Название: Poesie scelte
Автор: Giovanni Prati
Издательство: Public Domain
Жанр: Зарубежная классика
isbn:
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Delle carniche rupi, e non la dolce
Edmenegarda mia!»
«Deh! più non dirne;
Mi son pugnale avvelenato all’alma
Le tue parole! Ei sì ancor mi ama Arrigo,
Troppo umano e cortese a questa sua
Miseranda colpevole!… Che fora,
S’ei risapesse?… Oh mio Leoni!… Un serpe
Mi rode il core!… Io lo disamo, io sola;
E si tormenta il misero a vedermi
Tramutata così!»
Può far portenti
La pietà nei gentili. Ed ella intensa
La sentia per Arrigo. Arse Leoni
In quel fiero sospetto: e sulle labbra
Dal core offeso gli suonâr parole
Sino allor non proferte.
– «E cieca or tanto
Fatta sei tu?… Veder ne lo potessi
Sotto i vecchi palagi, com’io ‘l vidi,
Passeggiar sorridendo! Egli divora
Tutte degli occhi queste nostre donne,
E, immemore di te, forse possiede
Nel suo vil desiderio altre sembianze,
Che un raggio, un’orma della tua non hanno».
«– Leoni, è tempo di tacer!»
«Non anco,
Edmenegarda!… Lasciali i rimorsi
A lui che vola a comperati amplessi,
E svergogna cosí questo suo dono.
Non meritato dal Signor!» —
Le guancie
D’Edmenegarda in una calda fiamma
Si tramutâro.
«Ascoltami, Leoni!
Tu menti; è vano il dubitar; tu menti!
Deh, così basso non cader! Non farmi
Più pesante la colpa! Almen mi lascia
Questa alterezza, che in vulgar persona
Io non locai l’affetto. Intender tanto
Non credea dal tuo labbro. Arrigo è fiero,
Arrigo mio, più di quant’altri alberga
La vostra Italia. Ei non sapria macchiarsi
Di gelose menzogne. Egli, il mio sposo,
Pria di mentir, morrebbe. Or via, mi guarda;
Gli occhi ho pieni di lagrime!… Sei pago?»
«– Edmenegarda!… Se le atroci ambasce,
Che mi schiantano il cor le risentisse
Una fragile donna, ella saria
Sepolta già. Dissimular che giova?…
Voi l’amate, l’amate!»
«Oh così fosse!…
Perchè trarmi dal core anche il rimorso?»
«—No, Edmenegarda, non lo dir!… Ma vedi!…
Vedi come per te cieco son fatto!
Questa indomita febbre è la mia parte
D’aria e di sole. Io morirei senz’essa.
Credi, non sente amor chi lo divide!…
Edmenegarda mia, vile io non sono!
Questi crudi, che a voi povere e frali
Insegnaron la colpa, e poi non sanno
Sentir la gioia dell’avervi intere,
Paghi d’un bacio che a sbramar li venga,
Questi tutti son vili!» —
Dallo sguardo
D’Edmenegarda, ai concitati accenti,
Lampeggiò l’allegrezza; e intorno al collo
Gli ripose le braccia; e figli e sposo
Svaniron lenti dalla sua memoria
Sotto il vel dell’oblio, che il novo affetto
Continuatamente iva tessendo
Più fitto sempre.
Ma sorrider lieta
Già non sapeva.
– «Oh mio Leoni! Infauste
Giornate il cor mi presagisce. Ah sempre
Amami, sempre com’io t’amo; e queste
Parole mie non oblïar. La terra
Mi tesserà dolori, avvilimenti;
Io sarò forte a sostenerli. In core
Mi languirà la prece, e disperata
Io non cadrò. Se mi mancasse il pane,
Non saliranno i miei lamenti a Dio;
Me l’avrò meritato!… Ma, se mai
Tu… mi lasciassi…»
«Angiolo mio! Quai fole
Per la mente ti passano? Sorridi,
Edmenegarda. Or via; caccia dall’alma
Queste vaghe paure!… E non ti basta
L’amor mio tanto?…»
«Oh sì, mi basta!… E vedi
Ch’io son tranquilla. Ma tu pur, diletto,
Non affannarmi; non voler ch’io tremi
Dell’ire tue! Qual gloria indi n’avresti?…
Che resta a noi, se non amarci?» —
A queste
Voci d’affetto sospirò Leoni
Di profonda amarezza, ed esitando
La man le porse, come con quell’atto
Perdon le dimandasse dello averla
Contristata così.
Sul core afflitto
Ella serrò la cara mano… e tacque!
Molti dolori chi molto ama oblia!
Sceso era già dall’orizzonte il sole
E in grembo alle romite aure del loco
Movea un suon di reconditi sospiri
Rotti da qualche inebrïato accento.
Ma quella sera sulle dolci mura
Calâr tetri i crepuscoli; alle imposte
Mugolarono i venti; e sembrò voce
Quasi di pianto il mormorar de’ flutti.
Anche l’addio delle tremanti bocche
Alla forzata ilarità del volto
Non rispose quel dì.
Nelle fatali
Soglie si nascondea la preparata
Ira del Nume; un innocente bimbo.
Il sottil laccio tra la siepe al falco
Ghermisce il collo, e la invisibil goccia
Colmo alle ripe l’Oceàn travolve.
Per quelle sale con aerei passi
Trasvolando Leoni, non s’avvide
Del fanciulletto che di là per caso
Passava. Urtollo; e il poverino a terra
Giacque ferito nella bella fronte.
Leoni come lampo gli si tolse
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