Название: La Trasformazione: Sull'Eterno Corpo Glorioso Spirituale E Sul Nulla Eterno Infernale
Автор: Guido Pagliarino
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Философия
isbn: 9788873046370
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Può essere interessante ricordare per inciso che per Platone non si tratta di persone spirituali da una parte e di altre irrimediabilmente materiali dallâaltra, ma gli spiriti son stati resi tutti imperfetti dalla carne in cui sono stati imprigionati per colpa del Demiurgo, e però gli stessi, teoricamente tutti, possono giungere a perfezione e alla salvezza nellâEssere grazie alla ricerca durante una o più reincarnazioni, ricerca che comprende anche quella etica: quella stessa perfezione che, verosimilmente, il filosofo doveva ritenere dâaver ormai raggiunta egli stesso. Evidente è lâinfluenza su Platone del pensiero reincarnazionista orientale, forse non conosciuto direttamente dal filosofo ma assunto dal pitagorismo (cfr. il Fedone platonico) il cui pensiero non è dissimile da quello dellâinduismo, tanto che per Pitagora anche gli animali partecipano allo stesso ciclo delle nascite e rinascite; Pitagora a sua volta poteva aver assunto lâidea dalla dottrina orfica che, reincarnazionista, vedeva nella ricerca e ritrovamento della memoria della propria origine divina lâunica possibilità dâuscita dalla ruota delle rinascite e di accesso finale al mondo dei giusti. Lâidea di reincarnazione è anche uno dei cardini del successivo neoplatonismo; e qualche suggestione in merito tocca forse, per un momento, pure santâAgostino che sappiamo influenzato dal neoplatonismo di Plotino; egli scrive nelle sue âConfessioniâ: âDimmi, Signore, dimmi se la mia fanciullezza venne dietro ad altra mia età morta prima di essa e se prima ancora di quella vita, o Dio mia gioia, io fui forse in qualche altro luogo o in qualche altro corpo.â
Nel caso del concetto antropologico B) secondo il quale lâanima-psiche è spirituale e immortale, si ha dapprima la discesa allâinferno, vissuto, della sola anima pneumatica immortale e, alla fine del mondo, pure del corpo che si riunisce eternamente allâanima; quindi si soffre anche una perenne pena fisica, come aveva scritto santâAgostino nellâopera âDe catechizandis rudibusâ: âQuelli che deridono la resurrezione, credendo che questa carne che si decompone non può risorgere, risusciteranno in essa per le pene e Dio dimostrerà loro che chi poté fare questi corpi prima che fossero, può in un attimo restituirli così come erano.â13
Nel caso della concezione C), diversa sia da quella di anima immortale alla Platone, sia da quella del perituro sinolo umano alla Aristotele, mentre il corpo del giusto con la sua individuale psiche-anima risorge, quello del peccatore non pentito, semplicemente, resta morto: lâinferno coincide con la morte eterna della persona. Si possono al riguardo richiamare, fra altre affermazioni del Nuovo Testamento, la testimonianza di Gesù nel Vangelo secondo Giovanni: âIo sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà ; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno [â¦]â14 e, per contro, si può ricordare lâammonizione di san Paolo nella lettera ai Romani: â[â¦] il salario del peccato è la morteâ (Rm 6, 23); san Paolo tuttavia aggiunge, nello stesso versetto, âma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.â
Per inciso, può essere interessante unâosservazione relativa alla più volte citata concezione antropologica aristotelica del sinolo umano che, comunque, per lo Stagirita è mortale tanto che la persona sia stata giusta quanto che sia stata peccatrice: Tal idea, dopo essere passata in ambiente culturale arabo, insidia in tempo rinascimentale il credo di cristiani neo aristotelici; in particolare, influisce sullâillustre filosofo Pietro Pomponazzi il cui relativo pensiero, pubblicato nel 1516, viene giudicato eretico quasi immediatamente dal V concilio Lateranense, svoltosi fra il maggio 1512 e il maggio 1517 â vedi anche lâAppendice 2, I 21 concili ecumenici della Chiesa e tracce dei relativi argomenti trattati -, concilio che tuttavia, più che richiamarsi allâaffermazione di san Paolo sulla trasformazione del corpo umano da materiale a spirituale, si basa sul platonismo con la sua anima umana naturalmente immortale. Sâera scritto in un precedente saggio15 : âIl filosofo arabo Averroè (Ibn Rushd, 1126-1198) tanto tempo dopo Aristotele, afferma dietro di lui che lâintelletto produttivo16 è unico comâè unica la specie umana e conclude espressamente che non câè permanenza in vita per la persona ma solo per le specie e che di quella umana sopravvive lâintelletto produttivo, cioè la razionalità dellâuomo di tutti i tempi, e non lâanima intellettiva personale17 . Lâidea dâAverroè passa a un certo numero di cristiani colti, causando crisi di fede, tanto più che Aristotele è ormai considerato in quel tempo quasi un cristiano ante litteram, in qualche modo ispirato da Dio, almeno di fondo, prima della venuta di Cristo. Tra coloro che perdono la fede ragionando sullâinseparabilità di anima e materia, câè il noto filosofo cristiano e aristotelico Pietro Pomponazzi (1462-1524), anche se continua a manifestarla pubblicamente, come tanti altri, secondo la cosiddetta doppia verità , religiosa e filosofica: un atteggiamento â che viene attribuito erroneamente allâaristotelismo averroista â tutto sommato di comodo perché mostrarsi credenti evita di correre rischi con lâInquisizione e, comunque, di perdere privilegi sociali. Il Pomponazzi scrive un suo trattato sullâimmortalità dellâanima proponendosi dâesporre fedelmente la dottrina dâAristotele, diversa da quella, a suo parere, stravolta dalla dottrina cattolica scolastica e in particolare da san Tommaso dâAquino, il quale secondo lui avrebbe coperto con la ragione quanto doveva riguardare la sola fede. Il Pomponazzi, in sintonia con Averroè, conclude che lâanima non può svolgere la propria più alta funzione, quella intellettiva, se privata dei dati provenienti dagli organi del corpo: anche per lui, morto il corpo, morta lâanima; ovvero, per il principio della doppia verità , se per la fede lâanima è immortale, secondo ragione invece muore col corpo, con cui costituisce unâunità vale a dire forma una singola persona, cioè, aristotelicamente, è un sinolo.
Lâerrore sta nel vedere la sopravvivenza in modo platonico, possibile cioè solo grazie a unâanima intrinsecamente immortale, invece di contemplare paolinamente, e pure secondo la Genesi, lo spirito di vita di Dio che, secondo il Cristianesimo del I secolo, non solo mantiene viva la persona sulla terra ma la fa risorgere dopo la morte, o per meglio dire la mantiene viva nellâEssere eterno, in modo soprannaturale, prescindendo dalla naturale mortalità del suo corpo e della sua inscindibile anima.
Parlerò ancora della sopravvivenza a proposito dei cosiddetti Novissimi, parola che è la trascrizione in italiano del termine latino plurale novissÄma cioè cose estreme o ultime. A volte lo si trova citato in greco antico come éschata. Sâintende parlare in sintesi, usando tal vocabolo, di Paradiso (lâunico che si deve, o si dovrebbe, scrivere con lâiniziale maiuscola perché è un soprannome di Dio), di purgatorio, accolto dai soli cattolici e dâinferno.
Dirò anche qualcosa, per inciso, sul limbo dei neonati e dei giusti morti senza battesimo e di come nacque fra i teologi tal fantasiosa idea del limbo, non dogmatica nemmeno per i cattolici.
Intanto torniamo ai casi A), B), C) più nei particolari e cominciamo, nel capitolo seguente, a esaminare il caso A, la risurrezione del solo animo.