Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon
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Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10 - Edward Gibbon страница 16

СКАЧАТЬ mogli, o concubine; furono statuiti con eque norme i dritti di letto e di stradotale delle mogli; fu disanimata la libertà del divorzio; divenne per esse l'adulterio un delitto capitale, e fu punita con cento vergate la fornicazione d'entrambi i sessi179. Furon questi i precetti dati dal legislatore nella calma della ragione; ma nella vita privata, si abbandonò Maometto senza ritegno alle inclinazioni dell'uomo, e fece abuso de' dritti di Profeta. Una rivelazione speciale lo dispensò dalle leggi, ch'egli aveva al suo popolo imposte; tutte, senza riserva, le donne furono in preda a' suoi desiderii: questa singolare prerogativa fu per altro soggetto d'invidia più che di scandolo, e di venerazione anzi che no pe' Musulmani devoti. Richiamando alla memoria le settecento mogli e le trecento concubine del sapiente Salomone, loderemo la moderazione del Profeta arabo, che sposò soltanto quindici o diciassette donne; undici delle quali aveano ciascuna il proprio appartamento separato intorno alla casa dell'appostolo, e alternativamente otteneano il favore della sua compagnia coniugale. È cosa singolare che tutte fossero vedove, trattane Ayesha, la figlia di Abubeker. La quale era vergine quando la sposò; e tale è la forza del clima per anticipare il tempo della pubertà, ch'ella non avea che nove anni quando egli consumò il matrimonio. La giovinezza, l'avvenenza, la franchezza d'Ayesha le diedero ben presto la preminenza su le compagne; ebbe l'amore e la confidenza del Profeta, e dopo la morte del marito, la figlia d'Abubeker fu per lungo tempo riverita come la madre de' fedeli. Equivoca per altro ed imprudente fu la sua condotta morale; in un viaggio di notte rimase per avventura indietro, e la mattina tornò al campo in compagnia d'un uomo. Maometto inclinava alla gelosia, ma da una rivelazione ebbe avviso che innocente era sua moglie; castigò gli accusatori, e pubblicò quella legge, così utile alla pace delle famiglie, che non sarebbe condannata alcuna donna se da quattro uomini non fosse stata veduta nell'atto d'adulterio180. L'amante Profeta dimenticò gl'interessi della propria fama nelle sue tresche con Zeineb, sposa di Zeid, e con Maria, schiava egiziana. Stando un giorno in casa di Zeid, scorse seminuda la bella Zeineb, e si lasciò fuggire un grido di cupidigia, e di devozione. Il servile o riconoscente liberto capì quel che bramava l'appostolo, e si prestò senza esitazione a compiacere gli amori del suo benefattore: ma avendo i legami figliali esistenti fra loro suscitato una specie di scandolo; discese dal cielo l'angelo Gabriele a ratificare quanto era accaduto, annullò l'atto di adozione, e blandamente rimbrottò il Profeta che diffidasse della indulgenza di Dio. Hafna, figlia di Omar, una delle mogli di Maometto, lo sorprese sul letto proprio in braccio alla schiava egiziana; promise ella di perdonargli e di mantenere il secreto, ed egli giurò che rinuncierebbe a Maria. Ma entrambi posero in dimenticanza i patti, e l'angelo Gabriele venne un'altra volta dal cielo con un capitolo del Corano che assolvea Maometto dal giuramento, e l'esortava a godersi liberamente le sue prigioniere e le concubine; senza badare a' clamori delle sue mogli. In un ritiro di trenta giorni con Maria, adempiè il meglio che seppe fare agli ordini dell'inviato di Dio. Quando ebbe sbramato l'amore e la vendetta chiamò alla sua presenza le undici mogli, le rimproverò d'inobbedienza e d'indiscrezione, e le minacciò di divorzio in questo Mondo e nell'altro; minaccia terribile, poichè quelle che aveano diviso il letto col Profeta erano per sempre escluse dalla speranza d'un secondo matrimonio. Quel che si narra delle facoltà naturali, o soprannaturali, che avea in sorte il Profeta181, potrebbe scusare per avventura la sua incontinenza; è fama ch'egli vantasse il vigore di trenta figli d'Adamo, e che avrebbe potuto eguagliare la decimaterza fatica182 dell'Ercole greco. Potrebbe anche la sua fedeltà per Cadijah fornire un argomento difensivo più serio e decente: in ventiquattro anni di matrimonio, non fece mai uso, quantunque giovane, del suo diritto di poligamia, nè mai all'orgoglio o alla tenerezza della illustre matrona toccò di soffrire l'associazione d'una rivale. Morta che fu, la noverò tra le quattro donne perfette, tre delle quali erano la sorella di Mosè, la madre di Gesù, e Fatima, la prediletta tra le sue figlie. «Non era già vecchia? gli disse un dì Ayesha, coll'insolenza d'una bella e fresca giovane, e Dio non le ha sostituita un'altra migliore? – No, per Dio, rispose Maometto con un'effusione di virtuosa gratitudine, veruna donna può essere preposta a Cadijah: ella mi ha creduto quando mi sprezzavano gli uomini; ella ha provveduto alla mia necessità mentre io era povero e perseguitato dagli uomini183».

      Moltiplicando in tal guisa le mogli, avea forse in animo il fondatore d'una nuova religione, e di un nuovo impero, di moltiplicare le sorti di una numerosa posterità, e d'una successione diretta. Ma le speranze di Maometto andarono deluse. Ayesha, sposata vergine, e le altre sue dieci mogli tutte vedove, in età matura e di provata fecondità, tra le possenti braccia di lui si rimasero sterili. Quattro figli avuti di Cadijah erano morti in infanzia. Maria, la sua concubina Egiziana, gli divenne più cara per aver partorito Ibrahim, ma non passarono quindici mesi che dovè il Profeta piangerne la perdita: sostenne egli con fermezza i motteggi de' suoi nemici, e represse l'adulazione o la credulità de' Musulmani, assicurandoli che un'ecclissi solare, avvenuta in quel tempo, non era stata conseguenza della morte d'Ibrahim. Avea pure avuto da Cadijah quattro figlie, le quali sposarono i più fedeli de' suoi discepoli; morirono tre prima del padre loro; ma Fatima, l'ultima che godea tutta la sua confidenza e affezione, divenne consorte d'Alì suo cugino, e ceppo d'una stirpe illustre. Al merito e alle disgrazie d'Alì e de' suoi discendenti, è d'uopo ch'io doni qui anticipatamente la esposizione della serie de' Califfi saraceni, titolo che distingue i Commendatori de' credenti in qualità di vicari e di successori dell'appostolo di Dio184.

      La nascita d'Alì, il suo matrimonio e la sua riputazione, che lo innalzarono sopra tutti i suoi concittadini, poteano giustificarne le pretensioni al trono dell'Arabia. Figlio d'Abu-Taleb, era già per questo solo titolo il Capo della famiglia di Hashem, e principe ereditario, o custode della città e del tempio della Mecca. S'era dileguata la luce profetica, ma il marito di Fatima potea sperare l'eredità e la benedizione del padre della moglie; alcune volte avevano gli Arabi obbedito ad una donna, e il Profeta strignendo teneramente fra le braccia i suoi due nipoti, li avea dalla sua cattedra qualche volta mostrati al popolo come l'unica speranza della sua vecchiaia, e come Capi della gioventù del paradiso. Poteva il primario de' veri credenti aver fiducia di camminare davanti a loro in questo e nell'altro Mondo, e se taluni pur comparivano più gravi ed austeri, almeno tra i nuovi convertiti, non potea veruno vincere Alì nello zelo e nella virtù. Accoppiava in sè i pregi di poeta, di soldato e di santo: vive ancora la sua sapienza in una Raccolta di sentenze morali e religiose185, e quando era tempo di disputare o di combattere, dalla sua eloquenza o dal suo valore erano soggiogati gli avversari. Dal primo giorno della sua missione sino all'estrema cerimonia de' suoi funerali, non fu mai abbandonato l'appostolo da quell'amico generoso, ch'egli amava denominare suo fratello, suo vicegerente, e il fido Aronne d'un altro Mosè. Fu poi rimproverato il figlio d'Abu-Taleb di avere trascurato i propri interessi, omettendo di farsi dichiarare in guisa solenne successore al trono, il che avrebbe tolta di mezzo ogni concorrenza, e data ai suoi diritti la sanzione d'un decreto celeste; ma scevro da diffidenza l'eroe s'affidava in sè stesso. La gelosia per altro del potere, e forse la tema di qualche contrarietà valsero a tenere in sospeso le risoluzioni di Maometto, e nell'ultima infermità vide assediato il suo letto dalla scaltrita Ayesha figlia di Abubeker e nemico d'Alì.

      A. D. 632

      Colla morte e pel silenzio di Maometto, la nazione ricuperò i suoi dritti, e convocò un'assemblea per deliberare su la scelta d'un successore. I titoli di nascita, e l'ardito e altero contegno d'Alì offendevano lo spirito aristocratico degli anziani che volevano poter sovente disporre dello scettro con libere e frequenti elezioni. Mal sofferivano i Koreishiti l'orgogliosa preminenza della linea di Hashem; si riaccese l'antica discordia delle tribù; i fuggiaschi della Mecca e gli ausiliari di Medina posero in campo i lor dritti speciali, e fu fatta l'imprudente proposta di eleggere due Califfi independenti, cosa che avrebbe soffocato pur nella cuna la religione e l'impero de' Saraceni. Ogni trambusto cessò per la magnanima risoluzione di Omar, il quale rinunciando alle sue pretensioni, alzò subitamente la mano, e si dichiarò il primo suddito del placido e venerando Abubeker. L'occasione, che era urgente, e l'assenso popolare poterono rendere scusabile questa illegale e precipitata СКАЧАТЬ



<p>179</p>

Il Sale (Discours préliminaire, p. 133-137) fa la ricapitolazione delle leggi sul matrimonio, sul divorzio, ec.; e chi avrà letto l'Uxor hebraica del Salden vi ravviserà molte ordinanze degli Ebrei.

<p>180</p>

Decise il Califfo Omar in un caso memorabile, che non varrebbero tutte le testimonianze di presunzione, e che i quattro testimoni dovrebbero avere veduto stylum in pixide. (Abulfedae, Annales Moslemici, p. 71, vers. Reiske).

<p>181</p>

Sibi robur ad generationem, quantum triginta viri habent, inesse iactaret; (Maracci, Prodr. Alcoran. part. IV, p. 55. V. pure le observ. del Belon, l. III, c. 10, fol. 179 recto). Al-Iannabi (Gagnier, t. III, p. 287) cita Maometto stesso che millantava di superare tutti gli uomini in valor coniugale.

<p>182</p>

Uso qui lo stile d'un Padre della chiesa, εναθλέυωι Ηρακλης τρισκαιδεκατον αθλον (San Gregorio Nazianzeno, Orat. 3, p. 108).

<p>183</p>

Abulfeda, in vit. Moham. p. 12, 13, 16, 17, cum notis Gagnier.

<p>184</p>

Questo schizzo dell'Istoria araba è tolto dalla Biblioteca orientale del d'Herbelot (articoli Abubeker, Omar, Othman, Alì, etc.), dagli Annali di Abulfeda, d'Abulfaragio e d'Elmacin, e soprattutto dalla Storia de' Saraceni di d'Ockley (vol. I, pag. 1-10, 115-122, 229-249, 363-372, 378-391, e secondo volume quasi totalmente). Devonsi ammettere però con cautela le tradizioni delle Sette nemiche; son quelle una riviera che diviene più limacciosa quanto più si allontana dalla fonte. Chardin copiò troppo fedelmente le fole e gli errori de' Persiani moderni (Voyages, t. II, p. 235-250, ec.).

<p>185</p>

Ockley, sul finire del suo volume secondo, ci ha data una versione inglese di censessantanove massime ch'egli dubbiosamente attribuisce ad Alì, figlio di Abu-Taleb. Spira nella sua traduzione l'entusiasmo d'un traduttore. Quelle massime però dipingono al naturale, ma con tinte assai tetre, la vita umana.