Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 2. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ passioni dei soldati. Scoppiarono queste ben presto con raddoppiata violenza, ed infuriarono nel campo e nella tenda perfino del vecchio Imperatore. Il suo dolce e moderato carattere non serviva che ad inspirare disprezzo, ed egli era continuamente tormentato dalle fazioni, che sedar non poteva, e da richieste impossibili a soddisfarsi. Non ostanti le lusinghiere speranze che Tacito avea concepite di rimediare ai pubblici disordini, egli fu presto convinto, che la sfrenatezza dell'esercito deprezzava il debol ritegno delle leggi; e il dolore di veder volti in male i suoi disegni, unito all'altre angustie, affrettò gli ultimi suoi momenti. Si dubita se i soldati imbrattassero le loro mani nel sangue di questo innocente Principe114; ma è certo però, che la loro insolenza cagionò la morte di lui. Egli spirò a Tiana nella Cappadocia, dopo un regno di soli sei mesi e quasi venti giorni115.

      Tacito avea chiusi appena gli occhi, che il suo fratello Floriano si mostrò indegno del trono colla frettolosa usurpazione della Porpora, senza aspettare l'approvazion del Senato. Il rispetto per la Romana costituzione, che tuttavia influiva nelle armate o nelle Province, era abbastanza forte per disporle a biasimare la precipitosa ambizione di Floriano, ma non per incitarle ad opporvisi. Sarebbe il disgusto svanito in vani susurri, se il General dell'Oriente, l'eroico Probo, non si fosse arditamente dichiarato vendicator del Senato. Era per altro sempre la contesa ineguale, nè potea il più abile Generale alla testa delle effemminate truppe dell'Egitto e della Siria, combattere con alcuna speranza di vittoria, contro le legioni dell'Europa, che con irresistibil valore sembravano sostenere il fratello di Tacito. Ma la fortuna e l'attività di Probo superarono ogni ostacolo. I robusti veterani del suo rivale, avvezzi ai climi più freddi, illanguidivano e venivano meno agli eccessivi calori della Cilicia, dove l'aria nella state era molto malsana. Le frequenti diserzioni diminuivano il loro numero: i passi delle montagne erano debolmente difesi. Tarso aprì le sue porte, ed i soldati di Floriano, dopo avergli lasciato godere per tre mesi il titolo Imperiale, liberarono l'Impero da una guerra civile col facile sacrifizio di un Principe da loro sprezzato116.

      Le continue rivoluzioni del trono aveano sì bene sbandita ogni idea di ereditario diritto, che la famiglia di un Imperatore sfortunato era incapace di eccitare la gelosia dei suoi successori. Fu ai figli di Tacito e di Floriano permesso di scendere allo stato privato, e di restar confusi nella generale massa del popolo. La loro povertà veramente servì d'un'altra difesa alla loro innocenza. Quando fu Tacito eletto dal Senato, egli consacrò al pubblico servizio l'ampio suo patrimonio117, atto di speciosa generosità in apparenza, ma che evidentemente svelava la sua intenzione di trasmettere l'Impero ai suoi discendenti. L'unica consolazione del loro caduto stato fu la memoria di una passeggiera grandezza, e la lontana speranza, figlia di una profezia lusinghiera, che sorgerebbe dopo mille anni dalla stirpe di Tacito un Monarca protettor del Senato, ristauratore di Roma, e conquistatore di tutta la terra118.

      I contadini dell'Illirico, che già dato aveano al cadente Impero e Claudio e Aureliano, poterono con egual diritto gloriarsi dell'innalzamento di Probo119. Quasi venti anni avanti, l'Imperator Valeriano, con la solita sua penetrazione, avea conosciuto il nascente merito di quel giovane soldato, al quale conferì il posto di Tribuno molto innanzi all'età prescritta dalle regole militari. Il Tribuno giustificò ben presto la di lui scelta con una vittoria sopra un gran corpo di Sarmati, nella quale salvò la vita ad uno stretto parente di Valeriano, e meritò di ricevere dalle mani dell'Imperatore le collane, i monili, le lance e le insegne, la corona murale e la civica, e tutte le onorevoli ricompense destinate dall'antica Roma ad un fortunato valore. La terza legione, e quindi la decima furono affidate al comando di Probo, che ad ogni passo della sua promozione si mostrò superiore al posto ch'egli occupava. L'Affrica ed il Ponto, il Reno, il Danubio, l'Eufrate ed il Nilo gli porsero a vicenda le più luminose occasioni di mostrare il suo valor personale e la sua scienza nell'arte della guerra. A lui fu debitore Aureliano della conquista dell'Egitto, e molto più per l'onesto coraggio, col quale si oppose sovente alla crudeltà del suo Sovrano. Tacito, che desiderava di supplire alla sua propria mancanza di militari talenti con l'abilità de' suoi Generali, lo nominò primo Comandante di tutte le Orientali Province col quintuplo della solita paga, colla promessa del Consolato, e colla speranza del trionfo. Quando Probo salì sul Trono Imperiale era nell'età di quasi120 quarantaquattr'anni, nel pieno possesso della sua gloria, dell'amor dell'esercito, e di un maturo vigore di corpo e di spirito.

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      Il riconosciuto suo merito ed il buon successo delle sue armi contro Floriano, lo lasciarono senza un nemico, o senza un competitore. Pure, se creder si debbono le sue proprie proteste, ben lungi dal desiderare l'Impero, egli lo aveva accettato con sincerissima ripugnanza. «Ma non è più in mio potere (dice Probo in una sua privata lettera) di deporre un titolo così invidiato e pericoloso. Mi è forza di continuare a rappresentare il carattere, di cui mi hanno rivestito i soldati121.» La rispettosa sua lettera al Senato mostrava i sentimenti, o almeno il linguaggio di un cittadino Romano. «Quando voi eleggeste, o Padri coscritti, uno del vostro Ordine per succedere all'Imperatore Aureliano, operaste secondo la vostra giustizia e la vostra prudenza. Imperocchè voi siete i Sovrani legittimi del mondo, ed il potere, trasmessovi dai vostri antenati, passerà nella vostra posterità. Felice Floriano! Se invece di usurpar la porpora del suo fratello, come una privata eredità, egli avesse aspettato che la vostra maestà si fosse determinata in favore o di lui, o di alcun'altra persona. I prudenti soldati hanno punita la temerità di lui, ed a me hanno offerto il titolo di Augusto. Ma io sottopongo alla vostra clemenza i miei diritti ed i meriti miei122.» Quando fu letta dal Console questa rispettosa lettera, non poterono i Senatori nascondere il loro contento, che Probo condescendesse a domandare così umilmente uno scettro che già possedeva. Celebrarono essi con la più viva gratitudine le virtù, le imprese, e soprattutto la moderazione di lui. Fu immediatamente fatto un decreto, senza pure un voto contrario, per ratificare l'elezione degli eserciti d'Oriente e per conferire al lor capo tutti i diversi rami della Imperial Dignità, i nomi di Cesare e di Augusto, il titolo di Padre della Patria, il diritto di fare al Senato in un giorno tre diverse proposizioni123, l'uffizio di Pontefice Massimo, la potestà tribunizia e l'autorità proconsolare; formula d'investitura, che benchè sembrasse moltiplicare l'autorità dell'Imperatore, non faceva ch'esprimere la costituzione dell'antica Repubblica. Corrispose tutto il Regno di Probo alla sua bella aurora. Fu rilasciata al Senato la civile amministrazione dell'Impero. Il fido suo Generale sostenne l'onore dell'armi Romane, e spesso pose ai piedi di quell'assemblea corone d'oro e barbarici trofei, frutti delle sue numerose vittorie124. Pure, mentr'egli contentava la vanità dei Senatori, ne deve in secreto aver disprezzata l'indolenza e la debolezza. Benchè potessero ad ogni momento abolire il disonorevole editto di Gallieno, i superbi successori degli Scipioni pazientemente soffrirono di essere esclusi da tutti gl'impieghi militari. Conobbero ben presto, che chi ricusa la spada, deve ancora rinunziare allo scettro.

      A. D. 277

      La forza di Aureliano avea per ogni parte oppressi i nemici di Roma. Parve che dopo la morte di lui risuscitassero più fieri e più numerosi. Furono essi vinti di nuovo dalla vigorosa attività di Probo, che nel corto regno di quasi sei anni125 agguagliò la fama degli antichi Eroi, e ristabilì la pace e l'ordine in ogni Provincia del Mondo Romano. Così saldamente assicurò la pericolosa frontiera della Rezia, che la lasciò senza il sospetto neppur di un nemico. Egli abbattè l'erranti forze delle Tribù de' Sarmati, e col terror delle armi sue costrinse que' Barbari a desistere dalle rapine. Chiesero ardentemente i Goti l'alleanza di un Imperatore così bellicoso126. Egli assalì gl'Isaurici nelle loro montagne, assediò e prese vari de' loro più forti castelli127, e si lusingò di aver СКАЧАТЬ



<p>114</p>

Eutropio ed Aurelio Vittore dicon solamente ch'egli morì. Vittore Giuniore aggiunge, ch'egli morì di febbre. Zosimo e Zonara affermano, ch'egli fu ucciso dai soldati. Vopisco riferisce le due relazioni, e sembra incerto. Sono per altro facilmente conciliabili queste diverse opinioni.

<p>115</p>

Secondo i due Vittori egli regnò precisamente dugento giorni.

<p>116</p>

Stor. Aug. 231. Zosimo, l. I. p. 58, 59. Zonara, l. XII. p. 637. Aurelio Vittore dice che Probo assunse l'Impero nell'Illirico; opinione la quale (benchè adottata da un uomo dottissimo) getterebbe una insuperabile confusione in quel periodo di storia.

<p>117</p>

Stor. Aug. p. 229.

<p>118</p>

Egli dovea inviare dei Giudici ai Parti, ai Persiani, ed ai Sarmati, un Presidente alla Taprobana, ed un Proconsole nell'Isola Romana, supposta dal Casaubono e da Salmasio essere la Britannia. Una storia quale è la mia (dice Vopisco con giusta modestia) non sussisterà mille anni per potere esporre o giustificare la predizione.

<p>119</p>

Per la vita privata di Probo, vedi Vopisco nella Stor. Aug. p. 234, 237.

<p>120</p>

Secondo la Cronaca Alessandrina egli era nell'età di cinquant'anni quando morì.

<p>121</p>

La lettera era indirizzata al Prefetto del Pretorio, il quale (supposta la di lui buona condotta) egli promise di mantenere nell'importante sua carica. Vedi Stor. Aug. p. 237.

<p>122</p>

Vopisco nella Stor. Aug. p. 237. La data della lettera è certamente erronea. In vece di Non. Februar. si può leggere Non. Augusti.

<p>123</p>

Stor. Aug. p. 238. È cosa strana che il Senato trattasse Probo men favorevolmente di Marco Antonino. Avea quel Principe ricevuto, anche prima della morte di Pio, il Jus quintae relationis. Vedi Capitolin. nella Stor. Aug. p. 24.

<p>124</p>

Vedi la rispettosa lettera di Probo al Senato dopo le sue vittorie Germaniche Stor. Aug. p. 239.

<p>125</p>

La data e la durata del Regno di Probo sono esattamente fissate dal Cardinal Noris nella sua dotta opera, De Epochis Siro-Macedonum, p. 96, 105. Un passo di Eusebio congiunge il secondo anno di Probo con le Ere di diverse città della Siria.

<p>126</p>

Vopisco nella Stor. Aug. p. 239.

<p>127</p>

Zosimo (l. I, p. 62-65) racconta una lunghissima e frivolissima istoria di Licio, masnadiere Isaurico.