Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ Mondo per la cecità, con che la contraria andava a disputare su differenze di sì poco momento; il tiranno della Siria ricorse alla forza per sostenere la sua credenza, e fu macchiato il suo regno dal sangue di trecento cinquanta monaci svenati sotto le mura di Apamea, i quali probabilmente aveano provocato i nemici, o per lo meno fatta resistenza150. Il successor d'Anastasio piantò di nuovo in Oriente il vessillo dell'Ortodossia; fuggì Severo in Egitto, e l'eloquente Senaia,151 suo amico, scampato di mano ai Nestoriani della Persia, fu soffocato nel suo esilio dai Melchiti della Paflagonia. Cinquantaquattro Vescovi furono rovesciati dalle loro sedi, e imprigionati ottocento ecclesiastici152; e, nonostante l'equivoco favore di Teodora, dovettero le chiese dell'Oriente orbate dei lor pastori perire a poco a poco per difetto d'istruzione, o per l'alterazione dei loro dommi. In mezzo a tanta angustia, ridestatasi la fazione moribonda, si riunì, e si perpetuò per opera d'un monaco; ed il nome di Giacomo Baradeo153 è rimasto nella denominazione comune di Giacobita, tanto aspra ad un orecchio inglese. Dai santi Vescovi incarcerati in Costantinopoli, ricevette l'autorità di Vescovo d'Edessa, e di apostolo dell'Oriente, e da quella fonte inesausta derivò l'Ordinazione di più d'ottantamila di vescovi, preti o diaconi. I più veloci dromedari d'un devoto Capo degli Arabi assecondavano con rapido scorrerie l'ardore del missionario zelante. La dottrina e la disciplina dei Giacobiti ed era un dovere d'ogni Giacobita violarne le leggi, e detestare il Legislatore. Appiattati dentro i conventi, e ne' villaggi, costretti per salvare le lor teste proscritte a cercar asilo nelle caverne dei romiti, o nelle tende dei Saracini, sostenevano sempre, come oggi tuttavia i successori di Severo, il lor dritto al titolo, alla dignità, ed alle prerogative di Patriarca d'Antiochia. Sotto il giogo più lieve degli Infedeli risiedono, lungi una lega da Merdino, nel delizioso monastero di Zafaran, ch'essi hanno ornato di celle, d'acquedotti, e di piantagioni. Il Mafrian che soggiorna a Mosul, dova insulta il Cattolico o primate Nestoriano, a cui contende il primato dell'Oriente, tiene il secondo posto considerato tuttavia come assai decoroso. Ne' diversi tempi della Chiesa giacobita si contarono sino a cencinquanta Arcivescovi o Vescovi sotto il Patriarca ed il Mafrian; ma l'ordine della gerarchia s'è guasto, o rotto, e i contorni dell'Eufrate e del Tigri forman la più gran parte delle loro diocesi. Si trovano ricchi mercadanti e bravi operai nelle città d'Aleppo e d'Amida, spesso visitate dal Patriarca; ma il popolo vive miserabilmente del lavoro giornaliero, e ha potuto la povertà non meno della superstizione contribuire alla imposizione volontaria di digiuni eccessivi; osservano ogni anno cinque quaresime, nel qual tempo e il clero e i laici non solo s'astengono dalla carne e dalle uova, ma ben anche dal vino, dall'olio e dal pesce. Si calcola la lor popolazione presente da cinquanta in ottantamila anime, misero avanzo d'una Chiesa numerosissima, scemata gradatamente sotto una tirannia di dodici secoli. Ma in sì lungo periodo da parecchi stranieri, uomini di merito, fu abbracciata la Setta dei Monofisiti, e Abulfaragio154, Primate dell'Oriente, tanto notabile per la vita e per la morte sua, era figlio di un Giudeo. Scriveva elegantemente il siriaco e l'arabo; fu poeta, medico, storico, filosofo sagace, e teologo moderato. Ai suoi funerali assistè il Patriarca nestoriano, suo rivale, con gran seguito di Greci e d'Armeni, i quali poste in non cale le dispute, vennero a mescer le loro lagrime sulle ceneri d'un nemico. Sembrava per altro che la Setta onorata dalle virtù d'Abulfaragio fosse riguardata come inferiore d'un grado a quella dei Nestoriani. È più abbietta la superstizione dei Giacobiti, più rigidi ne sono i digiuni,155 più molteplici le divisioni intestine, e (per quanto si può misurare la scala dell'assurdità) più lontani dalla ragione dei loro dottori. A questa differenza contribuisce, senza dubbio, la severità della teologia dei Monofisiti; ma molto più probabilmente l'autorevole direzione dei monaci. Nella Siria, in Egitto, in Etiopia i Monaci giacobiti furono sempre singolari per austerità di mortificazioni e per la stravaganza delle loro leggende. In vita e in morte sono venerati come uomini favoriti della Divinità: il Pastorale di Vescovo e di Patriarca è riservato alla lor mano reverenda, e infetti ancora delle consuetudini e dei pregiudizi del chiostro, si prendono l'incarico di governare gli uomini156.

      III. Nello stile de' Cristiani dell'Oriente furono i Monoteliti in tutti i sensi dal nome contraddistinti di Maroniti157, nome che a poco a poco passò da un eremita a un monastero, da un monastero ad una nazione. La Siria fu il paese, ove Marone, santo o selvaggio del quinto secolo, espose la religiosa stravaganza; le città di Apamea e di Emesa se ne contesero le reliquie; su la sua tomba s'innalzò una magnifica Chiesa, e seicento de' suoi discepoli congiunsero le loro celle sulle rive dell'Oronte. Nelle controversie dell'Incarnazione si tennero scrupolosamente sulla linea ortodossa tra le Sette di Nestorio e d'Eutiche; ma i loro ozii produssero la malnata quistione d'una volontà o d'una operazione nelle due Nature di Cristo. L'Imperatore Eraclio, loro proselita, respinto come Maronita dalle mura della città di Emesa, trovò un ricovero ne' monasteri dei suoi fratelli, e ne premiò le lezioni teologiche col guiderdone di vasto e ricco demanio. Si propagò il nome e la dottrina di questa ragguardevole scuola fra i Greci ed i Sirii, e si può far giudizio del loro zelo dalla risoluzion di Macario, Patriarca antiocheno, il quale davanti il Concilio di Costantinopoli dichiarò, che si lascerebbe tagliare a pezzi, e gettare in mare, piuttosto che riconoscere due Volontà in Cristo158. Persecuzione di tal fatta, o altra più moderata, valse a convertire ben presto i sudditi della pianura, mentre i robusti popolani del monte Libano si gloriavano del titolo di Mardaiti o di ribelli159. Giovan Marone, di tutti i monaci il più dotto e il più amato dal popolo, si arrogò le facoltà del Patriarca d'Antiochia: Abramo, suo nipote, fattosi Capo dei Maroniti, ne difese la libertà civile e religiosa contro i tiranni dell'Oriente. Il figlio dell'ortodosso Costantino con un santo rancore perseguitò un popolo di soldati, che avrebbero potuto essere il baluardo del suo impero contro i nemici di Gesù Cristo e di Roma. Fu invasa la Siria da un esercito di Greci; consunsero le fiamme il monastero di San Marone; i più prodi capitani della Setta furono traditi e assassinati, e dodicimila dei loro partigiani furono tratti sulle frontiere dell'Armenia e della Tracia. Ciò nonostante l'umile Setta dei Maroniti ha sopravvissuto all'impero di Costantinopoli, e la loro coscienza sotto i Turchi è libera, moderata la servitù. Fra i loro Nobili antichi sono scelti i lor governatori particolari; dal fondo del suo monastero di Canobin, crede tuttavia il Patriarca d'essere assiso sulla sede d'Antiochia; nove Vescovi ne compongono il Sinodo, e centocinquanta sacerdoti, che hanno la facoltà di maritarsi, son destinati alla cura di centomil'anime. S'estende il lor paese dalla catena del monte Libano sino alle coste di Tripoli; e in questa angusta striscia di territorio, con una degradazione insensibile si offrono al guardo tutte le varietà del suolo e del clima, dai grandi cedri che non curvano il capo sotto il peso delle nevi160, sino ai vigneti, ai gelsi e agli olivi della fertile vallata. I Maroniti, dopo aver abiurato nel duodicesimo secolo l'error de' Monoteliti si riconciliarono colle Chiese latine d'Antiochia e di Roma161, e soventi volte l'ambizione dei Papi, non che la miseria dei Cristiani della Siria rinnovellarono la stessa alleanza; ma è lecito dubitare, se questa riunione sia mai stata intera o leale, e indarno i dotti Maroniti del Collegio di Roma fecero il potere per assolvere i loro antenati dal delitto di scisma e di eresia162.

      IV. Dal secolo di Costantino in poi si segnalarono gli Armeni163 nell'affetto per la religione e l'impero dei Cristiani. Dai disordini del lor paese, e dall'ignoranza della lingua greca fu impedito il loro clero d'assistere al Concilio di Calcedonia, e per ottantaquattr'anni164 stettero fluttuanti nell'incertezza o nell'indifferenza sino al giorno in cui la lor Fede senza guida li diede in mano ai missionari di Giuliano d'Alicarnasso165, il quale in Egitto, dove era esiliato, come i Monofisiti, era stato vinto dagli argomenti e dalla riputazione di Severo, suo rivale, Patriarca monofisita d'Antiochia. Gli Armeni soli sono i puri discepoli d'Eutiche, padre infelice, rinnegato СКАЧАТЬ



<p>150</p>

Epistol. archimandritarum et monachorum Syriae secundae ad papam Hormisdam, Concil., t. V, p. 598-602. Il coraggio di S. Saba, ut leo animosus, darebbe a credere che non fossero poi sempre spirituali o difensive l'armi di quei monaci (Baronio A. D. 513, n. 7, ec.).

<p>151</p>

Assemani (Biblioth. orient., t. II, p. 10-46), e La Croze (Christian. d'Ethiop., p. 36-40), ci danno l'istoria di Senaia o Filosseno, vescovo di Mabug, o Hierapoli, nella Siria. Egli possedea perfettamente la lingua siriaca, e fu l'autore, e l'editore d'una versione del Nuovo Testamento.

<p>152</p>

Nella cronaca di Dionigi (ap. Assem., t. II, p. 54), si hanno i nomi ed i titoli di cinquantaquattro Vescovi esiliati da Giustino. Fu chiamato Severo a Costantinopoli per esservi sentenziato, dice Liberato (Brev. c. 19), per aver mozza la lingua, dice Evagrio (l. IV, c. 4); il prudente Patriarca non si fermò ad esaminare la differenza di queste due cose. Questa rivoluzione ecclesiastica è dal Pagi assegnata al mese di settembre 518 (Critica, t. II, p. 506).

<p>153</p>

I particolari dell'oscura storia di Giacomo Baradeo, o Zanzalo, si leggono qua e là in Eutichio (Annal., t. II, p. 144, 147), in Renaudot (Hist. patriarch. Alex. p. 133), in Assemani (Bibl. orient., t. I, p. 424; t. II, p. 62-66, 324-222, 414; t. III, p. 385-388). Non pare che fosse noto ai Greci: i Giacobiti stessi volean piuttosto derivare il nome, e la genealogia loro dall'Apostolo S. Giacomo.

<p>154</p>

Le particolarità relative alla sua persona e a' suoi scritti formano per avventura l'articolo più curioso della Biblioteca d'Assemani (t. II, p. 244-321; ivi porta il nome di Gregorio Bar-Ebreo). La Croze (Christian. d'Ethiopie, p. 53-63), si fa beffe dal pregiudizio che hanno gli Spagnuoli contro il sangue giudaico, il quale secretamente macchia la loro chiesa e la loro nazione.

<p>155</p>

La Croze (p. 352), e lo stesso Sirio Assemani (t. I, p. 226, t. II, p. 304, 305), fanno la critica di quella astinenza eccessiva.

<p>156</p>

Una dissertazione di centoquarantadue pagine, che sta in principio del secondo volume d'Assemani, spiega perfettamente le circostanze dei Monofisiti. La Cronaca siriaca di Gregorio Bar-Ebreo o Abulfaragio (Bibliot. orient. tom. II, p. 321-463), ci dà la lista dei Cattolici o patriarchi Nestoriani, e quella dei Mafriani dei Giacobiti.

<p>157</p>

Eutichio (Annal., t. II, pag. 191, 267, 332), e altri passi della Tavola metodica di Pocock provano, che fu indifferentemente usato il nome di Monoteliti e di Maroniti. Non aveva Eutichio alcun pregiudizio contro i Maroniti del secolo decimo; e possiam credere ad un Melchita, la cui testimonianza è confermata dai Giacobiti e dai Latini.

<p>158</p>

Concil., t. VII, p. 780. Costantino, prete sirio d'Apamea, con intrepidezza e sottilmente difese la causa de' Monoteliti (1040 ec.).

<p>159</p>

Teofane (Chron. pag. 295, 296, 300, 306), e Cedreno (p. 437-440), narrano le glorie dei Mardaiti; il nome mard, che in siriaco significa rebellavit è spiegato da La Roque; (Voyage de la Syrie, t. II, p. 53); il Pagi ne fissa le date (A. D. 676, n. 4-14. A. D. 685 n. 3, 4), ed anche l'oscura istoria del patriarca Giovanni Marone (Assemani Biblioth. orient. t. I, p. 496-520), rischiara le turbolenze del monte Libano dall'anno 686 al 707.

<p>160</p>

Nell'ultimo secolo si vedeano tuttavia sul monte Libano venti di quei cedri cotanto vantati dalla Storia sacra (Voyage de la Roque, t. I, p. 68-76); oggi non ve ne ha più di quattro o cinque (Viaggio di Volney t. I, pag. 264). La scomunica proteggeva quegli alberi così celebri nella Scrittura; se ne levava, ma con circospezione, qualche pezzo per farne crocette, ec: ogni anno sotto la lor ombra si cantava una Messa, e i Sirii supponevano in essi la facoltà di rialzare i loro rami contro la neve, alla quale non sembra che il Libano sia tanto fedele quanto dice Tacito: inter ardores opacum fidumque nivibus: ardita metafora (Hist. v. 6).

(Dicasi piuttosto che fedele alle nevi, significa fedele ossia sicuro, difeso ec. per le nevi, nel senso anche di Plinio. V. Forcellini. N. del Trad.)

<p>161</p>

La testimonianza di Guglielmo di Tiro (Hist. in gestis Dei per Francos, l. XXII, c. 8, p. 1022), è copiata, o confermata, da Giacomo di Vitry (Hist. Hierosolym., l. II, c. 77, p. 1093, 1094); ma col potere dei Franchi mancò questa lega poco naturale, e Abulfaragio morto nel 1286, considera i Maroniti come una Setta di Monoteliti (Bibl. orient. t. II, p. 292).

<p>162</p>

Trovo una descrizione e una storia de' Maroniti nel Viaggio in Siria e nel monte Libano, del La Roque, due volumi in 12 Amsterd., 1723; particolarmente nel t. I, p. 42-47, 174-84, t. II, p. 10-120; in ciò che si riferisce ai tempi antichi aderisce alle opinioni pregiudicate di Nairon e d'altri Maroniti di Roma, alle quali non sa rinunziare Assemani, ed ha poi vergogna di sostenerle. Si consulti Jablonski (Instit. Hist. Christ. t. III, p. 186), Niebur (Voyage de l'Arabie, etc. t. II, p. 346, 370-381), e soprattutto il giudizioso Volney (Voyage en Egypte et en Syrie, t. II, p. 8-31, Paris, 1787).

<p>163</p>

La Croze (Hist. du Christianisme de l'Ethiopie et de l'Arménie, p. 269-402), descrive in pochi tratti la religion degli Armeni. Ci rimanda alla grand'istoria d'Armenia pubblicata da Galano, (tre volumi in foglio, Roma 1650-1661), e raccomanda l'esposizione che dello stato dell'Armenia si fa nel terzo volume delle Nouveaux Mémoires des Missions du Levant. Convien dire, che sia assai pregevole l'opera d'un Gesuita, quando è lodata da La Croze.

<p>164</p>

Si pone l'epoca dello scisma degli Armeni ottantaquattr'anni dopo il Concilio di Calcedonia (Pagi, Critica, A. D. 535); terminò in uno spazio di anni diciassette; e coll'anno 552 si fissa la data dell'Era degli Armeni (l'Art de vérifier les dates, p. XXXV).

<p>165</p>

Si ponno vedere i sentimenti e le azioni di Giuliano di Alicarnasso in Liberato (Brev. c. 19), in Renaudot, (Hist. patriarch. Alex. p. 132-303), e in Assemani (Bibl. orien. t. II, Dissert. de monophysitis, P. VIII, p. 286).