Pagine sparse. Edmondo De Amicis
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Название: Pagine sparse

Автор: Edmondo De Amicis

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069384

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СКАЧАТЬ d'una ostentazione ipocrita e sfrontata; mi sentii salire il sangue al viso; buttai in terra, con una manata, quel mucchio di fogli....

      Teresa gli pose una mano sulla bocca.

      — E ci sputai sopra tre volte! — soggiunse Mario respingendo la mano.

      — No, Mario! — esclamò Teresa — non le dire queste cose!

      — Lasciamele dire — rispose Mario, con un sorriso mesto e amorevole: — è questo uno dei pochi bei tratti della mia vita. E ora sai perchè mi pare un'impostura lo scrivere quello che non faccio.

      — Eppure! — gli disse Teresa — guardandolo negli occhi, dopo alcuni momenti di silenzio. — Eppure domani tu scriverai.

      Mario si strinse nelle spalle.

      — Sì, scriverai, — riprese Teresa — perchè io son donnina da trovare nella mia piccola testa delle ragioni convincenti da opporre a tutte quelle che mi hai dette finora per provarmi che non devi più scrivere.

      — Sentiamole.

      — Ma non oso dirtele perchè.... non mi so esprimere; sono una scioccherella.... io non m'intendo di letteratura.

      — Credi agli angeli?

      — Io sì.

      — E credi che gli angeli s'intendano di letteratura?

      Teresa sorrise, e continuò: — Ebbene, ecco la mia idea. Dici che dovrebbero scrivere solamente i grandi e questo non mi par giusto. In questo mondo ci sono tante anime che si somigliano, che vivono nella stessa maniera, che vedon le cose dallo stesso lato, che hanno perfino le medesime debolezze. Ebbene, queste anime si cercano, e quando s'incontrano, sia anche in una pagina d'un libro, ne godono, e si attaccano a chi ha scritto quella pagina, come a un intimo amico. I grandi scrittori ne abbracciano un gran numero di queste anime, perchè abbracciano la natura sotto moltissimi aspetti. Gli scrittori che vengon dopo, ne abbracciano soltanto poche; ma bastano anche queste poche perchè essi abbiano ragione di essere. I grandi scrittori destano la maraviglia, l'entusiasmo: gli altri solamente l'affetto e la simpatia. Ebbene, anche far nascere una simpatia mi pare che sia un effetto che giustifichi un libro, perchè la simpatia è una disposizione benevola del cuore, e una disposizione benevola è la metà d'una buona azione. E poi, perchè il grande dovrebbe escludere il piccolo? e il bellissimo escludere il grazioso? Non ci dovrebbero essere delle margheritine e delle viole perchè ci sono dei girasoli e delle rose? Forse che il poema di Dante m'impedisce di piangere e di sentirmi riaver l'anima leggendo le novelle del Thouar? Quando uno è sicuro che cinquecento persone leggeranno quello che scrive, ogni volta che gli viene un buon sentimento, fosse anche a proposito di due lucciole che passano, lo deve scrivere; e se impiega tutta la sua vita a scrivere delle cose che trasfondono un buon sentimento in cinquecento persone, la sua vita mi par che sia bene impiegata. E quanto allo scrivere quello che non si fa, mi par che tu non abbia ragione neppure; le buone azioni non si fanno soltanto col coraggio e coi sacrifizî; destare degli affetti gentili, consolare, intenerire, rasserenare l'anima per un momento a qualcuno, sono buone azioni non meno meritorie che star un mese senza fumare per fare un regalo a un maestro. Che importa se un libro che ha prodotto questi effetti, dopo un certo tempo è dimenticato? Quante buone azioni non si dimenticano ogni giorno! Forse che non si dovrebbero fare buone azioni che pei posteri? Ma perchè mi perdo in ragionamenti? Chi più di te sentiva queste verità, quando scrivevi le tue prime cose, e ogni volta che ne finivi una, comparivi qui colle braccia aperte e il viso radiante e mi dicevi: — Teresa, quanto mi rincrescerebbe morire! — Teresa, non dirmi che sono superbo: t'assicuro che oggi dentro di me c'era un angelo; era lui che mi dettava; se non ho scritto meglio, è perchè ho inteso male quello che diceva, tanto mi parlava in furia! — E vedi che anche adesso ti splendono gli occhi a sentirti ricordare quei giorni. — Dammi la mano, Mario — riprendi coraggio e fiducia — cercala qui l'ispirazione — nel cuore — vedrai che ti risponderà — la tua forza è qui; — promettimi che scriverai ancora, — che tornerai di nuovo qui contento e glorioso a farti baciare sulla fronte, — dimmi che ti senti l'angelo, Mario!

      Mario, commosso, le chinò il capo sul seno, e rimase per lungo tempo immobile e pensieroso.

      Finalmente Teresa gli mormorò all'orecchio: — E l'angelo?

      — Oh! perdio sì! — gridò Mario balzando in piedi col viso radiante e battendosi una mano sul petto, — c'è ancora!

       Indice

      Dei capi originali, sotto la vôlta del cielo, ce n'è e posso vantarmi d'averne conosciuto parecchi; ma uno che possa far la coppia con lui, credo che abbia ancora da nascere.

      Era sardo, contadino, ventenne, analfabeta e soldato di fanteria.

      La prima volta che mi comparve davanti a Firenze, nell'uffizio d'un giornale militare, m'ispirò simpatia. Il suo aspetto, però, e qualcuna delle sue risposte, mi fecero capir subito ch'era un originale curioso. Visto di fronte, era lui; visto di profilo, pareva un altro. Si sarebbe detto che nell'atto che si voltava, tutti i suoi lineamenti s'alteravano. Di fronte, non c'era nulla da dire: era un viso come tanti altri; di profilo, faceva ridere. La punta del mento e la punta del naso cercavano di toccarsi, e non ci riuscivano, impedite da due enormi labbra sempre aperte, che lasciavan vedere due file di denti scompigliati come un plotone di guardie nazionali. Gli occhi parevano due capocchie di spillo, tanto erano piccini, e sparivano quasi affatto tra le rughe, quando rideva. Le sopracciglia avevano la forma di due accenti circonflessi e la fronte era alta appena tanto da impedire ai capelli di confondersi colla barba. Un mio amico mi disse che pareva un uomo fatto per ischerzo. Aveva però una fisonomia che esprimeva intelligenza e bontà; ma un'intelligenza, se così può dirsi, parziale, e una bontà sui generis. Parlava con voce aspra e chioccia un italiano del quale avrebbe potuto domandare con tutti i diritti il brevetto d'invenzione.

      — Come ti piace Firenze? — gli domandai, poichè era arrivato il giorno innanzi a Firenze.

      — Non c'è male, — mi rispose.

      Per uno che non aveva visto che Cagliari e qualche piccola città dell'Italia settentrionale, la risposta mi parve un po' severa.

      — Ti piace più Firenze o Bergamo?

      — Sono arrivato ieri; non potrei ancora giudicare.

      Quando se n'andò gli dissi: — addio, — ed egli rispose: — addio.

      Il giorno dopo fece la sua entrata in casa.

      Nei primi giorni fui più volte sulle undici once di perder la pazienza e di rimandarlo al suo reggimento. Se si fosse contentato di non capire niente, transeat: ma il malanno era che, un po' per la difficoltà dell'intendere l'italiano, un po' per la novità delle incombenze, capiva a mezzo e faceva tutto al rovescio. Se dicessi che portò ad affilare i miei rasoi dal Lemonnier e a stampare i miei manoscritti dall'arrotino; che rimise un romanzo francese al calzolaio e un paio di stivali alla porta di casa d'una signora, nessuno lo crederebbe; poichè per crederlo bisognerebbe aver visto fino a che segno, oltre al capir male, egli era distratto, non bastando il capir male a dar ragione di qui pro quo così madornali. Ma non posso trattenermi dal citare alcune fra le più meravigliose delle sue prodezze.

      Alle undici della mattina lo mandavo a comprare del prosciutto per far colazione, ed era l'ora che si gridava per le strade il Corriere italiano. Una mattina, sapendo che il giornale conteneva СКАЧАТЬ