Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ quae finxere fabulae theatrales.

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Lipsio (Tom. III. p 423. de magnitud, Rom. l. III. c. 3) ed Isacco Vossio (Observ. var. p. 26, 34) si son lasciati trasportare da strani sogni di quattro, di otto, o di quattordici milioni di persone in Roma. David Hume, (Saggi Vol. I. p. 460-457) unitamente ad un ammirabile buon senso e scetticismo, dimostra qualche segreta disposizione a diminuir la popolazione degli antichi tempi.

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Olimpiodoro, ap. Phot. p. 197. Vedi Fabric., Bibl. Graec. Tom. IX. p. 400.

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In ea autem majestate urbis, et civium infinita frequentia innumerabiles habitationes opus fuit explicare. Ergo cum recipere non posset area plana tantam multitudinem in urbe, ad auxilium altitudinis aedificiorum res ipsa coegit devenire: Vitruv. II. 8. Questo passo, di cui son debitore al Vossio, è chiaro, forte, e pieno.

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Le successive testimonianze di Plinio, di Aristide, di Claudiano, di Rutilio ec. provano l'insufficienza di questi editti restrittivi. Vedi Lipsio, de Magnitud. Rom. l. III c. 2.

… Tabulata, tibi jam tertia fumant,

Tu nesciis; nam si gradibus trepidatur ab imis

Ultimus ardebit, quem tegula Sola tuetur

A pluvia…

Juvenal., Satir. III. 199.

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Leggasi tutta la satira terza, ma particolarmente i versi 166-223. La descrizione dell'insula, o casa d'appigionarsi piena di gente in Petronio (c. 95. 97) perfettamente s'accorda coi lamenti di Giovenale; e sappiamo da prove legali, che al tempo d'Augusto (Heinec., Hist. Jur. Rom. c. IV. p. 181) la rendita ordinaria di varj cenacoli o appartamenti d'una isola era di quarantamila sesterzi l'anno, fra tre e quattrocento lire sterline (Pandect. lib. XIX. Tit II. n. 30); somma che prova nel tempo stesso e la grand'estensione, e l'alto valore di quelle comuni fabbriche.

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Questa somma totale è composta di 1780 Domus o vaste case, di 46,602 insule o abitazioni plebee (vedi Nardini, Rom. ant. l. III. p. 88); e questi numeri vengono assicurati dalla conformità dei testi delle diverse Notitiae (Nardini, l. VIII. p. 498-500).

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Vedasi l'esatto scrittore Messance, Recherches sur la Population p. 17-187. Appoggiato a probabili o certi fondamenti egli assegna a Parigi 23,565 case, 71,114 famiglie, e 576,630 abitanti.

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Questo computo non è molto diverso da quello che il Brotier, ultimo editore di Tacito, (Tom. II. pag. 380) ha tratto da principj simili; quantunque sembri, che esso tenda ad un grado di precisione, a cui non è possibile nè importante di giungere.

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Quanto ai fatti seguiti nel primo assedio di Roma, che vengono spesso confusi con quelli del secondo e del terzo, vedi Zosimo l. V. p. 350-354. Sozomeno lib IX. c. 6, Olimpiodoro, ap. Phot. p. 180, Filostorgio lib. XII. c. 3, e Gotofredo, Dissert. p. 467-475.

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La madre di Leta era chiamata Pissuxena. Erano però ignoti il padre, la famiglia, e la patria di essa. (Ducange, Famil. Byzantin. p. 59).

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Ad nefandos cibos erupit esurientium rabies et sua invicem membra laniarunt, dum mater non parcit lactenti infantiae: et recipit utero quem paullo anta effuderat. Girolam., ad Principiam Tom. I. p. 121. La stessa orribile circostanza parimente si racconta degli assedj di Gerusalemme e di Parigi. Quanto all'ultimo, si paragonino fra loro il decimo libro dell'Enriade, ed il Giornale di Enrico IV. (T. I. p. 47-83) e si osservi che una semplice narrazione dei fatti è molto più patetica delle più elaborate descrizioni dell'epica poesia.

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Zosimo (l. V. p. 355, 356) parla di queste ceremonie come un Greco male informato della nazionale superstizione di Roma e della Toscana. Io sospetto, che contenesser due parti, cioè le segrete e le pubbliche: le prime erano probabilmente un'imitazione delle arti e degl'incantesimi, coi quali Numa aveva tratto Giove ed il suo fulmine sul monte Aventino.

… Quid agant laqueis, quae carmina dicant,

Quaque trahant superis sedibus arte Jovem,

Scire nefas homini…

Gli ancili o scudi di Marte, pignora Imperii, che si portavano nelle processioni solenni per le calende di Marzo, traevano l'origine da questo misterioso evento (Ovid., Fastor. III. 259, 398). Si aveva probabilmente intenzione di far risorgere quest'antica festa, che era stata soppressa da Teodosio. In tal caso noi scuopriremmo una data cronologica, vale a dire il primo di Marzo dell'anno 409, che finora non si è osservata.

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Sozomeno (l. IX. c. 6.) induce a credere, che l'esperimento fosse realmente fatto, quantunque senza successo; ma non rammenta il nome d'Innocenzo; ed il Tillemont (Mem. Eccl. Tom. X. p. 645) è determinato a non credere, che un Papa potesse esser reo d'una sì empia condiscendenza.

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Il pepe era un ingrediente favorito della più sontuosa cucina Romana, e la sorte migliore di esso vendevasi quindici denarii, o dieci scellini la libbra. Vedi Plinio, Hist. Nat. XII. 14. Era portato dall'India; ed il medesimo paese, cioè la costa del Malabar, tuttavia ne somministra la più grande abbondanza: ma il perfezionamento del commercio e della navigazione ha moltiplicato la quantità e diminuito il prezzo di esso. Vedi Hist. Polit. et Philos. ec. Tom. I. p. 457.

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Questo Capitano Goto è chiamato Athaulphus da Isidoro e da Giornandes; Ataulphus da Zosimo e da Orosio: e da Olimpiodoro Adaoulphus. Io mi son servito del celebre nome d'Adolfo, che sembra essere autorizzato dalla pratica degli Svedesi, figli o fratelli degli antichi Goti.

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Il trattato fra Alarico ed i Romani ec. è preso da Zosimo lib. V. p. 354, 355, 358, 359, 362, 363. Le circostanze, che vi si potrebbero aggiungere, sono troppo poche e di piccola importanza per esigere qualche altra citazione.

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Zosimo, lib. V. p. 367, 368, 369.

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Zosimo, lib. V. p. 360, 361, 362. Il Papa, essendo restato a Ravenna, scansò le imminenti calamità di Roma, Orosio, l. VII. c. 39 p. 573.

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Per le avventure d'Olimpio e de' suoi successori nel ministero, vedi Zosimo (l. V. p. 363, 365, 366) ed Olimpiodoro (ap. Phot. p. 180, 181).

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Zosimo (l. V, p. 364) riferisce tal circostanza con visibile compiacenza, e celebra il carattere di Gennerido come l'ultima gloria del Paganesimo spirante. Assai diversi furono i sentimenti del Concilio di Cartagine, che deputò quattro Vescovi alla Corte di Ravenna per dolersi della legge, stata fatta poco avanti, che ogni conversione al Cristianesimo dovesse esser libera e volontaria. (Vedi Baron., Annal. Eccles. an. 409. n. 12. ap. 48 n. 47, 48).

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Zosimo l. V. p. 367, 368, 369. Questo costume di giurare per la testa o la vita, la salute o il genio del Sovrano era della più remota antichità, tanto in Egitto (Genes. XLII. 15.) quanto nella Scizia. Fu ben tosto per adulazione trasferito a' Cesari, e Tertulliano si duole, che questo fosse l'unico giuramento, che i Romani del suo tempo affettavano di rispettare. Vedasi un'elegante dissertazione dell'Abate Massieu sopra i giuramenti degli antichi nelle Memorie dell'Accadem. delle Inscriz. Tom. I. p. 208, 209.

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Zosimo l. V. p. 368, 369. Io ho moderato l'espressioni d'Alarico, il quale si diffonde in uno stile troppo florido sull'istoria di Roma.

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Vedi Sueton. in. Claud. c. 20. Dione Cassio lib. LX. p. 949. edit. Reimar. e la vivace descrizione di Giovenale Sat. XII. 75. ec. Nel secolo decimosesto, allorchè i residui di questo augusto Porto eran tuttora visibili, gli Antiquari ne abbozzaron la pianta (vedi Danville Mem. dell'Accad. delle Inscriz. Tom. XXX. p. 198), e dichiararono con entusiasmo, che tutti i Monarchi dell'Europa СКАЧАТЬ