La vita militare: bozzetti. Edmondo De Amicis
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Название: La vita militare: bozzetti

Автор: Edmondo De Amicis

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066070373

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СКАЧАТЬ dei fossi e presero sonno; gli altri si ripararono sotto gli alberi che fiancheggiavano la strada.

      Tonava e lampeggiava maledettamente. Cessata la prima furia del temporale, s'era levato un vento a folate che spingeva di traverso una pioggia minuta e fredda da cui non v'era modo di schermirsi la faccia per quanto la s'imbacuccasse colla coperta da campo e col bavero del cappotto. A poca distanza dalla strada appariva tratto tratto, rischiarata dai lampi, una bella e signorile villetta, e fra questa e la via un piccolo giardino a scompartimenti e ad aiuole, sparso di mortelle e di vasi di fiori. Fra lampo e lampo, si vedeva muovere l'ombra di due persone sulle tendine di una finestra illuminata.

      In quella stanza, stava raccolta in quell'ora la famiglia d'un ricco possidente piacentino, il quale soleva ogni anno protrarre la villeggiatura fino alla fine d'ottobre, in compagnia dei suoi figli e di una sua sorella vedova, attempata, bizzarra, e con certi fumi di boria patrizia pel capo; ma, in fondo, di buona indole e di buon cuore. Il salotto era mobiliato riccamente e illuminato da un'elegante lampadario appeso alla vôlta. Due bei bimbi si baloccavano attorno alla tavola da pranzo; un giovanetto leggeva un giornale in un canto; dall'altro lato due ragazze di diciotto in vent'anni sedevano davanti a un tavolino da lavoro discorrendo col fratello maggiore; il babbo e la sorella in piedi accanto alla finestra erano assorti in una conversazione animata.

      —Con vostra buona pace—brontolava la sorella—io non partecipo nè punto nè poco ai vostri sacri entusiasmi.

      —Tanto peggio per voi; avrete molte consolazioni di meno.

      —Belle consolazioni! Guardate la vostra campagna in che stato vi si è ridotta con questo continuo passar di soldati. Ci siete stato nelle vigne?

      —Ci son stato; e per questo? Potevano fare assai peggio. Già, più d'un grappolo per uno credo che non n'avranno preso, perchè da una mano debbon tenere il fucile, e nello zaino l'uva non ce la possono mettere senza sciuparla.

      —Allora tanto valeva invitarli a rubare.

      —A servirsi, volete dire; era inutile.

      —Sarebbe stato più generoso.

      —....È vero, e mi pento di non averlo fatto.

      —Mi fate dispetto.—

      Il fratello si mise a ridere.

      —Sicuro che mi fate dispetto, perchè, scusatemi, avete una filosofia senza sugo. Bene, sì, ammetto, sono soldati, difensori della patria, martiri, eroi, tutto quel che vi piace, tutto quel che volete; amiamoli, incensiamoli, idolatriamoli, passi anche questo; ma da lontano, Dio mio! da lontano e in complesso. Tutto l'esercito insieme lo rispetto anche io; ma i soldati uno per uno, poi.... In fin dei conti non son altro che contadini vestiti tutti d'un colore. O che c'è bisogno di andar loro incontro per la campagna, come fate voi, per ringraziarli d'avervi rubato, e condurveli in casa a bere, e trattarli a pasticcini, e accompagnarli al cancello come se fossero principi?

      Il fratello continuava a ridere.

      —Ridete, ridete. E ogni volta che passa un reggimento continuate a scender giù voi e tutta la vostra famiglia a vederlo passare, e a star là sulla porta con due ragazze di quell'età, e ne sentirete delle belle da quei vostri guerrieri assuefatti a bazzicar le bettole, a ubriacarsi di acquavite e a masticar tabacco. L'altro giorno intanto....

      —Avete fatto un gran che d'un nonnulla. Se quella parola l'avesse detta chiunque altro, che non fosse un soldato, non l'avreste nemmeno avvertita. Bisogna condonar qualcosa alla gioventù. E poi son guerrieri in fin dei conti, e non frati.

      —Sì, sì, continuate pure a idolatrare il cappotto bigio, e un giorno o l'altro vi toccherà qualche lezione.

      —L'aspetto. Ma non volete capirla che non è il cappotto bigio che io idolatro; ma proprio quei contadinacci che lo vestono, rozzi, come dite voi, e beoni e scostumati, e quelle loro manaccie incallite, e quelle loro faccie ossute e arse dal sole, e quelle loro fronti che per tanti anni stettero curvate sui solchi ed ora....

      —Ed ora mi fate più dispetto di prima.—

      In quel punto s'udì picchiare alla porta di casa.—Dopo un minuto, un servitore venne a dire che un soldato il quale avea smarrita la via cercava ricovero.

      —Stiamo a vedere che lo fate salir qui a ricevere i vostri complimenti,—disse la sorella.

      —Fatelo salir subito,—disse risolutamente il padrone.

      —Oh!

      —Subito; qui, in questa stanza.—

      Il servitore scomparve.

      Si sente un passo lento e strascicato venir su per le scale. Poi un colpo come di corpo pesante lasciato cader sul pavimento;... ha lasciato cader lo zaino. Poi il suono del fucile appoggiato alla parete. Subito dopo la porta del salotto s'apre; eccolo sul limitare. Pallido, cascante, grondante d'acqua, sordido di fango il viso e le mani, e il capo inclinato languidamente sulla spalla, gira l'occhio intorno peritoso e meravigliato.

      Primo il padrone, e tutti gli altri dopo lui, gli si fanno intorno sollecitamente.

      —Avanti, avanti, giovinotto; avanti liberamente.—

      Egli fa un passo innanzi, abbassa gli occhi, vede il tappeto e si ritrae mormorando:

      —Scusino.... io non avevo veduto.

      —Ma che!—sclama il padrone, e lo piglia pel braccio e lo fa venire avanti e lo costringe a sedere accanto al cammino. Egli si fa bianco bianco nel viso, abbandona il capo all'indietro e lascia cadere le braccia penzoloni.—Oh Dio mio!—gridano tutti insieme spaventati; il padrone gli sorregge il capo, uno dei figliuoli gli asciuga la fronte, l'altro gli sbottona il cappotto e gli fa odorare una boccetta di aceto; le ragazze e le donne di servizio corrono di qua e di là, confuse, affannate, senza saper che si fare. Finalmente ei rinvenne e la sua prima parola fu un grazie detto con una voce trepida e fioca che veniva schietta schietta dal cuore. In quel momento, facendogli un po' di violenza, gli tolsero il cappotto e la cravatta, gli fecero indossare una giacchetta, e gli avvolsero attorno al collo un fazzoletto.—Grazie!—ripeteva il soldato opponendo una timida resistenza;—grazie!—

      —Oh che scena!—diceva intanto tra sè la sorella del padrone; ma non diceva per l'appunto quel che sentiva. E mostrava alla figlia maggiore le orme di fango rimaste sul tappeto; ma nell'atto stesso che le mostrava sentiva quasi dispetto di non provare dispetto.

      —O che v'è accaduto, buon giovane, che v'è accaduto?—dimandava con viva sollecitudine il padrone di casa.—Siete malato? Siete caduto? Eravate solo? D'onde venite?—

      A voce bassa e lenta, e interrompendosi tratto tratto come se gli venisse meno il respiro, il povero soldato raccontò tutto quel che gli era seguìto. Era partito da San Donnino che già si trovava male in arnese; lungo la via aveva molto sofferto di stomaco e di testa, e ad ogni breve sosta che s'era fatta aveva temuto di non potersi più rialzare. S'era però rialzato e avea tirato innanzi con grande sforzo fino all'ultima fermata, in prossimità di quella casa. Quivi s'era gettato in un fosso, s'era lasciato cogliere dal sonno, un torpore profondo gli aveva invaso tutte le membra, non avea inteso lo squillo delle trombe che davano il cenno dell'avanti, non aveva visto partire il reggimento, s'era svegliato mezz'ora dopo, s'era trovato solo, avea tentato di rimettersi in cammino ed era ricaduto per terra.... Che fare? dove andare? Vista là presso una casa, s'era diretto, barcollando, СКАЧАТЬ