Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon
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Ciò che qui dice l'autore di Gregorio VII forse è esagerato; vegga il lettore ciò che abbiamo scritto di questo Papa famoso in una Nota al vol. IX. (Nota di N. N.)

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Anna, col rancore proprio ad una scismatica greca, chiama Gregorio καταπτυσος ουτς Παπας (lib. I, pag. 32), un Papa e un prete degno che gli sia sputato addosso; lo accusa di aver fatto frustare gli ambasciatori di Enrico, di aver fatto ad essi rader la barba; forse d'averli privati degli organi della virilità (p. 31-33); ma questo crudele oltraggio è poco verisimile, nè ben provato. V. la sensata prefazione del Cousin.

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… Sic uno tempore victiSunt terrae Domini duo: rex Alemannicus iste,Imperii rector romani maximus ille.Alter ad arma ruens armis superatur: et alterNominis auditi sola formidine cessit.

È cosa non poco singolare che questo poeta latino parli dell'Imperatore greco come se governasse l'Impero romano (t. IV, p. 274).

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La narrazione del Malaterra (l. III, c. 37; pag. 587, 588) è autentica, minuta, imparziale. Dux ignem exclamans urbi incensa, etc. Il Pugliese attenua la disgrazia: inde quibusdam aedibus exustis, disgrazia che alcune Cronache parziali si studiano esagerare (Muratori, Annali, t. IX, pag. 147).

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Il Gesuita Donato (De Roma veteri et nova, l. IV, c. 8, p. 489) dopo avere parlato di una tale devastazione, aggiugne con grazia: Duraret hodieque in Caelio monte interque ipsum et Capitolium miserabilis facies prostratae urbis, nisi in hortorum vinetorumque amenitatem Roma resurrexisset, ut perpetua viriditate contegeret vulnera et ruinas suas.

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Il titolo di Re promesso, o conferito a Roberto dal sommo Pontefice (Anna l. I, p. 32) è a bastanza provato dal Poeta Pugliese (l. IV, p. 270):

Romani regni sibi promisisse coronam

Papa ferebatur.

e non intendo il perchè questo nuovo tratto di giurisdizione apostolica spiaceva al Gretser e ad alcuni altri difensori del Papa.

250

V. Omero Iliade B. (quanto detesto questo metodo pedantesco di citare i libri dell'Iliade colle lettere dell'alfabeto greco!) 87 ec. Le api di Omero offrono l'immagine di una turba disordinata; perchè la loro disciplina, e i lavori repubblicani sembrano idee di un secolo posteriore (V. Eneide, lib. I).

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Guglielmo Pugliesi (l. V, p. 276). L'ammirabile porto di Brindisi ne formava due; il porto esterno offeriva un golfo coperto da un'isola, il quale per gradi si restringeva, e comunicava, mediante un canale, nel porto interno che da due bande comprendea la città. Cesare e la natura, sonosi adoperati a rovinarlo: e a petto di siffatte potenze che valgono i deboli sforzi del governo Napolitano? (Swinburne's Travels in the two Sicilies, vol. I, p. 384-390).

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Guglielmo Pugliese (l. V, p. 276) descrive la vittoria de' Normanni, e dimentica le due sconfitte anteriori, che Anna Comnena però non dimentica (l. VI, p. 159, 160, 161); anzi a sua volta, ella inventa, o esagera una quarta battaglia ove i Veneziani sono vendicati delle perdite sofferte, e del loro zelo ricompensati. I Veneziani non la pensavano così, poichè rimossero il loro Doge, propter excidium stoli. (Dandolo in Chron., Muratori, Script. rerum italicarum, tom. XII, pag. 249).

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I più autentici fra gli storici, Guglielmo Pugliese, (l. V, p. 277), Gioffredo Malaterra (l. III, c. 41, p. 589), e Romualdo di Salerno (Chron. in Muratori, Script. rerum ital. t. VII) non fanno parola di un tale misfatto, che trovano tanto evidente Guglielmo di Malmsbury (l. III, p. 107) e Ruggero di Hoveden (pag. 710, in Scrip. post Bedam). L'Hoveden anzi ne viene spiegando, come Alessio il Giusto sposasse, incoronasse, e facesse bruciar viva la complice della sua colpa. Ma questo Storico inglese è sì cieco che colloca Roberto Guiscardo, o Wiscard, nel novero de' cavalieri di Enrico I, il quale ascese al trono quindici anni dopo la morte del Duca di Puglia.

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Anna Comnena cosparge con gioia d'alcuni fiori la tomba del suo nemico (Alexiade, l. V, p. 162-166); ma il merito di Guiscardo è ben meglio provato dalla stima e dalla gelosia di Guglielmo il Conquistatore, ne' cui Stati la famiglia di Guiscardo vivea. Graecia (dice il Malaterra) hostibus recedentibus libera laeta quievit: Apulia tota, sive Calabria turbatur.

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Urbs Venusina nitet tantis decorata sepulchris.

Uno dei migliori versi del Poema del Pugliese (l. V, p. 278). Guglielmo di Malmsbury (l. III, p. 107) ne ha data cognizione di un epitafio di Guiscardo, che qui non merita d'aver luogo.

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Ciò nullameno Orazio condotto a Roma sin dalla sua fanciullezza (Sermon. 1 e 6) avea poche obbligazioni a Venosa, e le sue reiterate allusioni agl'incerti limiti della Puglia e della Lucania (Carm. III, 4, Sermon. II, 1) mal si addicono al suo ingegno e al secolo in cui vivea.

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V. Il Giannone (t. II, pag. 88-93) e gli Storici della prima Crociata.

655

Abbiamo ora una traduzione degli Annali di Nestore eseguita dall'erudito Schloetzer che vi ha aggiunte note, preziose massimamente per coloro che di conoscere le antichità russa hanno vaghezza. (Nota dell'Editore)

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