La crociera della Tuonante. Emilio Salgari
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Название: La crociera della Tuonante

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ un tratto un comando secco echeggiò:

      «Bordate sopravvento!»

      La corvetta, che lottava con le onde, girò quasi di colpo su sé stessa e filò lungo le coste dell’isola Sullivan.

      «I razzi! I razzi!» gridò il Corsaro.

      Testa di Pietra, prevedendo quell’ordine, aveva portato in coperta una cassetta di ferro.

      «Aiutami, Piccolo Flocco, e anche voi, signor boia, se non volete provare di che calibro sono i pezzi del forte di Moultrie.»

      Tre strisce verdi di fuoco salirono in alto, tentennando fra le raffiche, poi scoppiarono proiettando miriadi di scintille d’uguale colore. Un momento dopo altri tre razzi s’alzavano verso l’estremità del canale, appoggiati da un colpo di cannone in bianco.

      «Pronte le ancore!» gridò il Corsaro. «La grossa e la mezzana e due ancorotti da pennello a poppa. A riva i gabbieri! Lesti a raccogliere la gran gabbia ed il trinchetto!»

      La manovra fu eseguita in un istante da due dozzine d’uomini, che pareva fossero stretti parenti delle scimmie. La corvetta fece un’ultima bordata, poi affondò le ancore, con gran fragore di catene, dentro una minuscola baia protetta dal forte. In lontananza rimbombarono alcune cannonate e si scorsero dei lampi, poi più nulla. Erano le navi inglesi, le quali, per precauzione, avevano sprecato alcune palle.

      Il forte di Moultrie, innalzato dagli Americani anche prima che Boston si arrendesse, era stato costruito solidamente e circondato da alte palizzate formate d’un certo legno spugnoso chiamato palmetto, dentro il quale i proiettili si perdevano senza causare gravi rovine. Era stato poi armato con trentasei grossi pezzi d’artiglieria, i quali potevano bastare a tenere a bada la squadra inglese lasciatasi indietro da lord Howe. Gli Americani l’avevano anche provvisto d’una forte guarnigione, poiché nell’isola avevano stabilito un cantiere, dentro il quale lavoravano alacremente giorno e notte carpentieri, mastri d’ascia e marinai per allestire una flottiglia capace d’intraprendere qualunque impresa. E avevano già quasi ultimate cinque navi: l’Alfredo di 32 cannoni; il Colombo pure di 32; l’Andrea Doria di 16; il Sebastiano Caboto di 14 e la Provvidenza di 12.

      Appena la corvetta ebbe dato fondo e gettato un ponte volante, parecchi uomini uscirono dal forte muniti di lanterne e di fucili. Sugli spalti gli artiglieri, per tema d’una qualche sorpresa, soffiavano sulle micce dietro ai loro pezzi. Il Corsaro ed il suo secondo, che si erano affrettati a scendere a terra, esclamarono giocondamente:

      «Il colonnello Moultrie!»

      «E come potevo non trovarmi qui a difendere l’opera che porta il mio nome?» rispose l’eroico soldato, che tanto aveva operato per far cadere Boston. «Buona sera, Baronetto; buona sera, signor Howard. Giungete in buon punto.»

      «Perché, colonnello?» chiese il Corsaro.

      «Perché domani la squadra inglese tenterà di cacciarci via. Sono stato avvertito da alcune spie.»

      «Mio caro, abbiamo lasciato il nostro albero maestro in mezzo al mare.»

      «Fuggito il Marchese?»

      «Purtroppo! Le sue artiglierie ci hanno arrestati in piena volata.»

      «Un albero si fa presto a rimetterlo.»

      «E lord Howe?»

      «Fuggito verso il nord.»

      «Credo che quegli uomini andranno a dare dei grossi fastidi a Washington intorno a New York.» E dopo un breve silenzio soggiunse: «Se la vostra Tuonante ha perduto un albero, avrà ancora, spero, sempre in buono stato i suoi superbi pezzi che hanno fatto una così splendida prova alla foce della Mistica. Sir William, conto su di voi e sui vostri bravi marinai. Più tardi ci occuperemo di questo signor Marchese, e sapremo scovarlo. Ve lo prometto sul mio onore.»

      «Allora son pronto a combattere per la causa americana,» rispose il Baronetto con voce energica.

      In quel momento si udirono le sentinelle collocate sui bastioni gridare: «Allarmi!»

      «Di già il nemico?» chiese il signor Howard.

      «Non me l’aspettavo così presto; tuttavia noi siamo pronti a sostenere l’attacco prima che la fregata venga ingrossata da qualche altra proveniente dall’Europa.»

      Punti luminosi solcavano le cupe acque della baia cambiando sovente direzione. Erano le navi inglesi, che tentavano di sorprendere il forte di Moultrie e possibilmente distruggerlo. Ma gli Americani, che si aspettavano quella mossa, avevano prese grandi precauzioni, facendo occupare il forte Johnson, che guardava i canali di Charlestown, dal reggimento stanziale della Carolina, affidando a quei valorosi la difesa dell’isola di Saint-James. Molti canali erano stati sbarrati con grosse trincee e batterie galleggianti, e i magazzini che sorgevano sulle rive erano stati incendiati per impedire che gl’Inglesi vi si annidassero e potessero ancora minacciare Boston. Il generale Lee, nel quale i combattenti avevano grandissima fiducia, era pure giunto a marce forzate con altri stanziali, occupando numerose isole. Così la lotta, un momento sopita dopo la caduta della capitale del Massachussets, stava per riprendersi con novello furore, quantunque ormai i diecimila soldati di lord Howe fossero già lontani e nell’impossibilità assoluta di portare soccorso a quelli che erano rimasti nella baia.

      Il Corsaro ed il suo luogotenente si erano affrettati a tornare a bordo della corvetta per prepararsi al combattimento che doveva essere certamente terribile.

      Avevano appena dato l’ordine di lanciare la guardia franca nelle batterie, quando alcuni spari rimbombarono in lontananza.

      «Ohe, camerati!» gridò Testa di Pietra. «Bagnatevi il muso, perché fra poco qui farà un bel caldo. Pioverà, ma saranno palle infocate quelle che ci cadranno addosso. Io, per mio conto, preferirei gli acquazzoni delle Bermude. Sono abbondanti, sì, ma più salubri.»

      3. Il valore americano

      La Marina inglese, rabbiosa di aver assistito senza far nulla alla resa di Boston, moveva animosamente all’attacco del forte, che era di grave imbarazzo alle navi provenienti dall’Atlantico, coi rinforzi attesi da lord Clinton, il quale combatteva nelle Caroline con scarsa fortuna. La squadra era composta del Bristol e dello Sperimento, navi quasi di linea, armate di cinquanta pezzi ciascuna e delle fregate Attiva, Altione, Solebay e Sirena di ventotto pezzi; di più vi si erano aggiunti due legni minori da otto, fra cui uno chiamato il Fulmine, nave da bombarde.

      Vi era grande aspettativa tanto da parte degli Americani che degl’Inglesi. Ma questi ultimi si trovarono dinanzi a un grave ostacolo: il canale che fronteggiava l’isola di Sullivan era interrato e rendeva estremamente pericoloso il passaggio alle navi troppo grosse. In previsione di ciò, il generale Clinton, che era rimasto a Charlestown, da dove gli Americani non erano ancora riusciti a cacciarlo, aveva raccolte le poche truppe, per la maggior parte di arrolati tedeschi che aveva sottomano, e le aveva concentrate sull’Isola Lunga, situata a levante di quella di Sullivan, perché, al momento opportuno, assalissero il forte alle spalle, poco difeso da quella parte, e distruggessero soprattutto i cantieri. Il colonnello Moultrie, che insieme al generale Lee aveva disposto un magnifico servizio d’informatori, ne era stato subito avvertito. E il pericolo era gravissimo, poiché il forte, assalito da due parti, nonostante il suo grosso armamento di fronte, poteva essere furiosamente distrutto. Non vi era che un uomo solo che potesse proteggerlo alle spalle: il Corsaro. Difatti la sua corvetta, ferma attraverso il canale, sarebbe forse bastata a tenere indietro Scozzesi, Assiani e Brunswickesi coi suoi СКАЧАТЬ