Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ decorso di essi. I porti: i ripatichi: i vectigali: le monete: le multe: i beni vacanti: le pene: gli angarj: i parangarj: le prestazioni di navi e di carri: le estraordinarie collette: le miniere d'argento: le saline: le miniere, dalle quali si cava la pece, poichè anche, secondo scrive Plinio[29], si trova la pece fossile: le pescagioni: le caccie: i tesori: il crear Magistrati per amministrar giustizia, ed altre ragioni sue fiscali, le quali non nominò tutte in questa sua Costituzione, ma solamente quelle, ch'erano le più principali, e le quali in Italia per lungo tempo erano già andate in disusanza.

      Dal che ne nacque, che quel che Federico fece nelle città sue d'Italia, vollero da poi imitare gli altri Principi ne' loro Reami, ed in alcune cose usarono maggior rigore, come fece il nostro Guglielmo, il quale non bastandogli ciò che Federico avea stabilito de' tesori, conforme alla Costituzione d'Adriano, che trovati in luogo pubblico o religioso per casualità, fosse la metà dell'inventore: stabilì una più dura legge, che in qualunque luogo, e in qualsivoglia modo ritrovati, tutti s'appartenessero al Re, come da una sua Costituzione, della quale, parlando delle altre leggi di questo Principe, farem parola.

      In tale servitù avendo Federico ridotta la Lombardia, e nudrendo sì alte e bizzarre idee, disgustatosi col Papa per la pace, che questi avea fermata con Guglielmo: avvenne, che questi disgusti prorupper poi in una più grave discordia; poichè mentre ritornava da Roma in Alemagna l'Arcivescovo di London, fu per ordine dell'Imperadore questi preso: Adriano, che non men che teneva Federico dell'Imperio, avea egli del Ponteficato alti concetti, intesa la cattura dell'Arcivescovo, gli scrisse alcune lettere, che gliele fece recare dal Cardinal Rolando Cancellier di S. Chiesa, e da Bernardo Cardinal di S. Clemente, nelle quali l'ammoniva, che dovesse riporre in libertà l'Arcivescovo, e fra l'altre cose, rammentandogli i beneficj, che da lui avea ricevuti, gli scrisse ancora ch'egli l'Imperio lo dovea riconoscere dalla Chiesa di Roma, come beneficio di quella. Ciascuno può immaginarsi con quanto stomaco e stizza Federico sentisse tal proposizione: se ne sdegnò in maniera, ed entrò in tanta rabbia, che non solo non volle far nulla di quanto se gli domandava, ma rimproverò con tanta acerbità il Pontefice, che fu questi obbligato mandargli due altri Cardinali per placarlo; e bisognò che si ritrattasse di quanto avea scritto, con dire, ch'egli non avea per quelle parole inteso, che l'Imperio fosse Feudo della Chiesa, ma avea presa quella parola beneficio, pro bono, et facto junctum[30]. Infatti que' Cardinali ebbero molto che fare per racchetarlo; e sebbene poco da poi fossero di nuovo disgustati per cagion che Federico sovente impediva a' Ministri del Papa di raccor le rendite ecclesiastiche, volendo di più che s'eleggesse per Vescovo di Ravenna un tal Guidone, al che il Papa non voleva consentire, nulladimanco dopo varj trattati, furono un'altra volta pacificati.

      Ma Adriano poco da poi, mentr'era in Alagna, finì i giorni suoi nel primo del mese di settembre di quest'anno 1159[31]. La di cui morte recò gravi incomodi e sconvolgimenti in Roma per lo scisma, che accadde nell'elezione del suo successore; poichè avendo la maggior parte de' Cardinali eletto Papa il Cardinal Rolando Cancelliere di S. Chiesa, che si nomò Alessandro III, di patria Senese, nel medesimo tempo coll'ajuto di Ottone Conte di Piacenza, e di Guido Conte Broccarense Ambasciadori di Federico, che allor dimoravano in Roma, Giovanni pisano Cardinal di S. Martino, e Guidone da Crema Cardinal di S. Calisto, crearono Antipapa Ottaviano di S. Cecilia, e gli poser nome Vittore IV, e passò tanto innanzi la loro arroganza, che assediarono Alessandro col Collegio de' Cardinali dentro la torre di S. Pietro, avendosi l'Antipapa con molta moneta, che lor diede, e col favor dell'Imperadore acquistato molti partigiani in Roma: onde Ottone Frangipane, con altri Nobili romani, sdegnati dell'indegnità di tal fatto, cavarono salvi di colà il Papa ed i Cardinali, e condottigli fuor di Roma in luogo sicuro, secondo il solito costume coronarono solennemente Alessandro; ed Ottaviano rimase in Roma: ove ritornato poi nel secondo anno del suo Ponteficato Alessandro, e vedendo non potervi dimorar sicuro per la potenza dell'Antipapa, lasciato in sua vece Legato in quella città Giulio Vescovo Prenestino, se ne andò a Terracina per navigare in Francia.

      CAPITOLO II

      I Baroni del Regno di Puglia cospirano contro Maione: Matteo Bonello l'uccide: e s'ordisce nuova congiura contro il Re Guglielmo per torgli il Regno, e darlo a Ruggiero suo figliuolo di nove anni

      Intanto il Re Guglielmo per opporsi a' disegni dell'Imperador Federico suo inimico, subito che ebbe udita l'elezion d'Alessandro, mandò suoi Ambasciadori a dargli ubbidienza, e riconoscerlo per vero e legittimo Pontefice; ed intendendo poi che il Papa voleva andare a Terracina per passare in Francia, fece trovare in quella città quattro galee ottimamente armate; acciocchè si fosse servito di quelle a suo piacere, nelle quali appena fu salito insieme co' Cardinali, che turbatosi il mare, sofferse tempestosa procella. Fu questa alleanza ed amicizia di Guglielmo con Alessandro sì profittevole al Re, che lo liberò da un grave intrigo, nel quale cercava porlo Majone, poichè questi meditando sempre come potesse porre in effetto i suoi ambiziosi disegni, tentò per mezzo d'uomini malvagi corrompere per via di molto denaro Alessandro, perchè ad esempio di Zaccaria, rimovesse dal Regno Guglielmo come Re inutile e malvagio, odioso a' Popoli, e non atto a tanto peso, e ne avesse investito lui, non altramente che fu fatto di Childerico in Francia, il quale fu deposto di quel Regno, ed in sua vece surrogato Pipino[32]. Ma il Pontefice Alessandro scorgendo la cupidigia di regnare, e la malvagità di Majone, detestò l'ardimento: e sparsasi la fama di tale scelleratezza, ch'avea tentato di commettere, e divolgata per la Sicilia e per la Puglia, gli accelerò la ruina; poichè dicendosi pubblicamente, che l'Ammiraglio, o avrebbe fatto morire il Re dentro il proprio palagio; o l'avrebbe posto in prigione, o confinatolo in qualche isola, per torgli il Regno: fu cagione, che cominciassero, fieramente sdegnate di tal fama, a tumultuare molte città in Puglia[33]. La prima fu Melfi, alla quale non molto da poi s'unirono le altre città, ferme di non volere più ubbidire nè lettera, nè cos'alcuna ordinata da Majone, e di non voler nè anche ricevere nelle terre i Capitani, che egli vi spediva. Fecero la medesima risoluzione molti Conti e Baroni, a' quali era sospetta la potenza del Tiranno, promettendosi l'un l'altro di proccurare con li maggiori loro sforzi di far morire l'Ammiraglio, e di non racchetarsi mai fin ch'egli non fosse o morto o mandato in bando. Unirono a quest'effetto grosso stuolo d'armati, scorrendo per tutta la Puglia e Terra di Lavoro, per obbligare tutte le altre città a doversi con esso loro unire, come fecero in effetto. Capi di tal congiura furono Gionata di Valvano Conte di Consa, Boemondo Conte di Manopello, Filippo Conte di Sangro, Ruggieri da Sanseverino Conte di Tricarico, Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi, Ruggieri Conte della Cerra, e 'l Conte Gilberto cugino della Regina, a cui avea novellamente donato il Re il Contado di Gravina[34]. Vi fu anche Mario Borrello uomo di maravigliosa eloquenza, il qual vi trasse la città di Salerno, ove egli albergava, e vi avea grosso numero di partigiani, e vi concorse ancora la città di Napoli. Il Conte Andrea di Rupe Canina, il qual dimorava in Campagna di Roma, coll'occasione di tali rumori entrò con molti soldati in Campagna, e prese Aquino, Alife e San Germano, città poste alle falde di Monte Cassino, e salito il Monte combattè aspramente il monastero; ma ne fu ributtato da' suoi difensori[35].

      Era pervenuta intanto alla notizia del Re la congiura de' Baroni, e delle città del Regno di Puglia, il quale se ne adirò grandemente, poichè amando teneramente Majone, ed avendo gran confidenza in lui, non poteva mai persuadersi tanta malvagità, ch'egli volesse dislealmente torgli la vita e 'l Regno. Per la qual cosa con particolari messi, e con sue lettere comandò espressamente a' Baroni e città tumultuanti, che si togliessero da tal proponimento: imperocch'egli tenea l'Ammiraglio per uomo a lui fedelissimo, e che altro non procacciava che il suo servigio; ma questi messi e queste lettere non partorirono effetto alcuno, poichè credutele dettate dall'Ammiraglio, si dichiararono apertamente col Re, di non volere a verun patto soffrire, che Majone avesse di lor governo o più gli comandasse. Nè minore era l'odio de' Siciliani, i quali come più prossimi al pericolo, non osavano ancora di discoprirsi, ancorchè avessero molto a grado i rumori de' Baroni di Puglia.

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<p>29</p>

. Plin. hist. lib. 16 cap. 12.

<p>30</p>

. V. Sigon. de Regn. Ital. l 12 ann. 1158.

<p>31</p>

. Gugl. Tir. de bello sacr. lib. 18 Radevic. de vita Frid. Imp.

<p>32</p>

. Ugo Falcand. Ut amoto Rege Siciliae, Almiratus in ejus loco succederet. Baron. ad ann. 1160.

<p>33</p>

. Ugo Falcand.

<p>34</p>

. Capecelatro lib. 2.

<p>35</p>

. Ugo Falcand.