Venezia. Ciminiere Ammainate. Alfredo Aiello
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Название: Venezia. Ciminiere Ammainate

Автор: Alfredo Aiello

Издательство: Tektime S.r.l.s.

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isbn: 9788873042457

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СКАЧАТЬ ma anche introdurre nei programmi temi più audaci, che potrebbero essere forieri di freschezza nel dibattito. Pensiamo al tema del lavoro. Possiamo chiederci con Rozzi: «Davvero il lavoro è sempre un’espressione costruttiva dell’uomo?» (63 Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, Il Mulino, Bologna 1997, p. 7).

      In certe culture primitive è così presente la consapevolezza della distruttività del lavoro da trasformarsi religiosamente in rito, per esempio quello che ripara la terra “ferita” dall’aratro.

      

      

       “Questo elemento di violazione e di violenza è presente in ogni fabbricazione, e homo faber, il creatore del mondo dell’artificio umano, è sempre stato un distruttore della natura. L’ animal laborans, che con il suo corpo e con l’aiuto di animali addomesticati alimenta la vita, può essere il signore e padrone di tutte le creature viventi, ma rimane ancora il servo della natura e della terra; solo homo faber si comporta come signore e padrone di tutta la terra” (64. Arendt H., Vita activa: la condizione umana, Bompiani, Milano 1989, pp. 99-100).

      

      

      Oggi vi è la consapevolezza sempre più diffusa che la natura non è inesauribile: distruzione di risorse, inquinamento, spreco sono il prezzo pagato alla nostra opulenza. Nel futuro del mondo capitalistico avanzato, e quindi anche di Porto Marghera, il lavoro tenderà a essere un luogo di convivenza e di scambi anche per la diminuita necessità del lavoro come tradIzionalmente inteso e realizzato. Forse sta in questo passaggio quello che a volte appare come un vero e proprio smarrimento della classe dirigente veneziana, un passaggio che vede aumentare le possibilità di sostituire il lavoro tradizionale, centrato sulla performance, con l’attività. È drasticamente diminuito, direbbe Marx, il lavoro vivo, grazie ai considerevoli progressi tecnologici. E, nello stesso tempo, è aumentato il lavoro rivolto alle persone. Sono cresciute, nello stesso settore industriale, attività non produttive di beni materiali: comunicare, vendere, organizzare, formare professionalmente. Sono tutte attività che hanno al centro la cura dell’uomo e sono caratterizzate dal rapporto non invasivo, non distruttivo con la natura. Ciò rappresenta un netto cambio di direzione e può darsi che per questo «imprenditori, sindacalisti, politici, abbiano paura di una perdita di potere sul lavoro» (65. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, p. 52).

      O forse il sistema economico è impossibilitato ad accogliere un simile cambiamento. Dahrendorf si chiede e si risponde:

      

      

      Â«Esiste un punto di aggancio nel campo dell’istruzione, che può contribuire a spianare la strada dalla frantumante società del lavoro all’attraente società dell’attività? A questa domanda non ho risposta» (66. Dahrendorf R., Per un nuovo liberalismo, Laterza, Bari 1988, p. 159).

      

      

      Si è impreparati dinanzi alle aumentate possibilità di cominciare a sostituire il lavoro tradizionale con l’attività, verosimilmente perché viviamo sotto la spinta di un modello di economia capitalistica con il suo problema che «non è in primo luogo produrre ancora più merci, ma produrre sempre di più gli uomini destinati a consumare queste merci» (67. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, p. 86).

      

      

      Anche a Porto Marghera la cultura dell’industrialismo non ha tenuto conto a sufficienza di quanto

      Â«il lavoro che investe la natura sia diverso da quello rivolto all’uomo... fare il poliziotto, l’infermiere, l’insegnante non è un semplice e positivo produrre, ma è innanzitutto far sì che non accada nell’uomo qualcosa di negativo» (68. Rozzi A.R., Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?, cit., p. 87).

      

      

      Forse ciò è avvenuto perché la cultura del lavoro è troppo riduttiva e finisce per non considerare la complessità dell’uomo e dei suoi bisogni. Su questo terreno esiste uno spazio politico che può segnare in profondità la prospettiva di un vecchio polo industriale che può e dovrebbe rimanere un degno attore della vita economica di Venezia.

      

      

      

      

      Parte seconda

      

      

      

      

      SEDICI INTERVISTE SU PORTO MARGHERA 1999-2006

      

      

      

      

       La libertà riservata ai soli fautori del governo... non è libertà.

       La libertà è sempre la libertà di chi pensa diversamente.

      Rosa Luxemburg

SEDICI INTERVISTE SU PORTO MARGHERA 1999-2006

      Gastone Angelin, Porto Marghera e le lotte operaie

       Dal 1957 al 1962 segretario della Fiom di Venezia. Dal 1962 al 1972 nella segreteria del Pci di Venezia, prima con l’incarico di responsabile per il territorio di Mestre e poi come responsabile per la zona industriale di Porto Marghera. Dal 1972 al 1975 segretario della Federazione del Pci di Venezia. Dal 1979 al 1987 senatore della Repubblica.

      

      

      Incontro Gastone proprio mentre è in corso l’intervento militare della Nato in Serbia. Ed è il primo argomento di cui parla. Mi appare sofferente per il dramma umano che si consuma («pagano sempre i più deboli»). Lui che ha conosciuto la guerra e militato da ragazzo nella Resistenza, noto a Venezia per la sua determinazione e coraggio negli anni difficili per la vita democratica del nostro Paese. Nell’analisi politica, però, è molto lucido e chiaro («Le posizioni di Milosevic sono insostenibili, ma 19 paesi con 500 milioni di abitanti non possono usare armi tanto distruttive contro qualche milione di serbi. C’erano altre strade per indurre Milosevic alla ragione»). Veniamo all’intervista.

      

       C’è qualche fatto particolare che segna il 1970 a Porto Marghera?

      

      

      C’è СКАЧАТЬ