Название: Le Cacciatrici Di Mostri
Автор: Gemma Cates
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Ужасы и Мистика
isbn: 9788835430988
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Lo sfregamento dei jeans strofinava il mio clitoride sensibilizzato, e io potevo percepire la liscezza tra le gambe. E che cavolo?
Era un patetico, arrogante stronzo, ma un patetico, arrogante stronzo sexy, e sembrava che premesse i miei pulsanti.
Peccato che fosse un mostro-in-attesa.
Non mi facevo i mostri.
Avevo di nuovo cambiato posizione.
Tecnicamente, lui non era un…
Non ancora.
Lo avevo gelato con lo sguardo, perché il percorso circolare che avevo appena seguito nella mia testa era colpa sua. Quell’arrogante, sexy, coglione era venuto qui, agendo come se gliene importasse, volendo aiutare. Interferiva con il mio radar dei mostri, ma io non ero attratta dai mostri. Non lo sarei mai stata.
Lo scopo non era venire; catturare un killer lo era. Pertanto, avevo bisogno di archiviare l’attrazione che provavo per quest’uomo nel cassetto del non-succederà-mai e andare avanti.
Avevo lanciato un’occhiata glaciale a Miller. “Non conduci le danze tu su questo caso, Miller. Non è così che funziona, indipendentemente da quanti soldi hai versato a Rafe.”
“Alla corporazione, non a Rafe. Non sono un disonesto. Non corrompo nessuno, io. Ho fatto una donazione a un’organizzazione rispettata.”
Un licantropo che dichiarava la sua onestà, come se quello avesse importanza.
Ne aveva. Per me.
Di solito, non per i mannari.
Di solito, i mannari non si preoccupavano delle vittime delle violenze dei mannari. Non si preoccupavano di seguire le regole. Non si preoccupavano dell’onestà.
Ero in grado di smascherare un bugiardo persino meglio che scovare un mostro. Questo tizio non mi stava mentendo.
Merda. E ora ero davvero bagnata.
Questo coglione doveva andarsene dal mio ufficio.
Così avrei potuto lavorare al caso.
Risolvere il caso.
La mia testa doveva essere nel gioco, la mia concentrazione sul caso.
E dopo aver eliminato Mark Jared, sarei uscita e mi sarei fatta una scopata. Ovviamente, era passato fin troppo tempo.
Il caso…
Avevo tamburellato sui fascicoli con un dito. Rafe mi aveva appena assegnato questo caso, ma ciononostante era bastata una rapida occhiata per vedere lo schema. Il killer colpiva di notte.
“Sono le dieci. Questo tizio non aggredisce nessuno durante il giorno. A meno che tu non sappia dove posso trovare Jared o quale sarà il suo prossimo bersaglio, sarà meglio che porti via il culo dal mio ufficio e mi lasci lavorare.”
Non si era mosso.
Poi le sue narici si erano spalancate.
Non era umano.
Era un quasi-mostro.
Lo avevo capito nel momento in cui era entrato nel mio ufficio. Lo chiamavo il mio radar dei mostri, ma in realtà era quel po’ di magia che avevo dentro, che tutte le Van Helsing avevano dentro, che ci permetteva di vedere creature, bestie, esseri magici – coloro che sarebbero diventati mostri con alcune scelte sbagliate.
Barrett Miller non era umano.
Era un licantropo, con tutti i conseguenti vantaggi fisici dell’essere quella bestia… compreso un acuto olfatto.
Il mio sguardo era scivolato dal feroce sorriso che aveva in faccia alla violenta erezione che stava manifestando. Barrett Miller era dotato più come un cavallo che come un lupo. Un fatto che avrei preferito non conoscere.
Era seduto di fronte a me, eccitato dall’odore della mia eccitazione.
Gli avevo lanciato un sorriso freddo. “Fuori.”
Se n’era andato, ma non prima di sistemarsi la sua erezione. Non aveva nemmeno finto un tentativo di discrezione. Cazzo, ero piuttosto sicura che si fosse dato una rapida tirata, il coglione.
Pure il breve accenno della sua grossa mano sul suo uccello rigido, e mi venivano in mente dei pensieri. Pensieri sconci su Barrett Miller, sul suo uccello, sulle sue mani, sulla sua lingua, sulle sue dita…
Sembrava come quando qualcuno deve masturbarsi prima di poter concludere un qualsiasi lavoro.
Io ero così.
Avrei dovuto masturbarmi.
E decisamente, quando l’avessi fatto avrei avuto in testa del sesso con qualcuno che si odia, nel mio caso un certo licantropo.
Piccolo problema: non ero sicura contro chi fosse diretto quell’odio. Contro di lui, per avermi eccitata? O contro di me, per essere così eccitata? Ero scivolosa e pronta per una sveltina con un fottuto mostro-in-attesa.
Due orgasmi.
Quel fottuto stronzo mi aveva distratta così tanto che avevo dovuto chiudere a chiave la porta del mio ufficio, farmi un ditalino e stuzzicarmi il clitoride per avere due orgasmi completi. E non avevo nemmeno aspettato che Eric andasse a pranzo per farlo.
Quella roba non era normale per me, e decisamente mi faceva sentire come se avessi fatto il culo a Barrett fottuto Miller.
Non avevo tempo per due fottuti orgasmi.
Ma dopo quello, me lo ero tolto di mente. Dovevo dare la caccia a un mostro.
Erano passate due ore, e avevo letto dettagliatamente ciascuno dei fascicoli. Inoltre, Eric era riuscito a farsi dare da Rafe il quarto fascicolo, sebbene lui non lo considerasse parte del caso, poiché mancavano prove fisiche che puntassero alla morte dell’uomo scomparso.
Era possibile che la sua riluttanza avesse più a che fare con il fatto che l’uomo non era umano. Era un mannaro. Una specie di gatto, non lupo, ma come Barrett Miller e Mark Jared, trasformato, non nato.
Doveva essere difficile vivere all’interno dei confini cittadini di Austin. I texani potevano scambiare il profilo indistinto di un lupo per un cane, ma in nessun modo avrebbero scambiato un grosso gatto selvatico per un randagio.
Cane, gatto, lupo, a Rafe non importava. Lui provava un odio scatenato per tutti i mostri. Almeno, così sembrava.
Strano, riflettendoci.
Rafe, come me, non era del tutto umano. I mostri erano definiti da più della loro mancanza di umanità. I mostri davano la caccia agli umani, e le persone come Rafe, le mie sorelle e me proteggevano l’umanità. Detto ciò, noi non eravamo umani ma nemmeno mostri, bensì una via di mezzo.
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