I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3. Анна Радклиф
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Название: I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3

Автор: Анна Радклиф

Издательство: Public Domain

Жанр: Ужасы и Мистика

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СКАЧАТЬ Si rammentò i discorsi relativi allo stato dell'anime, e la melodia intesa, e della quale la sua tenerezza, a dispetto della ragione, aveva ammesso il senso superstizioso. All'improvviso, i suoni d'una dolce armonia parvero traversar l'aere; rabbrividì, ascoltò qualche minuto in una penosa aspettativa, sforzandosi di raccogliere le idee e ricorrere alla ragione. Ma la ragione umana non ha impero sui fantasmi dell'immaginazione, più che i sensi non abbian mezzi per giudicare la forma dei corpi luminosi, che brillano e tosto si estinguono nell'oscurità della notte.

      La sorpresa di lei a quella musica sì dolce e deliziosa, era per lo meno scusabile, essendo già molto tempo che non udiva la menoma melodia. Il suono acuto del piffero e della tromba era la sola musica che si conoscesse nel castello di Udolfo.

      Allorchè si fu un poco rimessa, cercò assicurarsi da qual parte venisse il suono. Le parve che partisse dal basso del castello, ma non potè precisarlo. Il timore e la sorpresa cedettero tosto al piacere di un'armonia, che il silenzio notturno rendeva ancor più interessante. La musica cessò, e le idee di Emilia errarono a lungo su questa strana circostanza; era singolare udir musica dopo mezzanotte, allorchè tutti dovevano essere al riposo, e in un castello ove da tanti anni non erasi inteso nulla che vi somigliasse. I lunghi patimenti avevanla resa sensibile al terrore, e suscettibile di superstizione. Le parve che suo padre avesse potuto parlarle con quella musica, per ispirarle consolazione e fiducia sul soggetto ond'era allora occupata. La ragione le suggerì però questa congettura esser ridicola, e la respinse; ma, per un'inconseguenza naturale della fantasia riscaldata, si abbandonò alle idee più bizzarre: rammentò il caso singolare che aveva posto Montoni in possesso del castello; considerò la maniera misteriosa della scomparsa dell'antica proprietaria; non si era mai più saputo nulla di lei, ed il suo spirito fu colpito da paura. Non eravi nessun rapporto apparente tra quell'avvenimento e la melodia, eppure credè che queste due cose fossero legate da qualche vincolo segreto.

      Finalmente si ritirò dalla finestra, ma le tremavano le gambe nell'accostarsi al letto. Il lume stava per estinguersi, ed ella fremeva di dover restare al buio in quella vasta camera; ma vergognandosi tosto della sua debolezza, andò a letto pensando al nuovo incidente, e risoluta di aspettare la notte successiva all'ora istessa per ispiare il ritorno della musica.

      CAPITOLO XXV

      Annetta venne da lei la mattina senza fiato. « Oh! signorina, » le disse con tronche parole, « quante cose ho da raccontarvi! Ho scoperto chi è il prigioniero, ma non era il prigioniero; è quello chiuso in quella camera, di cui vi ho parlato, ed io l'aveva preso per un'ombra!

      – Chi era quel prigioniero? » chiese Emilia, ripensando al caso della notte scorsa.

      – V'ingannate, signora, non era prigioniero niente affatto.

      – Chi è dunque?

      – Beata Vergine! come son rimasta! L'ho incontrato poco fa sul bastione qui sotto! Ah! signora Emilia, questo luogo è proprio strano. Se ci vivessimo mill'anni, non finirei mai di stupirmi. Ma, come vi diceva, l'ho incontrato sul bastione, e certo pensava a tutt'altro che a lui.

      – Queste ciarle sono insopportabili; di grazia, Annetta, non abusare della mia pazienza.

      – Sì, signorina, indovinate? chi era mo; è una persona che voi conoscete benissimo.

      – Non posso indovinarlo, » rispose Emilia con impazienza.

      – Ebbene, vi metterò sulla strada. Un uomo grande, col viso lungo, che cammina con gravità, che porta un gran pennacchio sul cappello, che abbassa gli occhi quando gli si parla, e guarda la gente di sotto le ciglia negre e folte! Voi l'avete veduto mille volte a Venezia; era amico intimo del padrone. Ed ora, quando ci penso, di che aveva egli paura in questo vecchio castello selvaggio per chiudervisi con tanta precauzione? Ma adesso prende il largo, ed io l'ho trovato poco fa sul bastione. Tremava nel vederlo; mi ha fatto sempre paura; ma non voleva che se ne accorgesse. Allorchè mi è passato vicino, gli ho fatto una riverenza, e gli ho detto: Siate il ben venuto al castello, signor Orsino.

      – Ah! dunque era Orsino?

      – Sì, signora; egli stesso, colui che ha fatto ammazzare quel signore veneziano.

      – Gran Dio! » sclamò Emilia; « egli è venuto a Udolfo! Ha fatto benissimo a star nascosto.

      – Ma che bisogno c'è di tante precauzioni? Chi potrebbe mai immaginarsi di trovarlo qui?

      – È verissimo, » disse Emilia, ed avrebbe forse concluso che la musica notturna veniva da Orsino, se non fosse stata certa non aver egli nè gusto, nè talento per quell'arte. Non volendo aumentare le paure di Annetta parlando di ciò che cagionava la sua, le domandò se fossevi alcuno nel castello che sapesse suonar qualche istrumento.

      « Oh, sì, signorina, Benedetto suona bene il tamburo, Lancellotto è bravo per la tromba, e anche Lodovico suona bene la tromba. Ma ora è ammalato. Mi ricordo che una volta…

      – Non avresti tu intesa una musica, » disse Emilia interrompendola, « dopo il nostro arrivo in questo luogo, e segnatamente la notte scorsa?

      – No, signora; non ho inteso mai altra musica, fuor quella dei tamburi e delle trombe. E quanto alla notte passata, non ho fatto altro che sognare l'ombra della mia defunta padrona.

      – La tua defunta padrona? » disse la fanciulla tremando; « tu sai dunque qualcosa? Dimmi tutto quello che sai, per carità.

      – Ma, signorina, voi non ignorate che nessuno sa cosa sia accaduto di lei: è dunque chiaro che ha preso l'istessa strada dell'antica padrona del castello, della quale nessuno ha saputo più nulla. »

      Emilia, profondamente afflitta, congedò la cameriera, i cui discorsi avevano rianimato i terribili di lei sospetti sul destino della zia, ciò che la decise a fare un secondo sforzo per ottenere qualche certezza in proposito, dirigendosi un'altra volta a Montoni.

      Annetta tornò di lì a poche ore, e disse ad Emilia che il portinaio del castello desiderava parlarle avendo un segreto da rivelarle. Quest'ambasciata la sorprese, e le fece dubitare di qualche insidia; già esitava ad acconsentire; ma una breve riflessione gliene dimostrò l'improbabilità, e arrossì della sua debolezza.

      « Digli che venga nel corridoio, » rispos'ella, « e gli parlerò. »

      Annetta partì, e tornò poco dopo dicendo:

      « Bernardino non ardisce venire nel corridoio, temendo di essere veduto. Si allontanerebbe troppo dal suo posto, e non può farlo per adesso. Ma se volete compiacervi di venire a trovarlo al portone, passeremo per una strada segreta ch'egli mi ha insegnata, senza traversare il cortile, e vi racconterà cose che vi sorprenderanno assaissimo. »

      Emilia, non approvando quel progetto, negò positivamente di andare. « Digli, » soggiunse, « che se ha da farmi qualche confidenza, l'ascolterò nel corridoio quando avrà il tempo di venirci. »

      Annetta andò a portar la risposta, ed al suo ritorno disse ad Emilia: « Non ho concluso nulla, signorina; Bernardino non può in verun modo lasciare la porta in questo momento; ma se stasera, appena farà notte, volete venire sul bastione orientale, egli potrà forse allontanarsi un minuto e svelarvi il suo segreto. »

      Emilia, sorpresa ed allarmata al tempo stesso dal mistero che colui esigeva, esitava sul partito da prendere; ma considerando che forse l'avvertirebbe di qualche disgrazia, od avrebbe da darle notizie della zia; risolse di accettare l'invito. « Dopo il tramonto del sole, » disse, « io sarò in fondo al bastione orientale; ma allora sarà appostata la sentinella; come farà Bernardino a non esser veduto?

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