Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ pellegrini, che visitavan Gerusalemme, difficilmente copiarono, ne' climi della terra più distanti fra loro, il genuino modello della vita monastica. I discepoli d'Antonio si sparsero di là dal Tropico, sotto l'Impero Cristiano dell'Etiopia21. Il monastero di Banchor22 in Flintshire, che conteneva più di duemila Monaci, diffuse una numerosa colonia fra' Barbari dell'Irlanda23; e Jona, una dell'Ebridi, che fu coltivata da' Monaci Irlandesi, sparse nelle regioni settentrionali un dubbioso raggio di scienza e di superstizione24.

      Quest'infelici esuli dalla vita sociale, venivano mossi dall'oscuro ed implacabile genio della superstizione. L'esempio di milioni di persone d'ambedue i sessi, d'ogni età, e d'ogni grado serviva di mutuo sostegno ad altri per farli risolvere ad abbracciar quella vita, ed ogni proselito, ch'entrava in un Monastero, era persuaso ch'ei camminava per l'aspro e spinoso sentiero dell'eterna felicità25. Ma questi religiosi motivi operavano in varie maniere, secondo il Carattere, e la situazione delle persone. La ragione potea vincere, o la passione sospendere la loro forza; ma essi agivano più vigorosamente su' deboli spiriti de' fanciulli, e delle donne; si avvaloravano da segreti rimorsi, o da accidentali disgrazie; e potevano trarre qualche vantaggio da temporali riflessi di vanità, o d'interesse. Naturalmente si supponeva che gli umili e pii Monaci, che avevano abbandonato il Mondo per attendere alla lor salvazione, fossero i più adattati al governo spirituale de' Cristiani. Si tirava l'eremita ripugnante dalla sua cella, e collocavasi, fra le acclamazioni del popolo, sulla sede Episcopale, i Monasteri dell'Egitto, della Gallia, e dell'Oriente somministrarono una regolar successione di Santi e di Vescovi; e l'ambizione tosto scoprì la segreta strada che conduceva al possesso delle ricchezze, e degli onori26. I Monaci popolari, la riputazione de' quali era connessa con la fama e la prosperità dell'Ordine, continuamente cercavano di moltiplicare il numero degli schiavi loro compagni. Si insinuavano nelle nobili ed opulente famiglie, ed impiegavano le speciose arti dell'adulazione, e della seduzione per assicurarsi que' proseliti, che potevano apportar dignità, o ricchezze alla professione monastica. Lo sdegnato padre piangeva la perdita d'un figlio forse unico27; la credula fanciulla era indotta dalla vanità a violare le leggi della natura; e la Matrona aspirava ad un'immaginaria perfezione, rinunziando alle virtù della vita domestica. Paola cedè alla persuasiva eloquenza di Girolamo28; ed il titolo profano di Suocera di Dio29 tentò quell'illustre vedova a consacrar la verginità d'Eustochia, sua figlia. Per consiglio ed in compagnia della spirituale sua guida, Paola abbandonò Roma, ed il suo piccolo figlio; si ritirò al santo villaggio di Betlemme: fondò un ospedale, e quattro Monasteri; ed acquistò, mediante la sua penitenza ed elemosine, un eminente e cospicuo posto nella Chiesa Cattolica. Tali rari ed illustri penitenti venivano celebrati come la gloria, e l'esempio del loro secolo: ma i Monasteri s'empivano d'una folla di oscuri ed abietti plebei30, che nel chiostro guadagnavano molto più di quel che avessero sacrificato nel Mondo. I contadini, i servi e gli artefici potevan passare dalla povertà e dal disprezzo ad una sicura ed onorevole professione, gli apparenti travagli della quale venivano mitigati dall'uso, dall'applauso popolare, e dal segreto rilassamento della disciplina31. I sudditi di Roma, le persone e sostanze de' quali eran sottoposte a diseguali ed esorbitanti tributi, si ritiravano dall'oppressione del Governo Imperiale; ed il giovane pusillanime preferiva la penitenza d'una vita Monastica a' pericoli della milizia. Gli atterriti Provinciali d'ogni ceto, che fuggivano da' Barbari, vi trovavan rifugio e sussistenza; e delle intere legioni si seppellivano in que' religiosi santuari, e la medesima causa, che sollevava l'angustia degl'individui, diminuiva la forza, ed il vigor dell'Impero32.

      La professione monastica degli antichi33 era un atto di volontaria devozione. L'incostante fanatico era minacciato bensì dell'eterna vendetta di quel Dio, che abbandonava; ma le porte del Monastero eran sempre aperte al suo pentimento. Que' Monaci, la coscienza de' quali era invigorita dalla ragione, o dalla passione, erano liberi di ripigliare il carattere di uomini e di cittadini, ed anche le spose di Cristo potevano ricevere i legittimi abbracciamenti d'un amatore terreno34. Gli esempi di scandalo, ed il progresso della superstizione suggerirono la convenienza di più forti legami. Dopo una sufficiente prova, si assicurava la fedeltà del novizio mediante un solenne e perpetuo voto, e veniva ratificato l'irrevocabil suo vincolo dalle Leggi della Chiesa, e dello Stato. Un reo fuggitivo era inseguito, arrestato o ricondotto alla perpetua sua prigione; e l'interposizione de' Magistrati opprimeva la libertà ed il merito, che aveva, in qualche modo, alleviato l'abietta schiavitù della disciplina monastica35. Eran dirette le azioni, le parole e fino i pensieri d'un Monaco da un'inflessibile regola36, o da un Superiore cappriccioso: lo mancanze più tenui si correggevano con la vergogna, con la prigionia, con digiuni straordinari, o con sanguinose flagellazioni, e la disubbidienza, il lamento, o l'indugio si risguardavano come i più odiosi delitti37. Una cieca sommissione agli ordini dell'Abbate, per quanto potessero sembrare assurdi, o tendenti al delitto, era il principio fondamentale e la prima virtù de' Monaci Egiziani; e spesso esercitavasi la loro pazienza co' più stravaganti sperimenti. Veniva ordinato loro di muovere un masso enorme, d'annaffiare continuamente un bastone secco piantato nel suolo, finattantochè al termine di tre anni vegetasse e germogliasse come un albero, d'entrare in una fornace ardente, o di gettare i loro figliuolini in un profondo stagno: e molti santi, o pazzi, hanno acquistato nella storia monastica una fama immortale per la loro inconsiderata e pronta ubbidienza38. La libertà dello spirito, ch'è la sorgente d'ogni generoso e ragionevole sentimento, era distrutta dall'abitudine della credulità e della sommissione; ed il Monaco, assuefacendosi a' vizi dello schiavo, devotamente seguiva la fede e le passioni dell'ecclesiastico suo tiranno. La pace della Chiesa orientale fu attaccata da uno sciame di fanatici, incapaci di timore, di ragione, o d'umanità e le truppe Imperiali confessavano senza vergogna, che temevano meno l'incontro de' più fieri Barbari39.

      Spesso la superstizione ha formato, e consacrato i capricciosi abiti de' Monaci40: ma talvolta l'apparente loro singolarità nasce anche dall'uniforme attaccamento, che hanno ad una semplice o primitiva maniera di vestire, che le rivoluzioni della moda hanno poi resa ridicola agli occhi degli uomini. Il Padre de' Benedettini espressamente disapprova qualunque idea di particolarità, o distinzione, e sobriamente esorta i suoi discepoli ad abbracciare l'abito comune e proprio de' luoghi dove si trovano41. Le vesti monastiche degli antichi variavano col clima, e con la loro maniera di vivere; e prendevano coll'istessa indifferenza la pelle di pecora de' contadini Egizi, o il pallio de' Filosofi greci. Facevan uso del lino in Egitto, dove si lavorava comunemente, ed a poco prezzo: ma in Occidente rigettavano questo capo dispendioso di lusso forestiero42. I Monaci avevano il costume di tagliarsi, o di radersi i capelli, nascondevano il capo in un cappuccio, per evitare la vista degli oggetti profani; andavano con le gambe e co' piedi nudi, eccettuato il tempo dell'estremo freddo dell'inverno; ed i loro lenti e deboli passi erano sostenuti da un lungo bastone. L'aspetto d'un vero anacoreta era orrido e disgustoso: ogni sensazione dispiacevole all'uomo, si credeva gradita a Dio; e l'angelica regola di Tabenna condannava il salutevol costume di bagnarsi le membra nell'acqua, o d'ungerle con olio43. Gli austeri Monaci dormivano sulla terra sopra una dura stoia, o su rozzi panni; e l'istesso fascio di foglie di palma serviva loro per sedere il giorno, e di capezzale la notte. Le prime lor celle erano basse ed anguste capanne formate de' più tenui materiali che, mediante una regolar distribuzione di strade, facevano un grosso e popolato villaggio, СКАЧАТЬ



<p>21</p>

Vedi Girolamo Tom. I. p. 126, Assemanni Bibl. Or. Tom. IV. p. 92, 857, 919, e Geddes Istor. Eccles. d'Etiopia 29, 30, 31. I Monaci Abissini stanno molto rigorosamente attaccati al primitivo Istituto.

<p>22</p>

Britannia di Cambden Vol. I. p. 666, 667.

<p>23</p>

L'Arcivescovo Usserio nelle sue Britannicar. Eccles. antiquitat. (Cap. XVI. p. 425, 503) espone copiosamente tutta quell'erudizione, che può trarsi da' rimasugli de' secoli oscuri.

<p>24</p>

Questo piccolo, quantunque non infecondo, spazio chiamato Jona, Hy, o Monte Colomb, che ha solo due miglia di lunghezza ed uno di larghezza, si è distinto, I. per il Monastero di S. Colomba, fondato l'anno 566, l'Abbate del quale aveva una giurisdizione straordinaria sopra i Vescovi della Caledonia; II. per una libreria classica che diede qualche speranza di contenere un Livio intiero; e III. per i sepolcri di sessanta Re Scoti, Irlandesi, Norvegi, che furono sepolti in quel santo luogo. Vedi Usserio (pag. 311, 560, 370), e Bucanano (Rer. Scot. l. II p. 15. edit. Ruddiman).

<p>25</p>

Il Grisostomo (nel primo Tomo dell'Edizione Benedettina) ha impiegato tre libri in lode e difesa della vita monastica: egli è indotto dall'esempio dell'arca a presumere, che a riserva degli eletti (cioè de' Monaci) nessuno forse potrà salvarsi (lib. I. pag. 55, 56). Altrove però si dimostra più umano (lib. 3. pag. 83, 84) ed ammette diversi gradi di gloria simili a quelli del Sole, della Luna, e delle Stelle. Nella sua vivace comparazione d'un Re con un Monaco (lib. III. pag. 116, 121), egli suppone, che il Re sarà più scarsamente premiato, e più rigorosamente punito.

<p>26</p>

Thomassin (Discipl. de l'Eglis. Tom. I. p. 1426, 1469) e Mabillon (Oeuvr. Posthum. Tom. 2. p. 115, 158). I Monaci furono appoco appoco adottati come una parte della Gerarchia Ecclesiastica.

<p>27</p>

Il D. Middleton (Vol. I. p. 110) grandemente censura la condotta, e gli scritti del Grisostomo, uno de' più eloquenti, ed efficaci avvocati della vita monastica.

<p>28</p>

Le devote femmine di Girolamo occupano una parte assai considerabile de' suoi scritti: il trattato particolare, che ei chiama Epitaffio di Paola (Tom. 1. p. 169, 192) è uno elaborato, e stravagante panegirico. L'esordio di esso è di una ridicola turgidezza: «se tutte le membra del mio corpo si mutassero in lingue, e se tutte risuonassero di voce umana, io ciò nonostante sarei incapace ec.»

<p>29</p>

Socrus Dei esse coepisti (Girol. Tom. I. p. 140, ad Eustoch.). Ruffino (in Hieronym. Op. Tom. IV. p. 223), che ne fu giustamente scandalizzato, domanda al suo avversario, da qual Pagano poeta avesse preso un'espressione sì empia, ed assurda?

<p>30</p>

Nunc autem veniunt plerumque ad, hanc professionem servitutis Dei, et ex conditione servili, vel etiam liberati, vel propter hoc a dominis liberati, sive liberandi; et ex vita, rusticana, et ex opificum exercitatione, et plebejo labore. Augustin. de oper. Monach. c. 22, ap. Thomassin. Discipl. de l'Eglis. Tom. III. p. 1094. Quell'Egizio, che biasimò Arsenio, confessò che faceva una vita più comoda da Monaco, che da pastore. Vedi Tillemont Mem. Eccles. Tom. XIV. p. 679.

<p>31</p>

Un Frate Domenicano (Voyag. du P. Labat Tom. 1, p. 10) che alloggiò a Cadice in un Convento di suoi confratelli, tosto conobbe, che le preghiere notturne non interrompevano mai il loro riposo, quoiqu' on ne laisse pas de sonner pour l'edification du peuple.

<p>32</p>

Vedi una Prefazione molto sensata di Luca Holstenio al Codex Regularum. Gl'Imperatori tentarono di sostenere l'obbligazione de' pubblici e privati doveri: ma dal torrente della superstizione furono portati via i deboli ripari: e Giustiniano sorpassò i più ardenti desiderj de' Monaci (Thomassin. Tom. I. p. 1782, 1799, e Bingham. L. VIII. c. 3. p. 253).

<p>33</p>

Furon descritti, verso l'anno 400, gl'Istituti Monastici, particolarmente quelli d'Egitto, da quattro curiosi e devoti viaggiatori; cioè da Ruffino (Vit. Part. 1. II. III. p. 424, 536), da Postumiano (Sulp. Sever. Dialog. I), da Palladio (Hist. Lausiac. in vit. Patrum p. 709, 863) e da Cassiano (Vedi nel tom. VII. Biblioth. maxim. Patr. i primi suoi quattro libri degl'Istituti, ed i ventiquattro delle Collazioni o Conferenze).

<p>34</p>

L'esempio di Malco (Girolamo Tom. I. p. 256), ed il disegno di Cassiano, e del suo amico (Collat. 24, 1) sono incontrastabili prove della lor libertà, che è descritta elegantemente da Erasmo nella vita che ha fatto di S. Girolamo. (Vedi Chardon Hist. des Sacremens Tom. VI. p. 379, 300).

<p>35</p>

Vedi le leggi di Giustiniano (Novell. 123. n. 42), e di Lodovico Pio (negli Storici di Francia T. VI. p. 427), e l'attuale giurisprudenza Francese, presso Denisart (Devis, Tom. IV. p. 855).

<p>36</p>

L'antico Codex Regularum, compilato da Benedetto Aniano, riformatore de' Monaci, nel principio del nono secolo, e pubblicato nel decimosettimo da Luca Holstenio, contiene trenta regole diverse per gli uomini, e per le donne. Sette di queste furon composte in Egitto, una nell'Oriente, una in Cappadocia, una in Italia, una in Affrica, quattro in Spagna, otto nella Gallia o Francia, ed una nell'Inghilterra.

<p>37</p>

La regola di Colombano, che tanto prevalse in Occidente, assegna cento sferzate per mancanze molto leggiere (Cod. Reg. part. 2. pag. 174). Prima del tempo di Carlo Magno, gli Abbati si divertivano a mutilare i loro Monaci, o a levar loro gli occhi, pena molto meno crudele del tremendo vade in pace (prigione sotterranea, o sepolcro), che fu inventato in seguito. Vedasi un ammirabil discorso dell'erudito Mabillon (Oeuvr. Posthum. Tom. II. p. 321, 336) che in quest'occasione sembra inspirato dal genio dell'umanità. Per tale sforzo gli si può perdonare la sua difesa della santa lacrima di Vandomo p. 561-399.

<p>38</p>

Sulp. Severo Dial, I. 12, 13. p. 532. Cassiano Inst. lib. IV. c. 26, 27. Praecipua ibi virtus et prima est obedientia. Tra le parole Seniorum (in vit. Patrum lib. V, p. 617) il decimo quarto libello, o discorso s'aggira sopra l'ubbidienza: ed il Gesuita Rosweyde, che pubblicò quel grosso volume per uso de' Conventi, ha raccolto ne' due suoi copiosi indici tutti i passi, che vi sono sparsi.

<p>39</p>

Il Dottor Jortin (Osservazioni sull'istoria Eccles. vol. IV. p. 161) ha notato lo scandaloso valore de' Monaci Cappadoci, di cui si vide l'esempio nell'esilio del Grisostomo.

<p>40</p>

Cassiano ha descritto semplicemente, quantunque con diffusione, l'abito monastico dell'Egitto (Istit. l. I) a cui Sozomeno (l. III, c. 14) attribuisce qualche allegorico senso, e virtù.

<p>41</p>

Regul. Bened. n. 55, in Cod. Regularum Part. 2. p. 51.

<p>42</p>

Vedi la regola di Ferreolo Vescovo d'Uzés (m. 31. in Cod. Regul. p. 2. p. 136), e d'Isidoro, Vescovo di Siviglia (n. 33. in Cod. Regul. p. 2. p. 214).

<p>43</p>

Si dava qualche particolar permissione per le mani e per i piedi: Totum autem corpus nemo unguet, nisi causa infirmitatis, nec lavabitur aqua nudo corpore nisi languor perspicuus sit. (Regul. Pachom. 92. Part. 1. p. 78).