Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon
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Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon страница 23

СКАЧАТЬ suoi compatriotti di questo vano ed ingannevol conforto, scuoprendo a' lor'occhi gli alti fondamenti della grandezza di Roma306. La fedeltà de' cittadini l'uno verso dell'altro, e verso lo Stato, era confermata dall'abitudine dell'educazione, e da' pregiudizi della Religione. L'onore, ugualmente che la virtù, era il principio della Repubblica: gli ambiziosi cittadini cercavano di meritare la solenne gloria d'un trionfo; e l'ardore della gioventù Romana s'accendeva ad un'attiva emulazione ogni volta che vedevano le domestiche immagini de' loro maggiori307. Le contese temperate dei Patrizi e de' Plebei avevan finalmente fissato la stabile, ed ugual bilancia della costituzione, che riuniva la libertà delle assemblee popolari, coll'autorità e saviezza d'un Senato, e coll'esecutiva potenza d'un Magistrato Reale. Quando il Console spiegava la bandiera della Repubblica, ogni Cittadino si legava, mediante l'obbligazione d'un giuramento, ad impiegar la sua spada nella causa della Patria, finattantochè non avesse soddisfatto a questo sacro dovere con un servizio militare di dieci anni. Questo savio istituto continuamente versava nel campo nuove generazioni di uomini liberi e di soldati: e se ne rinforzava il numero da' guerrieri e popolati Stati d'Italia, che dopo una forte resistenza, avevan ceduto al valore, ed abbracciato l'alleanza de' Romani. Il savio Storico, che eccitò la virtù di Scipione il giovane, e vide la rovina di Cartagine308, ha descritto accuratamente il lor sistema militare, le reclute, le armi, gli esercizi, la subordinazione, le marce, gli accampamenti, e l'invincibile legione loro, superiore, nell'attività della forza, alla Falange macedonica di Filippo e d'Alessandro. Da tali istituti di pace e di guerra, Polibio ha dedotto lo spirito, ed il successo d'un Popolo, incapace di timore, ed impaziente di riposo. Fu intrapreso e condotto a termine l'ambizioso disegno di conquista, che avrebbe potuto eludersi dall'opportuna cospirazione dell'uman genere; e si mantenne la perpetua violazione della giustizia con le politiche virtù della prudenza e del coraggio. Le armi della Repubblica, talvolta vinte in battaglia, ma sempre vittoriose nella guerra, si avanzarono con rapidi passi fino all'Eufrate, al Danubio, al Reno ed all'Oceano, e le immagini d'oro, d'argento o di rame, che potrebbero servire a rappresentar le nazioni ed i loro Re, furono l'una dopo l'altra spezzate dalla ferrea Monarchia di Roma309.

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      Si è diligentemente discussa l'origine dell'Istituto monastico dal Tommasino (Discipl. de l'Eglis. Tom I. p. 1419, 1426) o dall'Helyot (Hist. des Ordres monastig. 94, Tom. I. p. 1-66). Questi autori son molto eruditi, e passabilmente onesti; e la diversità d'opinione fra loro scuopre il soggetto in tutta la sua estensione. Pure il cauto Protestante, che diffida di qualunque guida Papale, può consultare il settimo libro delle antichità Cristiane del Bingamo.

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      Vedi Euseb. Demonstr. Evang. (l. 1. p. 20. Edit Graec. Rob. Stephani Paris 1545). Nella sua Storia Ecclesiastica pubblicata dodici anni dopo la dimostrazione (l. 2. c. 17) Eusebio asserisce, che i Terapeuti fossero Cristiani; ma sembra, che non sapesse, che un Istituto simile fosse attualmente risorto in Egitto.

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      Cassiano (Collat. XVIII. 5) trae l'istituzione de' Cenobiti da quest'origine, sostenendo, che appoco appoco decadesse, finattantochè non fu restaurata da Antonio e da' suoi Discepoli.

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      Оφελιμωτατον γαρ τι χρημα εις ανθρωπος εχθουσα παρα Фεου η’ τοιαδ

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Si è diligentemente discussa l'origine dell'Istituto monastico dal Tommasino (Discipl. de l'Eglis. Tom I. p. 1419, 1426) o dall'Helyot (Hist. des Ordres monastig. 94, Tom. I. p. 1-66). Questi autori son molto eruditi, e passabilmente onesti; e la diversità d'opinione fra loro scuopre il soggetto in tutta la sua estensione. Pure il cauto Protestante, che diffida di qualunque guida Papale, può consultare il settimo libro delle antichità Cristiane del Bingamo.

2

Vedi Euseb. Demonstr. Evang. (l. 1. p. 20. Edit Graec. Rob. Stephani Paris 1545). Nella sua Storia Ecclesiastica pubblicata dodici anni dopo la dimostrazione (l. 2. c. 17) Eusebio asserisce, che i Terapeuti fossero Cristiani; ma sembra, che non sapesse, che un Istituto simile fosse attualmente risorto in Egitto.

3

Cassiano (Collat. XVIII. 5) trae l'istituzione de' Cenobiti da quest'origine, sostenendo, che appoco appoco decadesse, finattantochè non fu restaurata da Antonio e da' suoi Discepoli.

4

Оφελιμωτατον γαρ τι χρημα εις ανθρωπος εχθουσα παρα Фεου η’ τοιαδτη φιλοσοφια. Queste sono l'espressive parole di Sozomeno, che diffusamente e con piacevol maniera descrive (l. I. c. 12, 13, 14) l'origine, ed il progresso di tal monastica filosofia (Vedi Suicer. Thesaur. Eccl. Tom. II. p. 1441). Alcuni moderni Scrittori, come Lipsio (Tom. IV. p. 448, manuduct. ad Philos. Stoic. III. 13) e la Mothe-le-Vayer (Tom. IX. De la vertu des Payens p. 228, 262) hanno paragonato i Carmelitani a' Pitagorei, ed i Cinici a' Cappuccini.

5

I Carmelitani traggono la loro genealogia con regolar successione dal Profeta Elia (Vedi le Tesi di Beziers an. 1682 appresso Bayle, Nouvelles de la republ. des Lettres Oeuvr. Tom. I. p. 82, ec. e la prolissa ironia degli ordini monastici, opera anonima Tom. I. p. 433, stampata in Berlino 1751). Roma, e l'Inquisizione di Spagna imposero silenzio alla profana critica de' Gesuiti di Fiandra (Helyot, Hist. des Ordres monast. Tom. I. p. 282, 300), e si eresse nella Chiesa di S. Pietro la statua d'Elia il Carmelitano (Voyag. du P. Labat Tom. III. p. 87).

6

Plin. Hist. Nat. V. 15 Gens sola; et in toto orbe praeter ceteras mira, sine ulla femina, omni venere abdicata, sine pecunia, socia palmarum. Ita per saeculorum millia (incredibile dictu) gens aeterna est, in qua nemo nascitur. Tam faecunda illis aliorum vitae poenitentia est. Ei li pone appunto al di là del nocivo influsso del lago, e nomina Engaddi, e Masada, come le città più vicine. La Laura, ed il monastero di S. Saba non potevano esser molto distanti da questo luogo (Vedi Reland, Palaestin. Tom. I. p. 295, Tom. II. p. 763, 874, 880, 890).

7

Vedi Athanas. Op. Tom. 2. p. 450-505 e Vit. Patrum p. 26-74 con le annotazioni di Rosweyde. La prima contiene l'originale Greco; l'altra è una traduzione Latina molto antica, fatta da Evagrio amico di S. Girolamo.

8

Γραμματα μεν μαθειν ουκ ηνεσχετο. СКАЧАТЬ



<p>306</p>

Vedansi i preziosi residui del santo libro di Polibio, e molte altre parti della sua storia generale, specialmente una digressione nel libro 170, in cui paragona la falange, e la legione.

<p>307</p>

Sallust., De Bell. Jugurtin. cap. 4. Tali erano le generose proteste di P. Scipione e di Q. Massimo. L'Istorico latino avea letto, e probabilissimamente trascrisse Polibio, loro contemporaneo ed amico.

<p>308</p>

Mentre Cartagine si trovava in mezzo alle fiamme, Scipione ripeteva due versi dell'Iliade, ch'esprimono la distruzione di Troia, confessando a Polibio, suo amico e precettore (Polyb., in Excerpt. de virtut. et vit. T. II p. 1455, 1465), che riflettendo alle vicende delle cose umane, interamente applicavali alle future calamità di Roma (Appian., in Libycis p. 136, edit. Toll.).

<p>309</p>

Vedi Daniel II 31, 40. «Ed il quarto regno sarà forte come ferro, perciocchè rompe come il ferro, e supera tutte le cose». Il resto della profezia (cioè la mescolanza del ferro e della creta) s'avverò secondo S. Girolamo, ne' suoi tempi: Sicut enim in principio nihil Romano Imperio fortius, et durius ita in fine rerum nihil imbecillius: quum et in bellis civilibus, et adversus diversas nationes aliarum gentium barbararum auxilio indigemus. Oper. Tom. V p. 572.