani, che faceano ridendo la parte di sacerdoti e di auguri, i Mandarini che affettano in pubblico la ragione dei Filosofi, si abbandonano in secreto ad ogni sorta di superstizion popolare. Confondevano essi nel proprio culto gli Dei della Palestina con quei dell'India; ma la propagazion del Cristianesimo destò inquietudine al governo, e dopo una breve vicenda di favore e di persecuzione smarrissi la Setta straniera nell'oscurità e nella dimenticanza139. Sotto il regno da' Califi la Chiesa de' Nestoriani si dilatò dalla Cina a Gerusalemme, e a Cipro, e si calcolò, che il numero delle Chiese nestoriane e giacobite superava quello delle Chiese greche e latine140. Venticinque Metropolitani o arcivescovi ne componevano la gerarchia, ma per cagion della distanza e dei rischi del viaggio furono dispensati parecchi dall'obbligo di presentarsi in persona colla condizione, facile da adempirsi, che ogni sei anni darebbero un attestazione della lor fede ed obbedienza al Cattolico o patriarca di Babilonia, denominazione indeterminata, che successivamente si diede alle residenze reali di Seleucia, di Ctesifone e di Bagdad. Queste palme lontane son già disseccate da lungo tempo, e l'antico trono patriarcale141 oggi è diviso fra gli Elijah di Mosul, i quali quasi in linea retta figurano la discendenza dei Patriarchi della primitiva chiesa, fra i Gioseffi d'Amida, riconciliatisi colla Chiesa di Roma142, e i Simeoni di Van o di Ormia, che in numero di quarantamila famiglie nel sedicesimo secolo si ribellarono, e favoreggiati furono dai Sofì della Persia. Oggi si contano in tutto trecentomila Nestoriani, che mal si confusero nella denominazione di Caldei e di Assirii colla nazion la più istruita, e la più poderosa dell'Orientale antichità.

      A. D. 883

      Stando alla leggenda dell'antichità, S. Tommaso predicò l'Evangelo nell'India143. Sulla fine del nono secolo, gli ambasciatori d'Alfredo fecero una devota visita alla sua tomba, situata forse nei dintorni di Madras, e il carico di perle e di spezie che ne riportarono compensò lo zelo del Monarca inglese, che aveva in mente i più vasti disegni di commercio e di scoperte144. Quando fu dai Portoghesi aperta la strada dell'India, già da due secoli aveano stanza i Cristiani di S. Tommaso sulla costa del Malabar; e la differenza di carattere e di colore, che li distingueva dagli abitatori del paese, era una prova della mescolanza d'una razza straniera. Essi superarono gli originarii dell'Indostan nell'armi, nell'arti della pace, e per avventura anche nelle virtù. Quelli che arricchivano coll'agricoltura coltivavano le palme, e il traffico del pepe facea doviziosi i mercadanti; i soldati precedeano i Nair o nobili del Malabar, e il re di Cochino, il Zamorino stesso, o per gratitudine, o per timore ne rispettavano i privilegi ereditari; obbedivano a un sovrano Gentù; ma il Vescovo di Angamala anche pel temporale n'era il governatore. Egli continuava a sostenere i diritti del suo antico titolo di metropolitano dell'Indie; ma era ristretta la sua giurisdizione di fatto a mille e quattrocento chiese e a dugentomila anime. Costoro per la religione che professavano, divenuti sarebbero i più fermi e più amorevoli alleati dei Portoghesi; ma ben presto scorsero gl'Inquisitori fra i Cristiani di S. Tommaso lo scisma e l'eresia, delitti imperdonabili per essi. Invece di sottomettersi al Pontefice di Roma, sovrano temporale e spirituale di tutto il Globo, i Cristiani dell'India, come i loro antenati, aderirono alla comunione del Patriarca nestoriano; e i Vescovi ch'egli ordinava a Mosul, si esponevano per mare e per terra ad infiniti pericoli per giungere alle loro diocesi sulla costa del Malabar. Nella lor liturgia in lingua siriaca eran devotamente rammentati i nomi di Teodoro e di Nestorio; univano nell'adorazione le due Persone del Cristo: il titolo di Madre di Dio feriva le loro orecchie, e con una scrupolosa avarizia misuravano gli omaggi per la Vergine Maria, dalla superstizione de' Latini elevata quasi al grado d'una Dea.145 Quando la prima volta fu presentata la sua immagine ai Discepoli di S. Tommaso, sdegnosamente146 esclamarono: «Noi siam Cristiani e non idolatri!» e la lor divozione più semplice si tenne alla venerazion della Croce. Segregati dall'Occidente, essi ignoravano, fra i miglioramenti, ciò che la corruttela non avea potuto produrre per uno spazio di mille anni; e la lor conformità colla Fede e colle pratiche del quinto secolo debbe imbrogliare del pari i papisti ed i protestanti. Il primo pensiero dei ministri di Roma fu la cura d'interdire ad essi ogni commercio col Patriarca nestoriano, e parecchi di que' Vescovi morirono nelle prigioni del S. Uffizio. La potenza dei Portoghesi, gli artificii dei Gesuiti, e lo zelo di Alessio di Menezes, Arcivescovo di Goa, andato a visitare la costa di Malabar, assalirono questa greggia, privata de' suoi pastori. Dal Sinodo di Diamper, al quale Menezes presedette, fu adempiuta la santa opera dell'unione, e fu imposta ai Cristiani di S. Tommaso la dottrina e la disciplina della Chiesa romana, senza dimenticare la confessione auricolare, stromento il più potente della tirannide ecclesiastica.147 Vi fu condannata la dottrina di Teodoro e di Nestorio, e fu ridotto il Malabar sotto il dominio del Papa, del Primate, e dei Gesuiti, che usurparono la cattedra vescovile di Angamala o Cranganor. Sostennero pazientemente i Nestoriani dodici lustri di servitù e d'ipocrisia; ma non così tosto l'industria e il coraggio delle Province Unite ebbero dato il crollo all'impero de' Portoghesi, difesero quelli con energia e con frutto la religion dei lor padri. Divennero impotenti i Gesuiti a mantenere l'autorità, di che aveano fatto abuso; quarantamila Cristiani rivolsero l'armi contro oppressori arrivati nel punto della caduta di quelli; e l'Arcidiacono dell'India sostenne le incombenze episcopali sino a tanto che dal Patriarca di Babilonia venne mandata una nuova provvigione di Vescovi e di Missionari siriaci. Da che furono espulsi i Portoghesi liberamente si professa sulla costa di Malabar il Simbolo nestoriano. Le compagnie mercantili dell'Olanda e dell'Inghilterra amano la tolleranza; ma se l'oppressione non offende tanto quanto il disprezzo, han motivo i Cristiani di S. Tommaso di lagnarsi della fredda indifferenza degli Europei148.

      II. La storia dei Monofisiti è meno lunga, e meno importante di quella de' Nestoriani. Sotto i regni di Zenone e d'Anastasio, i loro Capi sorpresero la fiducia del principe, usurparono il trono ecclesiastico dell'Oriente, atterrarono la scuola di Siria nella sua terra natale. Severo, Patriarca d'Antiochia, colla più arguta sottigliezza determinò i dommi dei Monofisiti; nello stile dell'Ennotico, condannò le opposte eresie di Nestorio, e d'Eutiche; contro l'ultimo sostenne la realtà del corpo del Cristo, e forzò i Greci a considerarlo come un bugiardo che parlava il vero149. Ma l'approssimazion delle idee non valeva a mitigar la veemenza СКАЧАТЬ



<p>137</p>

Vedi la Topographia christiana di Cosma, soprannominato Indicopleuste, ossia navigatore indiano l. III, p. 178, 179, l. XI, p. 337. L'intiera opera, della quale si trovano degli estratti curiosi in Fozio (cod. XXXVI, p. 6, 10; ediz. Hoeschel), in Thevenot, (prima parte delle sue Relations des voyages ec.), e in Fabrizio (Biblioth. graec., l. III, c. 25; t. II, p. 603-617), fu pubblicata dal padre Montfaucon, Parigi 1707, nella Nova collectio Patrum, (t. II, p. 113-346). Era intenzione dell'autore di confutar l'eresia di coloro, i quali sostengono che la Terra è un globo, e non una superficie piatta e bislunga, come è rappresentata dalla Scrittura (l. II, p. 138). Ma l'assurdità del monaco si trova mescolata colle cognizioni pratiche del viaggiatore, che partì, A. D. 522, e pubblicò un libro in Alessandria A. D. 547. (l. II, p. 140, 141; Montfaucon, Praefat. c. 2). Il Nestorianismo di Cosma, di cui non s'accorse il suo dotto editore, è stato scoperto dal La Croze (Christianisme des Indes, t. I, pag. 40-55), e questa cosa è confermata da Assemani (Bibl. orient., t. IV, p. 605, 606).

<p>138</p>

L'Istoria del prete Gianni nel suo lungo cammino per Mosul, Gerusalemme, Roma, ec. divenne una mostruosa favola, alcuni passi della quale son tolti dal Lama del Thibet, (Hist. généalogique des Tartares, par. II, 42. Hist. de Gengis-Khan, p. 31 ec.), e che poi con un error madornale fu dai Portoghesi applicata all'imperator d'Abissinia. (Ludolfo Hist. Aethiop. Comment., l. II, c. 1). È per altro probabile, che nell'undecimo e duodecimo secolo la orda dei Cheraiti professasse il Cristianesimo secondo i dommi dei Nestoriani (D'Herbelot, p. 256, 915, 959. Assemani t. IV, p. 468-504).

<p>139</p>

Il Cristianesimo della Cina fra il settimo e tredicesimo secolo, è provato in una maniera incontrastabile da documenti cinesi, arabi, siriaci e latini (Assemani Bibl. orient., t. IV, p. 502-552. Mem. da l'Accad. des inscript., t. XXX, p. 802-819). La Croze, Voltaire ec., sono stati ingannati dalla propria furberia, quando, per guardarsi da una frode gesuitica, han voluto considerar per supposta l'iscrizione del Sigan-Fu, la quale manifesta la gloria della Chiesa nestoriana dopo la prima missione (A. D. 636), sino all'anno 781, che è quello dell'iscrizione.

<p>140</p>

Jacobitae et nestorianae plures quam graeci et latini. Giacomo di Vitry, Stor. Geros. l. II, c. 76 pag. 1093, nelle Gesta Dei per Francos. Ne segna il numero il Tomassino, Discipline de l'Eglise, t. I, p. 172.

<p>141</p>

Si può tener dietro alla division del patriarcato nella Bibl. orient., d'Assemani, t. I, p. 523-549, t. II, p. 457 ec., t. III, pag. 603, 621-623, t. IV, pag. 164-169, 423, 622, 629, ec.

<p>142</p>

Fra Paolo nel settimo libro elegantemente presenta il pomposo linguaggio, che dalla Corte di Roma si adopera, quando se le sottomette un Patriarca nestoriano. Ebbe cura il Papa di usare le grandi parole di Babilonia, di Ninive, d'Arbela, i trofei d'Alessandro, Tauride ed Ecbatana, il Tigri e l'Indo.

<p>143</p>

S. Tommaso, che predicò nell'India, di cui parlano alcuni come d'un semplice missionario, altri come d'un manicheo, ed altri finalmente come d'un mercadante armeno (La Croze, Christian. des Indes, t. I, p. 57-70), era per altro celebre anche ai tempi di S. Girolamo (ad Marcellam, epist. 148). Marco Polo seppe colà, che S. Tommaso avea sofferto il martirio nella città di Maabar, ovvero di Meliapour, lontana una sola lega da Madras (D'Anville, Eclaircissemens sur l'Inde, p. 125), là dove i Portoghesi fondarono un vescovado sotto il nome di S. Thomé, e dove il Santo ha fatto ogni anno un miracolo, sino a tanto che non fu interrotto dalla profana vicinanza degl'Inglesi (La Croze, t. II, p. 7-16).

<p>144</p>

Nè l'autor della cronaca sassone (A. D. 883), nè Guglielmo di Malmsbury (De gestis regum Angliae, l. II, c. 4, p. 44), non poteano inventare nel dodicesimo secolo questo fatto straordinario. Non seppero nemmeno spiegare i motivi e il procedere d'Alfredo, e quel che ne dicono di fuga non serve che a stuzzicar la nostra curiosità. Guglielmo di Malmsbury sente la difficoltà dell'impresa, quod quivis in hoc saeculo miretur; e son tentato a credere, che in Egitto prendessero gli ambasciatori inglesi quelle mercanzie e quella leggenda. Alfredo che nel suo Orosio narra un viaggio nella Scandinavia (Vedi Barrington's Miscellanies), non fa menzione d'un altro nell'India.

<p>145</p>

Essendo stato deciso dai Concilii interpreti legittimi dell'Antico, e del Nuovo Testamento, che (come abbiamo veduto) Gesù Cristo Verbo umanizzato dalla stessa sostanza di Dio Padre, era nato dalla Vergine Maria per opera non d'uomo, ma dello Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, e venendo da ciò chiaramente, che Maria era Madre di Dio, non furono superstiziosi i Latini, ossia i Cristiani d'Occidente, siccome non lo sono oggidì tutti i Cattolici, se prestarono, e prestano un Culto distinto a questa Vergine maravigliosa, che essendo stata il mezzo misterioso onde comparve in questa Terra la seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo fatto uomo, il Salvatore de' credenti, era da considerarsi, siccome esclama con santo metaforico entusiasmo la Chiesa, felix Coeli porta. Il Culto dalla Vergine Maria non è dunque un atto superstizioso; è superstizioso quell'atto che non è stabilito ed approvato dai Concilii, cioè dalla Chiesa. È poi inconvenientissima, per lo meno, l'espressione dell'Autore, elevata quasi al grado di una Dea: questo nome Dea è proprio dalla religione politeistica, e non della Cristiana, e l'usarlo può far correre nel pericolo di avvicinare le due idee disgiuntissime di una Dea, e di Maria: bisogna usare molta circospezione nell'adoperar termini non determinati, o ricevuti dai Concilii, e da' S. S. Padri, cioè dalla Chiesa. (Nota di N. N.)

<p>146</p>

Non è idolatria il culto che i Cattolici prestano alle immagini di Cristo, di Maria, e dei Santi: vedi la nostra lunga nota, di sopra. (Nota di N. N.)

<p>147</p>

Il Sacramento della Penitenza, della remissione dei peccati, fu stabilito da Gesù Cristo col noto fatto della Maddalena: la Chiesa andò riducendolo a forma, a discipline prudenziali, e prescrivendolo ad un certo tempo. L'istromento della riconciliazione degli uomini con Dio, come può essere l'istromento della tirannia ecclesiastica? ciò non può essere. Se poi alcuni preti ne hanno abusato, e ne abusano, ciò altro non vuol dire se non che gli uomini abusano perfino delle cose più reverende. (Nota di N. N.)

<p>148</p>

Vedi intorno ai Cristiani di S. Tommaso, l'Assemani Bibl. orient. t. IV, p. 391-407, 435-451. Geddes's Church History of Malabar, e specialmente La Croze, Histoire du Christian. des Indes, in due volumi in 12. La Haye, 1758, opera dotta e piacevole. Questi attinsero alla medesima fonte, cioè dalle relazioni dei Portoghesi e degli Italiani; e i pregiudizi dei Gesuiti sono bastevolmente contrappesati da quelli dei Protestanti.

<p>149</p>

Οιον ειπειν ψευδαληθης, come s'esprime Teodoro nel suo Trattato dell'Incarnazione, p. 245-247, e tale è la citazione che ne fa La Croze (Hist. du Christianisme d'Ethiopie et d'Arménie, p. 35), il quale forse un po' sconsideratamente, esclama, «Che raziocinio miserabile!» Renaudot (Hist. patriarch. Alexand., pag. 127-138), accenna le opinioni espresse da Severo nelle controversie dell'Oriente, e si può vedere la sua vera profession di Fede nell'Epistola da Giovanni il Giacobita, patriarca Antiochia, scriveva nel decimo secolo a Menna d'Alessandria, suo fratello (Assemani Bibl. orient., t. II, p. 132-141).