Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ del Patriarca d'Alessandria venne di bel nuovo violata la libertà delle discussioni; di nuovo gli arsenali dell'Egitto somministrarono armi materiali e spirituali. Una masnada d'arcieri veterani dell'Asia serviva agli ordini di Dioscoro, e i monaci, più terribili ancora, sordi alla ragione ed alla pietà, assediavano le porte della cattedrale. Il Generale, e i Padri, che dovean esser liberi nelle opinioni, sottoscrissero il Simbolo ed anche gli anatemi di San Cirillo, e l'eresia delle due Nature fu condannata in modo formale nella persona e negli scritti dei più dotti uomini dell'Oriente. «Possano quelli che dividon Gesù Cristo essere divisi dalla spada; sieno messi in pezzi ed arsi vivi!» Tal fu il voto caritatevole d'un Concilio cristiano73. Si riconobbe senza esitazione l'innocenza e la santità di Eutiche; ma i Prelati, e più d'ogni altro quei della Tracia e dell'Asia non volean deporre il lor Patriarca pel motivo, che avrebbe usato od anche abusato della sua giurisdizione legittima. Abbracciarono le ginocchia di Dioscoro, nel momento che si stava con aspetto, minaccioso sui gradini della sua cattedra, e lo scongiurarono di perdonare al suo fratello, e di rispettarne la dignità. «Volete voi suscitar una sedizione?» rispose l'inesorabil prelato; «dove son gli ufficiali?» A queste parole una turba furiosa di monaci e di soldati forniti di bastoni, di spade e di catene, piombò nella chiesa: i Vescovi spaventati si nascosero dietro l'altare, o sotto i banchi, e non avendo troppa brama di martirio segnarono tutti ad uno ad uno una carta bianca, dove poi fu scritta la condanna del pontefice di Bizanzio. Nel punto stesso fu Flaviano dato in preda alle bestie feroci di quella arena ecclesiastica.74 Dalla voce e dall'esempio di Barsuma furono attizzati i monaci a vendicar l'ingiuria di Gesù Cristo. Si dice, che il Patriarca di Alessandria, oltraggiò, schiaffeggiò, e si pose sotto i piedi il suo confratello, il Vescovo di Costantinopoli75. È cosa certa che prima di giugnere al luogo del suo esilio, la vittima spirò nel terzo giorno per le ferite e pei colpi in Efeso ricevuti. Questo secondo Sinodo d'Efeso è stato a ragione detestato come adunanza d'una geldra di ladri e d'assassini. Eppure han dovuto gli accusatori di Dioscoro esagerare la sua violenza per iscusare la viltà, o l'incostanza del loro procedere.

      A. D. 451

      La Fede dell'Egitto avea vinta la prova; ma la parte soccombente era assistita da quel Papa medesimo, che senza timore aveva affrontato la collera, e l'armi d'Attila e di Genserico. Il Sinodo d'Efeso non avea posto mente alla dottrina insegnata da Leone nel suo famoso tomo, o epistola intorno al Mistero dell'Incarnazione; la sua autorità e quella della Chiesa latina erano state insultate nella persona dei suoi Legati, che, scampati a stento dalla schiavitù e dalla morte, vennero a raccontare la tirannia di Dioscoro e il martirio di Flaviano. Convocato il suo Sinodo provinciale, il Papa annullò gli Atti irregolari di quello d'Efeso; ma questo passo essendo pure irregolare domandò egli la convocazione d'un Concilio generale nelle province libere ed ortodosse dell'Italia. Dall'alto del suo trono, omai independente dalla Corte di Costantinopoli, parlava ed operava il Pontefice di Roma senza pericolo, come Capo dei cristiani. Placidia e suo figlio Valentiniano non erano che i docili strumenti de' suoi voleri: chiesero al principe che governava l'Oriente di ristabilire la pace e l'unità della Chiesa; ma il fantoccio che dava legge a quella parte dell'impero era menato con pari scaltrezza dall'Eunuco che allora dominava; rispose Teodosio, senza esitazione, che la Chiesa era già pacifica e trionfante, e che le giuste pene inflitte ai Nestoriani aveano spento l'incendio, di cui si temevano i guasti. Erano forse i Greci in preda per sempre all'eresia dei Monofisiti, se il cavallo dell'Imperatore non avesse per avventura incespato. Morì Teodosio; Pulcheria, sua sorella, zelante della Fede ortodossa, succedette al trono con uno sposo che tale non era se non di nome. Grisafio fu arso vivo; Dioscoro cadde in disgrazia; furono richiamati gli esuli, e i Vescovi d'Oriente segnarono il tomo di Leone. Al Papa tutta volta rincrebbe, che fosse ita a vuoto la sua intenzion favorita di ragunare un Concilio di Vescovi latini. Non degnò presedere al Sinodo greco frettolosamente raccolto in Nicea di Bitinia; con un tuono perentorio pretesero i suoi Legati che presente assistesse l'Imperatore, e i Padri, già stanchi, furono tratti a Calcedonia, sotto gli occhi di Marciano e del senato di Costantinopoli. Si adunarono nella Chiesa di Sant'Eufemia, situata a un quarto di miglio dal Bosforo di Tracia in vetta ad una collina d'un dolce pendìo, ma elevata; vantavasi come un prodigio dell'arte la sua architettura a tre piani, e l'immensa veduta di cui godeva dalla parte di terra, come del mare, era atta ad esaltare alla contemplazione del Dio dell'Universo l'anima d'un Settario. Seicentotrenta Vescovi si posero ordinatamente nella navata; i Patriarchi d'Oriente cedettero la mano ai Legati, il terzo dei quali non era per altro che un semplice prete; e le sedi primarie furono riservate a venti laici che avean la dignità di senatori o di consoli. Fu esposto con pompa l'Evangelo in mezzo all'assemblea; ma i ministri del Papa, non che quelli dell'Imperatore, che padroneggiarono le tredici sessioni del Concilio di Calcedonia, statuirono la regola di fede76. La lor determinazione, ben combinata a favore d'una delle parti fu almeno da tanto che impose silenzio a schiamazzi e ad imprecazioni sconvenevoli alla gravità episcopale; ma, in forza d'un'accusa formale de' Legati, fu astretto Dioscoro a discendere dal suo posto, e a far la figura d'un reo già condannato nella opinione dei suoi giudici. Gli Orientali, meno avversi a Nestorio che a San Cirillo, accolsero i Romani come liberatori: la Tracia, il Ponto e l'Asia fremevano contro l'uccisor di Flaviano, e i nuovi Patriarchi di Costantinopoli e d'Antiochia si assicurarono la propria sede sacrificando il lor benefattore. Alla dottrina di San Cirillo aderivano i Vescovi della Palestina, della Macedonia e della Grecia; ma in mezzo alle assemblee del Sinodo, nel bollore della disputa passarono i Capi col lor seguito obbediente dall'ala destra alla sinistra, e colla loro diffalta decisero la vittoria. Di diciassette suffraganei venuti d'Alessandria, quattro s'indussero a mancar di fede al lor patriarca; e gli altri tredici prostratisi colla faccia a terra, implorarono la clemenza del Concilio coi singhiozzi e coi pianti, dichiarando in tuono patetico, che se cedevano, il popolo infuriato li truciderebbe quando fossero tornati in Egitto. Si acconsentì ad accettare il tardo pentimento dei complici di Dioscoro, come una riparazione degli errori o del delitto loro, e sopra la sua testa furono accumulati tutti i torti: non chiese egli perdono, che non ne sperava, e la moderazione di coloro che sollecitavano una generale amnistia, dalle grida di vittoria e di vendetta fu soffocata. Per salvare la reputazione di coloro, che abbracciata aveano la causa di Dioscoro si rivelarono bravamente molte offese, di cui esso solo era colpevole, la scomunica temeraria e illegale, ch'egli avea lanciata al papa, e il suo criminoso rifiuto di comparire davanti al Sinodo, quando era tenuto prigione. Parecchi testimoni vennero raccontando molti fatti che provavano il suo orgoglio, l'avarizia e la crudeltà sua; ed appresero con orrore i Prelati, che le elemosine della chiesa erano state profuse alle ballerine, che le prostitute d'Alessandria entravano nel suo palagio, ed anche ne' suoi bagni, e che l'infame Pansofia o Irene era pubblicamente concubina del patriarca7778.

      Per questi delitti scandalosi Dioscoro fu deposto dal Concilio, e sbandito dall'Imperatore; ma fu dichiarata pura la sua fede al cospetto dei Padri, e colla tacita loro approvazione. Supposero, piuttosto che pronunciare, l'eresia d'Eutiche, il quale non fu mai citato al loro tribunale, e stettero confusi e silenziosi, quando un ardito Monofisita, gettato ai lor piedi un volume di San Cirillo, osò eccitarli a lanciar contro di quello un anatema, che necessariamente involgerebbe la dottrina del Santo. Leggendo imparzialmente gli Atti del Concilio di Calcedonia, quali dalla parte ortodossa son riferiti79, si riscontrerà, che da una maggioranza considerabile di Vescovi fu approvata la semplice unità di Cristo; e potea l'equivoca confessione, esser lui stato formato, o procedere da due Nature, supporne l'esistenza anteriore, o in susseguente mischianza, o veramente un intervallo pericoloso ad ammettersi fra l'istante in cui era stato concepito l'uomo, e l'altro in cui gli era stata infusa la Natura divina80. I Teologi di Roma più esatti e precisi statuirono la formola che feriva di più le orecchie dogli Egiziani; dichiararono che il Cristo esisteva in due Nature, e questa importante particola81, che più facilmente si stampa nella memoria che nell'intelletto, ebbe quasi a produrre fra i Vescovi latini uno scisma. Essi aveano sottoscritto rispettosamente, e forse sinceramente il tomo di Leone; ma in due СКАЧАТЬ



<p>73</p>

Η αγια συυοδος ειπεν, αρον, καυσον Ευσεβιον, ουτος ζων καη, ουτος εις δυο γενηται, ω εμερισε μερισθη… ει τις λεγει δυο, αναθεμα, disse il santo Sinodo: si scacci, si abbruci Eusebio, sia arso vivo, sia fatto in due, sia diviso come egli ha diviso… a chi dice due Nature, anatema. Alla domanda di Dioscoro quelli che non poterono gridare (βοςσαι) alzaron le mani. Nel Concilio di Calcedonia sursero gli Orientali contro queste esclamazioni, ma gli Egiziani dichiararono in un modo più conseguente ταυτα και τοτε ειπομεν και νον λεγομεν, questo e allora dicemmo, ed ora ripetiamo (Con. t. IV, p. 1012).

<p>74</p>

Questo Concilio II d'Efeso fu pure un Conciliabolo, e non è da meravigliarsi, che in cotale assemblea, e nelle simili, i Vescovi, e specialmente Dioscoro Patriarca d'Alessandria succeduto a S. Cirillo, si sieno dati ad eccessi, che la ragione, e l'Evangelo disapprovano altamente. Il Papa Leone I nel suo Concilio provinciale di Roma condannò questo Conciliabolo, e disapprovò il suo procedere. I disordini ed eccessi avvenuti ne' Conciliaboli altro non provano se non che i Vescovi sono uomini come tutti sanno. Il Cattolico deve badare alle decisioni, ed al procedere dei Concilii regolari, ed approvati dal Papa o direttamente o per mezzo de' suoi Legati, o Procuratori.

<p>75</p>

Ελεγε δε (Eusebio, vescovo di Dorilea) τον φλαβιανον και αναιρεθηναι προς Διοσκορω αθουμενον τε και λακτιξομενον, disse che Flaviano fu maltrattato da Dioscoro, percosso e respinto a calci, e questa relazione d'Evagrio (l. II, c. 2) viene rafforzata dallo storico Zonara (t. II, l. XIII, p. 44), che afferma, esser uso Dioscoro a dar calci come un mulo. Ma il linguaggio di Liberato è più circospetto (Brev. c. 12, in Concil. t. VI, p. 438), e gli Atti del Concilio di Calcedonia, prodighi dei titoli d'omicida, di Caino ec., non giustificano un'accusa tanto speciale. Il monaco Barsuma è incolpato in particolare, εσφαξε τον μακαριον φλαυιανον αυτος εστηκε και ελεγε σφαξον, d'avere straziato il beato Flaviano il quale, senza moversi, dicea, strazia pure. (Concil. t. IV, p. 1413).

<p>76</p>

Gli Atti del Concilio di Calcedonia (Conc. t. IV, p. 761-2071), comprendono quelli d'Efeso, (pag. 890-1189), nei quali è pure inserito il Sinodo di Costantinopoli sotto Flaviano (pag. 930-1072): fa d'uopo qualche attenzione per discernere questo doppio inesto. Tutto ciò che si riferisce ad Eutiche, a Flaviano, a Dioscoro vien raccontato da Evagrio (l. I, c. 9-12, e l. II, c. 1, 2, 3, 4), e da Liberato (Prev. c. 11, 12, 13, 14). Io rimando ancora questa volta, e forse per l'ultima alle esatte ricerche di Tillemont (Mém. ecclés. t. XV, p. 479-719). Gli annali del Baronio e del Pagi m'accompagneranno anco più in là nel lungo e penoso viaggio da me intrapreso.

<p>77</p>

Μαλιςα η περιβοντος Πανσοφια η καλουμενη Ορεινη (forse Ειρηνη), περι ησ και ο πολυανθροποσ τησ Αλεξανδρεων δημος αφηκε φωνην αυτης τε και του εραςου μεμνημενος, soprattutto la famosa Pansofia denominata Orine (forse Irene) per la quale anche il numeroso popolo d'Alessandria abiurò la memoria di lei e del drudo (Concil. t. IV, p. 1276). Si trova un saggio dello spirito e della malizia del popolo nell'antologia greca (l. II, c. 5, p. 188 ed. Wechel); l'editor Brodeo non conobbe a chi fosse applicato. L'autor anonimo dell'epigramma forma un giuoco di parole assai frizzante sulla frase del saluto episcopale «La pace sia con tutti voi» pari al nome vero o corrotto della concubina del vescovo, detta Irene (che in greco vuol dir pace).

Ειρηνη παντεσσιν επισκοπος ειπεν επελθων

Πως δυναται πασιν ην μονοσ ενδος εχει;

Comparando il vescovo disse: pace (Irene) a tutti; ma come a tutti, se l'ha in casa egli solo!

Non so, se il Patriarca, che sembra essere stato un amante geloso sia il Cimone dell'epigramma precedente, di cui Priapo medesimo vedea con istupore ed invidia πεος εστεκος.

<p>78</p>

Non v'era bisogno di manifestare cose così dispiacevoli a' credenti: si sa che vi furono, e vi saranno Vescovi peccatori; il tribunale della Penitenza è fatto anche per essi.

<p>79</p>

Quelli che rispettano l'infallibilità dei Concilii dovrebbero provarsi a determinare il senso di quella decisione. I Vescovi che colla loro opinione dieder legge all'assemblea erano attorniati da scrivani infedeli o negligenti, che disseminarono le copie pel Mondo. Nei nostri MS. greci si trova quella versione falsa e proscritta di εκ τον φυσεων, dalle nature (Concil. t. III, p. 1460). Non pare che siasi mai avuta una traduzione autentica dello scritto di Papa Leone; e le antiche versioni latine sono essenzialmente differenti dalla vulgata attuale, secondo i migliori MS. degli Ακοιμητοι, Vigilanti, a Costantinopoli, (Ducange, C. P. Cristiana, l. IV, p. 151), che così era chiamato un celebre monastero di Latini, di Greci e di Sirii. (Vedi Concil. t. IV, p. 1959-2049, e Pagi, Critica, t. II, p. 326 ec.).

<p>80</p>

Non si devono trattare con figure rettoriche, che racchiudono uno scherzo, materie per se stesse gravissime, e rispettabili; bisogna maneggiarle colla ragione teologica. (Nota di N. N.)

<p>81</p>

Il microscopio di Petavio non rappresenta che oscuramente questa particella (t. V, l. III, c. 5); eppure quel sottil Teologo esso stesso n'è sbigottito, ne quis fortasse supervacaneam, et nimis anxiam putet hujusmodi vocularum inquisitionem, et ab instituti theologi gravitate alienam (p. 124).