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questo fatto, usa la espressione sebi, che vuol dir propriamente le donne e fanciulli prigioni. Parmi qui adoperata in significato più largo.
438
Il nome etnico di 'Attâf è dato dal solo Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 165.
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Quest'ultimo periodo della rivoluzione si ricava in parte dalla Cronica di Cambridge, anni 6447 a 6450, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 48, 49; in parte da Ibn-el-Athîr, anno 325. Si veggano anche il Baiân, ediz. Dozy, tomo I, p. 223; Abulfeda, anno 325; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione, p. 164, 165. Il Nowairi, presso Di Gregorio, p. 15, accenna la venuta e la partenza di Khalîl, senza far motto della guerra. Il Rampoldi, Annali, tomo V, p. 213, 217, 221, 223, 230, anni 937, 938, 939, 940, 941, aggiugne di capo suo una ribellione in Palermo in questo secondo periodo, aiutata dai Bizantini; e che il governo d'Affrica mandasse grani in Sicilia.
440
Era modo familiare il chiamare col keniel, ossia primo soprannome, anzichè col nome proprio o col titolo di dignità.
441
Confrontinsi: Baiân, l. c., e Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 104 recto.
442
Peccato, poichè i pubblicisti più accreditati non permetteano di uccidere i ribelli presi con le armi alla mano, nè di tenerli in prigione finita che fosse la guerra, nè di prendere i loro beni, nè di far cattive lor donne e figliuoli. Veggasi Mawerdi, Ahkâm Sultanîa, ediz. Enger, p. 98 e seg.; The Hedaya, versione inglese di Hamilton, lib. IX, cap. IX, nel tomo II, p. 250. Nell'impero ottomano prevalsero poi dottrine più tiranniche, le quali si ricerchino in D'Ohsson, Tableau de l'Empire Ottoman, tomo VI, p. 253.
443
Confrontinsi: Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 104 recto; Baiân, tomo I, p. 223; Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV, fog. 343 recto, anno 333.
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Significa, “Que' che dicono: Non vogliam saperne nulla.” Proprio come i Know-nothings d'America.
445
Veggasi: Tigiani nel Journal Asiat., série IVe, tomo XX, p. 171, seg.; Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, passim.
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È voce arabica che significa “buona nuova;” un de' nomi che volentieri si davano alli schiavi. Andrebbe meglio trascritta in francese Bochra, che non si può rendere col nostro alfabeto. Tigiani dice costui siciliano (sikilli); il testo d'Ibn-Khaldûn pubblicato da M. De Slane porta Schiavone (saklabi); nè so determinar la vera lezione. La critica storica ci ricorda che tra gli schiavi e mercenarii dei Fatemiti vi fossero al paro e Siciliani e Slavi. La differenza tra coteste due voci in scrittura arabica è lievissima, e però il merito dei MSS. non può servire di argomento decisivo. Nondimeno, Tigiani fu erudito più diligente che Ibn-Khaldûn, e i MSS. delle sue opere, copiati assai men sovente che quelli d'Ibn-Khaldûn, sembrano men sospetti d'errore.
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Queste due battaglie sono raccontate da Tigiani, Journal Asiatique, série IVe, tome XX, p. 101, seg. Si vegga anche Ibn-Khaldûn, Storia dei Berberi, testo arabo, tomo II, p. 18, 19.
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I dotti e la cittadinanza di Kairewân seguirono con molto zelo Abu-Iezîd all'assedio di Mehdia. Chi mai scriverà questo bel tratto di storia, non dimentichi le notizie che ne dà il Riâdh-en-Nofûs, fog. 89 verso a 91 verso. Quivi si narra la deliberazione presa dai fakih nella Moschea giami' di Kairewân; i dotti che s'armavano; le corporazioni che veniano in arnesi di guerra con lor bandiere di varii colori scritte con varie leggende; i martiri caduti in battaglia ec. Il dotto Abu-l-Arab, ch'era dei capi rivoluzionarii, sclamava all'assedio di Mehdia: “Ho scritto di mia mano 1500 trattati; ma il combatter qui val meglio che tanta dottrina!”
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Il cenno che do di questa grande rivoluzione è tolto da Ibn-el-Athîr, anni 333, 334; MS. C, tomo V, fog. 343 recto a 346 recto; Baiân, tomo I, p. 200 a 228; Tigiani, Journal Asiatique, série Ve, tomo I, p. 178, seg.; Ibn-Khaldûn, Storia dei Berberi, testo, tomo II, p. 16 a 23; Ibn-Hammâd, Journal Asiatique, série IVe, tomo XX, p. 470, seg. Per le date, seguo a preferenza Ibn-el-Athîr. Si veggano anche il Riâdh-en-Nofûs, fog. 89 verso, seg.; Iehia-ibn-Sa'îd, Continuazione di Eutichio, fog. 87 verso; Ibn-Khallikân, versione di M. De Slane, tomo I, p. 218, seg., e III, p. 185.
450
Ibn-Hammâd, op. cit., p. 497.
451
Cronica di Cambridge, op. c., p. 49, an. 6450.
452
’Ο Κρηνίτης Χαλδίας τῆς Καλαβρίας γεγόμενος στρστηγὸς. Nella edizione di Parigi fu aggiunto tra parentesi παρὰ dopo il nome proprio; e fu tradotto Crenita Chaldiæ in Calabria prefectus; la quale versione non è mutata nella edizione di Bonn, ancorchè sia stato ridotto a miglior lezione il testo, Chaldia era nome d'un tema bizantino, che avea per capitale Trebisonda nell'Armenia minore; e qui indica la patria di quel barattiere, non la sua sede in Calabria, ove non fu mai luogo di tal nome. Si vegga per Caldia, Costantino Porfirogenito, De Thematibus, p. 30, e De administrando imperio, p. 199, 209, 226, ediz. di Bonn.
453
Cedreno, ediz. di Bonn, tomo II, p. 357.
454
Cedreno, l. c. Costantino riprese il comando dell'impero in dicembre 944.
455
Cronica di Cambridge, l. c. Il cronista avea ben dato il titolo di emir a tutti i precedenti infino a Sâlem; e nol dimentica parlando poco appresso del kelbita Hasan-ibn-Ali.
456
Nowairi, presso Di Gregorio, p. 15, senza nominare Ibn-Kufi. Il Nowairi direbbe secondo la versione: “Anno 334, præfectus electus fuit Mohammed ben el Aschaat, qui usque ad annum 336 leniter gessit imperium;” ma va corretto secondo il testo: “Fu wâli in Sicilia l'anno 334 Mohammed-ibn-Asci'ath; e resse gli affari infino al 336 (Ibn)'Attâf.” L'oscurità di questo passo, che mosse M. Caussin a considerare, fuor d'ogni regola grammaticale, il nome proprio 'Attâf come sostantivo o aggettivo, viene appunto dalla dubbiezza del compilatore; il quale, trovando due nomi di governanti nello stesso tempo, impiastrò l'uno essere stato wâli fino al 34, e l'altro avere tenuto la somma delle cose fino al 36. Ibn-el-Athîr, incontrata, com'ei pare, la stessa difficoltà nelle croniche, se ne cavò col silenzio. Non disse degli altri; non disse del tempo in cui Ibn-'Attâf prendesse il governo; ed occorrendogli di nominarlo, non gli diè alcun titolo. Se si volesse seguire il Nowairi senza badare all'ambiguità delle sue parole nè al silenzio della Cronica di Cambridge e d'Ibn-el-Athîr, si potrebbe supporre che nel 34 fu fatto emiro Ibn-Asci'ath; e dal 35 al 36 governò di nuovo Ibn-'Attâf. Il Rampoldi, tomo V, p. 256, anno 945, citato dal Martorana, tomo I, p. 217, nota 13, dice che Mohammed-ibn-Asci'ath fosse stato precettore di Mansûr. Non credo che i compendii ch'egli ebbe alle mani gli abbian potuto fornire tal notizia. Al suo modo di compilare supporrei piuttosto un enorme anacronismo che l'abbia portato a confondere questo Ibn-Asci'ath con l'autore della setta dei Karmati, del quale ho fatto cenno nel Libro III, cap. V, p. 116 di questo volume.
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Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, anno 336; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 165, 166, e il breve cenno del Nowairi presso Di Gregorio, p. 15. Il passo di quest'autore che Di Gregorio tradusse: “De perturbato rerum Siciliensium statu, et quod in earum administratione nonnulla vitia irrepsissent;” e M. Caussin: “La peine que lui donnaient les habitants et le mauvais état des affaires;” si renderebbe più correttamente: “Che i Siciliani rimbaldanzivano, e piegavano al male;” cioè si disponeano alla ribellione.