La regina dei Caraibi. Emilio Salgari
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Название: La regina dei Caraibi

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ style="font-size:15px;">      «I morti nulla possono chiedere.»

      «V’ingannate!… Quando il mare scintilla, io vedo il Corsaro Rosso ed il Verde risalire dagli abissi del mare e fuggire dinanzi la prora della mia Folgore e quando il vento fischia fra le corde della mia nave odo la voce di mio fratello spento sulle terre della Fiandra. Mi capite voi?»

      «Follie!»

      «No!» gridò il Corsaro. «Anche i miei uomini, per molte notti, hanno veduto apparire, fra un fiotto di spuma, gli scheletri del Corsaro Rosso e del Verde. Essi mi chiedono ancora vendetta. La morte della fanciulla che io amavo non è stata sufficiente a calmarli e la loro anima tormentata non si quieterà finchè non avrò punito il loro assassino. Ditemi, dov’è Wan Guld?

      «Voi pensate ancora a lui?» chiese l’intendente. «Non vi bastava la figlia?»

      «No! Vi ho detto che i fratelli miei non si sono ancora placati.»

      «Il duca è lontano.»

      «Fosse anche all’inferno, il Corsaro Nero andrà a trovarlo.»

      «Andate a cercarlo adunque.»

      «Dove?»

      «Io non so dove precisamente si trovi. Si dice però che sia nel Messico.»

      «Si… dice? Voi, che siete il suo intendente, l’amministratore dei suoi beni, lo ignorate? Non sarò certamente io che lo crederò.»

      «Eppure io non so dove si trovi.»

      «Voi me lo direte,» gridò il Corsaro con accento terribile. «La vita di quell’uomo mi è necessaria. Egli mi è sfuggito a Maracaibo ed a Gibraltar, ma ora sono risoluto a scovarlo, dovessi affrontare, colla mia sola nave, anche l’intera squadra del vicerè del Messico.»

      A un tratto cessò di parlare, si alzò e si accostò rapidamente ad una finestra.

      «Cosa avete?» chiese don Pablo, con stupore.

      Il cavaliere non rispose. Curvo verso la finestra, ascoltava attentamente. La tempesta infuriava al di fuori. Tuoni assordanti rombavano in cielo ed il vento ululava per le viuzze facendo strage di tegole e di camini. L’acqua cadeva a torrenti e scrosciava contro i muri della casa e sul lastricato, scorrendo fragorosamente per le vie, ormai convertite in torrenti.

      «Avete udito?» chiese ad un tratto il Corsaro con voce alterata.

      «Nulla, signore,» rispose il vecchio con accento inquieto.

      «Si direbbe che questo vento ha portato fino qui le grida dei miei fratelli!…»

      «Quali sinistre follie, cavaliere!…»

      «No, follie!… Le onde del Mare dei Caraibi trastullano a quest’ora le salme del Corsaro Rosso e del Verde, le vittime del vostro signore.»

      Il vecchio, involontariamente, rabbrividì e guardò il Corsaro con spavento. Era coraggioso ma come quasi tutti gli uomini di quell’epoca era anche superstizioso e perciò cominciava a credere alle strane fantasie del funebre filibustiere.

      «Avete finito, cavaliere?» chiese, scuotendosi. «Voi finirete col farmi vedere dei morti.»

      Il Corsaro si sedette nuovamente dinanzi al tavolo. Pareva che non avesse nemmeno udite le parole dello spagnuolo.

      «Eravamo quattro fratelli,» cominciò egli con voce lenta e triste. «Ben pochi erano valorosi come i signori di Roccabruna, Valpenta e Ventimiglia e pochi erano così devoti ai duchi di Savoia come lo eravamo noi. Terribile era scoppiata la guerra nelle Fiandre. In Francia e nella Savoia combattevamo con estremo furore contro il sanguinario duca d’Alba, per la libertà dei generosi fiamminghi.

      Il duca di Wan Guld, vostro signore, tagliato fuori dal grosso delle truppe franco-savoiarde, si era trincerato in una rocca situata presso una delle bocche della Schelda. Noi eravamo con lui guardiani fedeli della gloriosa bandiera dell’eroico duca Amedeo II. Tremila spagnuoli, con poderose artiglierie, avevano stretta la rocca d’assedio, decisi ad espugnarla. Assalti disperati, mine, bombardamenti, scalate notturne, tutto avevano tentato, e sempre invano. Lo stendardo di Savoia non era stato mai ammainato. I signori di Roccabruna difendevano la fortezza e si sarebbero fatti uccidere sui loro pezzi, anzichè cederla.

      Una notte, un traditore, comperato dall’oro spagnuolo, apre la postierla al nemico. Il primogenito dei signori di Roccabruna si slancia per contrastare il passo agli invasori e cade, assassinato da un colpo di pistola sparatogli a tradimento. Sapete come si chiama l’uomo che aveva tradito le sue truppe e ucciso vilmente mio fratello?… Era il duca di Wan Guld, il vostro signore!

      «Cavaliere!» esclamò il vecchio.

      «Tacete ed ascoltatemi,» proseguì il Corsaro con voce funebre. «Al traditore fu data, in compenso della sua infamia, una colonia del Golfo del Messico, quella di Venezuela, ma si era dimenticato che sopravvivevano ancora tre altri cavalieri di Roccabruna e che questi avevano solennemente giurato, sulla croce di Dio, di vendicare il fratello ed il tradimento.

      Equipaggiati tre vascelli, erano salpati pel grande golfo: uno si chiamava il Corsaro Verde, l’altro il Rosso, il terzo il Nero.

      «Conosco la storia dei tre corsari,» disse il signor de Ribeira. «Il Rosso ed il Verde, caduti nelle mani del mio signore, vennero impiccati come volgari malfattori…»

      «Ed ebbero da me onorevole sepoltura, negli abissi del mare dei Caraibi,» disse il Corsaro Nero. «Ora ditemi: quale pena meriterebbe quell’uomo che ha tradito la sua bandiera e che mi ha ucciso tre fratelli?… Parlate!»

      «Voi gli avete uccisa la figlia, cavaliere.»

      «Tacete, per Iddio!» gridò il Corsaro. «Non risvegliate il dolore che mi morde ancora il cuore. Orsù, basta: dove si trova quell’uomo?»

      «Al sicuro dai vostri attacchi.»

      «Lo vedremo: ditemi il luogo.»

      Il vecchio esitò. Il Corsaro aveva alzata la spada. Un lampo terribile si sprigionava dai suoi occhi. Un ritardo di alcuni secondi e la punta scintillante dell’arma scompariva forse nel petto dell’intendente.

      «A Vera-Cruz,» disse il vecchio, che si vedeva ormai perduto.

      «Ah!…» gridò il Corsaro.

      Si era alzato di scatto per dirigersi verso la porta, quando vide irrompere nella stanza Carmaux.

      Il filibustiere aveva il volto molto oscuro ed i suoi sguardi tradivano una viva inquietudine.

      «Partiamo, Carmaux,» gli disse il Corsaro. «So quanto desideravo sapere.»

      «Un momento, capitano.»

      «Che vuoi?»

      «La casa è circondata.

      «Chi ci ha traditi?» chiese il Corsaro guardando minacciosamente don Pablo.

      «Chi?… Quel gobbo maledetto che lasciammo in libertà,» disse Carmaux. «Abbiamo commessa un’imprudenza che forse pagheremo cara, capitano.»

      «Sei certo che la via sia occupata dagli spagnuoli?»

      «Ho veduto io, СКАЧАТЬ