Le Veglie Di Giovanni. Johann Widmer
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Le Veglie Di Giovanni - Johann Widmer страница 7

Название: Le Veglie Di Giovanni

Автор: Johann Widmer

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 9783752940992

isbn:

СКАЧАТЬ (grave malattia del fegato indefinita) e continuava: “Ma cosa vuoi avere degli scrupoli, non danneggi nessuno. Lo stato deve pagare e imbrogliare è onorevole, dimostra la tua furbizia. Cosa hai pagato finora di tasse e imposte e che cosa hai avuto in cambio? Niente, proprio un bel niente. I senatori in parlamento vivono come vermi nel lardo, gli impiegati di tutte le categorie vivono come Dio in Francia, il reggimento degli inutili servi dello stato diventa sempre più grande, dappertutto il denaro viene sperperato, dappertutto il denaro viene rubato... e noi, cosa facciamo? Noi possiamo solo pagare tutte le bustarelle! Ecco!”

      Beppe doveva dargli ragione, si era già fatto simili pensieri.

      Il suo cervello iniziava a lavorare. Potrebbe stare sempre assieme alle sue capre, costruire finalmente una stalla sicura, piantare una seconda fila di viti, forse lavorare un po’in nero e avere le tasche piene di soldi. Nemmeno più incubi notturni di massi che cadono giù, di mani strappate della sega a catena e di piedi fracassati e sanguinanti.

      Quando toccava a lui entrava nell’ambulatorio zoppicando e gemendo dal dolore. L’ulcera si era ridotta ma i dolori si erano all’improvviso estesi anche sui fianchi. Quando il dottore tastava la colonna vertebrale, urlava.

      Preoccupato il medico prescriveva il ricovero all’ospedale dove gli specialisti potevano visitarlo in modo più accurato. Gli consigliava urgentemente, nel frattempo, di non alzare pesi, di non fare movimenti inutili e di riguardarsi.

      Allora il povero Beppino veniva sottoposto ad un intervento alla schiena, alcuni mesi dopo al menisco sinistro. In ospedale faceva conoscenza con l’appendicite e i suoi sintomi, ma questo per il mese seguente. Persino dopo l’operazione alla prostata, e prima della rimozione di un rene ebbe un intermezzo col cardiochirurgo, ma la sua pensione non arrivava ancora.

      Beppino inorridiva, ma era fermamente convinto di giocare il macabro gioco sino alla fine.

      Si faceva tagliare via quasi tutto, rimpiazzandolo con acciaio, plastica e quant’altro la nostra scienza medica odierna avesse ancora da offrire, e lei può tanto, in questo campo, tanto tanto.

      Al povero diavolo erano rimasto soltanto pochi pezzi vitali, che non fossero stati riparati, cuciti, cauterizzati, trafitti dal Laser o rimpiazzati.

      Ma della pensione nessuna traccia.

      Infine, aveva saputo che la pensione si riceveva su richiesta (e con una bustarella).

      Il suo competente, unto e lisciato funzionario del sindacato lo mandava con un formulario compilato (acqua nelle articolazioni senza possibilità di drenaggio) da due medici di fiducia che a loro volta, senza visitarlo, mettevano la loro sporca firma sul documento e tutto era OK.

      Quello che restava di lui riscosse una pensione di invalidità totale.

      Eh sì, mio caro Beppino, è talmente semplice. Beppino era fiero.

      Avevo fregato lo Stato in piena regola.

      Sì, con una gamba sola, un occhio solo, un rene solo, un braccio solo, sordo come una campana, un pacemaker e diverse uscite artificiali, se lo prendeva una donna giovane e carina che sapeva apprezzare il vero valore di una pensione di invalidità.

      Ci rallegriamo di cuore della felicità del povero Beppino ed aspettiamo con gioia l’aumento del contributo statale per la previdenza sociale.

      Mucca Pazza

      La grande immigrazione dal Nord iniziava negli anni ’70, quando il nostro territorio si era svuotato dei contadini che erano diventati abitanti delle città, mentre tedeschi, svizzeri, olandesi e Dio solo sa da dove venivano tutti quanti, iniziarono a comprare i poderi abbandonati, trasformandoli in raffinate dimore di campagna o ville.

      Ma quanto denaro hanno sprecato!

      Certo, erano soldi loro. E i nostri artigiani ne traevano profitto alla grande.

      Ma oltre ai proprietari dei casolari, spesso persone modeste venute qui per “giocare ai ricchi” e darsi delle arie, arrivarono anche altri, quelli che qui volevano “giocare ai contadini”. La maggior parte di loro erano abitanti di città senza la più pallida idea di agricoltura, ma con la testa piena di idee “bio”. Tutte persone simpatiche, forse un pò strambe, ma non più di tutti noi.

      Anche noi avemmo la fortuna di avere dei vicini siffatti, rendendoci felici della loro presenza.

      Erano veramente due persone carine.

      Lui, un tipo studioso, sempre con il naso in qualche libro nel quale c’era l’esatta descrizione di come si doveva trapiantare l’insalata, seminare il grano, tosare le pecore e potare gli alberi.

      Lei, una ragazza focosa e piena di vita, sapeva ridere di cuore, evitava però volentieri la faticosa vita nei campi.

      Durante le lunghe serate davanti al ceppo scoppiettante del caminetto, mi raccontavano del loro “mal di città” con i suoi eccessi culturali e della loro attuale ricerca di una vita in campagna, vicina alla natura, sana, legata alla terra, felice, liberatoria e alternativa.

      In una di queste sere si discuteva a fondo dell’esperimento “mucca”.

      Per voler essere autosufficienti, prima o poi si arriva alla mucca.

      Ci offre tutti gli alimenti di importanza vitale come latte, panna, burro, formaggio, yoghurt, kefir e in più un mucchio di letame. Facendo parte dei ruminanti, attaccati alla terra, ci regalono anche un concime particolarmente armonioso e fertile, talmente ricco di forze cosmiche e slancio dinamico per le piante. Questo nobile animale sarebbe praticamente il perpeteuum mobile, dimostrando in pieno la circolarità ecologica dell’energia solare, dal letame fino all’insalata.

      Sostenevano semplicemente che l’intervento distruttivo della natura da parte dell’uomo moderno, tecnologico e avido di denaro, sarebbe stato la causa della sovra-produzione di latte, montagne di burro e di carne.

      Questi erano gli argomenti dei miei vicini.

      Basta sognare delle mucche e già si trova un commerciante di bestiame davanti alla porta.

      Un omino piccolo, scarno, vivacissimo che aveva risposte per tutte le stalle dei paraggi, arrivato qui al momento giusto, per caso.

      Lui sa sempre quali sono i contadini costretti a vendere per mancanza di foraggio o di denaro, si tratta di buone occasioni, e di poter scegliere il miglior capo di bestiame in una stalla.

      Essendo mediatore, prendeva la percentuale, per il resto non aveva tanto da fare, a parte sussurrare ogni tanto qualcosa nelle orecchie di un partito o dell’altro.

      Questa volta tirava fuori qualcosa di speciale dalla sua scatola magica: il vecchio Dino voleva comprare una Alfa Romea extra-super-sport per suo nipote più grande e a questo scopo metteva profondamente mano alla sua stalla.

      Un’occasione unica, un’offerta speciale, direi a un prezzo praticamente scontato.

      Già il giorno seguente le due personcine mi riempivano le orecchie raccontando entusiasticamente del loro vantaggioso aquisto. La mucca, neonato incluso, dolcissimo e graziossisimo vitellino, a un prezzo irrisorio.

      E questa loro mucca non era una mucca dozzinale. Per niente: fresca di pascolo, forgiata dalla natura e legata alla terra. Non come quelle povere e degenerate mucche СКАЧАТЬ