Название: Samos
Автор: Xisco Bonilla
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Историческая литература
isbn: 9788835431749
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«Lasciatemi maledetti! Lasciatemi andare! Almice, aiutami!» Le urla di Telma svegliarono i suoi fratelli. La prima cosa che Almice pensò fu che la sorella fosse in preda ad un incubo. Aprì gli occhi e si sedette per capire cosa stesse succedendo.
«Lasciate stare mia sorella!» Il ragazzo balzò in piedi pronto a difenderla, ma un tremendo pugno lo fece cadere sulle bambine, che urlavano spaventate.
«Resta qui, moccioso!» Un marinaio barbuto lo minacciava con i pugni in guardia. Almice si alzò di nuovo e senza pensarci due volte avanzò verso il marinaio e gli diede un forte calcio tra le gambe, prendendolo di sorpresa e facendolo contorcere ululando di dolore. Il giovane gli saltò addosso. Un altro marinaio incrociò la gamba facendogli lo sgambetto e Almice, sprovveduto, cadde a faccia in giù accanto alle scale, ai piedi di Zamar. Il capitano della nave, forte e arrogante, gli stava di fronte. Almice notò il suo naso, un grosso naso aquilino mezzo schiacciato e deviato, il risultato di uno sfortunato scontro con un altro possente avversario. Una grossa cicatrice solcava la sua fronte finendo sopra il sopracciglio dell’occhio sinistro, dandogli un aspetto ancora più fiero.
«Vi ho ordinato di lasciarli riposare. Lasciatela stare!» I marinai si spaventarono quando sentirono l'ordine del capitano alle loro spalle.
«È la nostra ricompensa» recriminò uno degli uomini, quello che teneva stretta Telma per un braccio. Zamar tirò fuori un piccolo pugnale e lo portò con la velocità del pensiero al collo di quello che aveva parlato.
«Lasciala andare! Subito!» Il tono era autorevole e non lasciava dubbi. Il marinaio lasciò andare la ragazza. Telma si accovacciò piangendo accanto al fratello. «Voi tre, salite sul ponte e che non vi veda più in giro qui sotto.» Quindi abbassò lo sguardo sui ragazzi. «Per quanto riguarda voi due, è meglio che torniate nella vostra cabina.» Vi prego di scusare il mio equipaggio, sono uomini di mare e non hanno le maniere adatte a curare gli ospiti. Vi assicuro che non vi daranno più fastidio.»
I due fratelli, ancora scossi, si alzarono e tornarono insieme nella cabina. Abbracciarono le loro sorelle. Nessuno parlò. Spaventati, non sapevano se potessero fidarsi del capitano della barca. Zamar, che al momento li rispettava; si allontanò farfugliando qualcosa tra sé mentre si dirigeva verso il ponte. Passò mezzogiorno e, sebbene avessero un secchio pieno d'acqua nella loro cabina, nessuno scese per offrire loro del cibo. Si guardarono bene dall'andare a chiedere da mangiare. Lasciarono passare la giornata in silenzio, pensando nel loro intimo che era stato un errore salire su quella imbarcazine, guardandosi l'un l'altro con la paura riflessa sui loro volti fino al tardo pomeriggio.
«Si può sapere a cosa stavate pensando, idioti?» Zamar si rivolse ai tre marinai nella privacy della loro piccola sistemazione sul ponte. «Avete solo segatura in testa?» Uno dei marinai, quello che aveva preso Telma, parlò.
«Captano, ci avevi detto che in questo viaggio avremmo avuto il nostro bottino e abbiamo pensato che ...»
Zamar lo interruppe con rabbia:
«Avete pensato! Non avete nemmeno una minima idea di come stanno le cose. Forse non conoscete il valore che questi ragazzini possono avere a Tiro? Sicuramente i quattro sono ancora vergini. E voglio che lo rimangano!» ribadì l'ordine trapassandoli con gli occhi. «È chiaro?» I tre elementi annuirono. «Non hanno idea della navigazione, mi è bastato vedere la loro barca. Vogliono andare a Kos, quindi li porteremo lì.»
«Ma se noi non possiamo avvicinarci a Kos dall'anno scorso, ci cattureranno» lo interruppe l'altro marinaio in tono ironico.
«Non capite niente, stupidi. Meglio per tutti se pensano di essere liberi all'interno della nostra barca, in questo modo non ci daranno problemi finché non arriveremo a Tiro. In questo viaggio non abbiamo avuto molta fortuna con gli abbordaggi, ma questi ragazzi valgono molto più di quanto loro stessi immaginano. So che non siamo in un porto da molto tempo per riposare; ma aspettate, se qualcuno di voi fa loro il minimo danno, lo lascerò nel primo porto dove attraccheremo senza paga né bottino. Spero che vi sia chiaro, ci sono molti soldi in gioco e non lascerò che nessuno di voi rovini tutto pensando come un animale.»
La barca si stava dirigendo verso est. Navigò tutto il giorno; il mare calmo e il dolce vento da nordovest erano favorevoli. Al crepuscolo, il capitano mandò a chiamare i ragazzini nel suo alloggio. Un marinaio andò a cercarli e loro, affamati e diffidenti, si affrettarono a salire in coperta, sbirciando tutto l'equipaggio che trovavano sul loro cammino.
«Avanti, amici miei» disse Zamar sorridendo dalla porta. «Spero che abbiate riposato un po', noi abbiamo lavorato molto qui in coperta e abbiamo pensato che dopo l'incidente di stamattina fosse meglio lasciarvi riposare fino al pomeriggio.» I fratelli entrarono nella stretta cabina e si sedettero insieme su una delle panchine fissate al suolo.
«Buon pomeriggio, capitano» cominciò a parlare Almice. «Perché i suoi uomini si sono comportati così?» Zamar si aspettava quella domanda.
«Dovete scusarli, sono a bordo da molto tempo e talvolta esagerano un po'. Li ho già rimproverati. Bene, ditemi, so che volete andare a Kos, ma non so come siate arrivati fino al punto in cui vi abbiamo raccolto.» Almice gli raccontò rapidamente, senza entrare in molti dettagli, la fuga da Samos e l'odissea affrontata con la loro barca. Apparentemente Zamar stava ascoltando con attenzione mentre calcolava quanto poteva ottenere per ciascuno di loro al mercato degli schiavi di Tiro.
«Così siete dei fuggitivi.»
«No, per niente» chiarì Telma, un po' contrariata dall'osservazione. «Non siamo dei fuggitivi. Abbiamo lasciato Samos perché non avevamo più famiglia lì, il nostro parente più stretto è a Kos.
«Scusatemi, non era mia intenzione offendervi. Comunque sia, ora siete in salvo sulla mia barca. Dai, sono sicuro che avete fame, mangiate un po'.» Si sedette anche lui al tavolo e si servì una succulenta coscia di pollo arrosto. Nerisa e Janira lo imitarono immediatamente mordendo avidamente il cibo. Telma e Almice incrociarono gli sguardi, dubitando per un momento prima di unirsi anche loro al pasto.
La cena passò tranquillamente, i ragazzi riacquistarono le forze e saziarono il loro appetito, erano passati due giorni da quando i genitori erano stati uccisi, due giorni eterni in mezzo al mare. Non erano abituati a mangiare carne, la loro dieta abituale includeva quasi sempre pesce e verdure e la carne veniva assaggiata solo in occasioni eccezionali. Recuperarono il desiderio di andare avanti.
«Vedo che non mangiavate da un po' di tempo.» Zamar si grattò la testa mentre parlava, scavando tra i capelli arruffati.
«Sì, abbiamo portato del cibo, ma in poca quantità; quasi tutto pesce essiccato, pensavamo che la traversata sarebbe stata più semplice. A quest'ora pensavamo di stare a Kos.»
«Il mare fa prendere molti spaventi. Fortunatamente siete vivi, anche se avete deviato abbastanza dalla vostra rotta.»
«Siamo così lontani da Kos?» Almice era sorpreso.
«Non molto, ad un paio di giorni; si capisce che la corrente vi ha trascinato verso ovest. In ogni caso, vi porteremo lì. Non significa deviare troppo dalla nostra rotta.»
«Per questo non si preoccupi, capitano, abbiamo del denaro per pagare il passaggio.» Almice prese le monete dall'interno dei suoi abiti e le offrì a Zamar. Il capitano le osservò, erano monete coniate dai Tolomei.
«Sono pochi soldi, СКАЧАТЬ