Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon
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Fa d'uopo ricorrere agli Arabi per sapere quel che si può della Mecca (d'Herbelot, Bibl. orient. p. 368-371; Pocock, Specimen, p. 125-128; Abulfeda, p. 11-40). Non essendo permesso a' miscredenti l'entrarvi, i nostri viaggiatori non ne parlano: il poco che ne dice Thevenot (Voyage du Levant, part. I, p. 490) è tolto dalla bocca sospetta d'un rinnegato affricano. Alcuni Persiani vi noveravano seimila case (Chardin, t. IV, p. 167).

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Strabone, l. XVI, p. 1110. D'Herbelot (Bibl. orient., p. 6.) accenna una di queste case di sale presso Bassora.

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Mirum dictu ex innumeris populis pars aequa in commerciis aut latrociniis degit (Plinio, Hist. nat., VI, 32). Vedi il Koran di Sale, Sura 106, p. 503; Pocock, Spec., p. 2; d'Herbelot, Bibl. orient., p. 361; Prideaux, Vie de Mahomet, p. 5; Gagnier, Vie de Mahomet, t. 1, p. 72-120, 126. etc.

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La Genesi, al capo 16, v. 12, dice: hic erit ferus homo: manus ejus contra omnes, et manus omnium contra eum, et e regione universorum fratrum suorum figet tabernacula. Qui nel dato carattere d'Ismaele possono considerarsi descritti profeticamente i suoi discendenti, gli Arabi, dati a regolare ladroneccio, e dimoranti poco lungi della Palestina; non sono artificiosamente contorti i sensi della Genesi; non si potrebbe per altro spiegare il manus omnium contra eum che col riferirlo all'essere stata l'Arabia alcune volte invasa da armate tartare, e persiane; ma ciò potrebbe pur dirsi di tanti altri Stati. (Nota di N. N.)

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Un dottor anonimo (Univers. History, vol. XX, edit. in-8) ha ricavato dall'independenza degli Arabi una dimostrazione formale della verità del cristianesimo. Può un critico primieramente negare i fatti, e poi disputare sul senso del passo che si allega della Bibbia (Genes. XVI, 12), su l'ampiezza della applicazione, e sul fondamento della genealogia.

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Fu soggiogato (A. D. 1173) da un fratello del gran Saladino che fondò una dinastia de' Curdi o degli Ayoubiti (Guignes, Hist. des Huns, t. 1, p. 425; d'Herbelot, p. 477).

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Dal luogotenente di Solimano I (A. D. 1538), e da Selim II (1568). V. Cantemir (Hist. de l'empire Ottoman, p. 201-221.) Il Bascià che risedeva in Saana comandava a ventun Bey, ma non mandò mai tributi alla Porta (Marsigli, Stato Militare dell'impero Ottomano, p. 124), e i Turchi ne furono cacciati verso l'anno 1630. (Niebuhr, p. 167, 168.)

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Le principali città della provincia romana che chiamavasi Arabia e terza Palestina, erano Bostra e Petra che datavano dall'anno 105, epoca in cui furono soggiogate da Palma, luogotenente di Traiano. (Dion Cassio, l. LXVIII). Petra era la capitale de' Nabatei, che traevano il nome dal primogenito dei figli d'Ismaele (Genes. XXV, 12, etc., co' Commenti di San Girolamo, del Le Clerc, e del Calmet). Giustiniano abbandonò un paese palmifero di dieci giornate di viaggio al mezzodì di Aelah (Procopio, De bell. persico, l. I, c. 19); e i Romani avevano un centurione e una dogana (Arriano in Periplo maris Erythroei, p. 11, in Hudson, t. 1) in un luogo (λευκη κωμη, Pagus Albus Hawarra) del territorio di Medina (d'Anville, Mémoire sur l'Egypte, p. 243). Su questi possedimenti reali, e su qualche nuova scorreria di Traiano (Peripl. p. 14, 15) fondarono gli storici e le medaglie la supposizione che i Romani conquistassero l'Arabia.

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Niebuhr (Descript. de l'Arabie, p. 302, 303, 329-331) ci dà le notizie più recenti ed autentiche sul grado d'autorità che possedono i Turchi nell'Arabia.

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Diodoro di Sicilia (t. II, l. XIX, p. 390-393, ediz. del Wesseling) ha data a conoscere chiaramente l'independenza degli Arabi nabatei, che fecero resistenza alle armi d'Antigono e di suo figlio.

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Strabone, l. XVI, p. 1127-1129; Plinio, Hist. nat., VI, 32. Elio Gallo sbarcò presso Medina, e fece quasi trecento leghe nella parte dell'Yemen che giace fra Mareb e l'Oceano. Il non ante devictis Sabeae regibus (Od. I, 29), e gl'intacti Arabum thesauri (Od. III, 24) d'Orazio, attestano l'indipendenza ancora inviolata degli Arabi.

29

Lo stendardo di Maometto non è sacro pel lettore cristiano: questo aggettivo è male applicato ad uno stendardo di un fortunato Capo d'entusiasti, che coll'armi diffusero la lor religione rapidamente in molte, e vaste regioni dell'Asia, e dell'Affrica. (Nota di N. N.)

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V. in Pocock una Storia imperfetta dell'Yemen, Specimen, p. 55-66; di Hira, p. 66-74; di Gassan p. 75-78, su tutte le cose che si poterono sapere, o di cui si potè in un tempo d'ignoranza serbare memoria.

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Le Σαρακηνικα φυλα, μυριαδες ταυτα, και το πλειστον αυτων ερημονομοι, και αδεσποτοι, tribù Saracene, a decine di migliaia, e per lo più abitatrici di deserti, e independenti, descritte da Menandro (Excerpt. legat., p. 149), da Procopio (De bell. Pers. l. I. c. 17-19; l. II, c. 10) e, coi più forti colori, da Ammiano Marcellino, (l. XIV, c. 4) che ne parla sin dal tempo di Marc'Aurelio.

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Questo nome usato da Tolomeo e da Plinio in un senso più ristretto, e da Ammiano e da Procopio in significato più largo, fu ridicolamente derivato da Sarah, moglie d'Abramo; e in un modo assai oscuro dal villaggio di Saraka μετα Ναβαταιους fra i Nabatei (Stephan., De urbibus), ma più plausibilmente da vocaboli arabici, che significano un naturale disposto al ladroneccio, o che denotano la loro situazione all'Oriente (Hottinger, Hist. orient., lib. I, c. I. p. 7, 8; Pocock, Specimen, p. 33-35; Assemani, Bibl. orient. t. IV, p. 567). Ma l'ultima e la più ammessa di tali etimologie è confutata da Tolomeo (Arabia, p. 2, p. 18, in Hudson, t. IV), che segna espressamente la situazione occidentale e meridionale de' Saraceni, che allora erano una tribù oscura stanziata su le frontiere dell'Egitto. Questa denominazione adunque non può riferirsi al carattere nazionale; e poichè fu data da forestieri, convien cercarne l'origine non già nella lingua araba, ma in una straniera.

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Saraceni… mulieres aiunt in eos regnare. (Expositio totius Mundi, p. 3, in Hudson, t. III). Il regno di Mavia è famoso nella Storia ecclesiastica (Pocock, Specim., p. 69-83).

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Μη εξειναι εκ των Βασιλειων, non uscire della reggia, dicono Agatarcide (De mari Rubro, p. 63, 64, in Hudson, t. I), Diodoro di Sicilia (t. I, l. III, c. 47, p. 215), e Strabone (l. XVI, p. 1124); ma sono tentato a credere che sia una di quelle fole popolari, o di quegli strani accidenti che dalla credulità degli scrittori si spacciano sovente per un atto costante, per un costume, o per una legge.

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Non gloriabantur antiquitus Arabes, nisi gladio, hospite, et ELOQUENTIA (Sephadius, apud Pocock, Specimen, p. 161, 162.) Solo co' Persiani avevano comune il dono della parola; e gli Arabi sentenziosi avrebbero probabilmente sdegnato la schietta e sublime dialettica di Demostene.

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Debbo rammentare al lettore che d'Arvieux, d'Herbelot, e Niebuhr dipingono co' più vivi colori i costumi e il governo degli Arabi, e che da diversi passi della vita di Maometto pigliano luce queste materie.

37

V. Il primo capitolo di Giobbe, e si rammenti la lunga muraglia di mille e cinquecento stadi eretta da Sesostri cominciando da Pelusio sino ad Eliopoli (Diodoro di Sicilia, t. 1, l. I, p. 67). A quel tempo i re pastori aveano soggiogato l'Egitto СКАЧАТЬ