Novelle umoristiche. Albertazzi Adolfo
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Название: Novelle umoristiche

Автор: Albertazzi Adolfo

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069704

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СКАЧАТЬ capiva più nulla. Non volle capire più nulla. Finchè con l'aiuto di Dio, dopo un secolo....

      — È lui! Corriamo!

      — È Bonarca!

      — Là! presto! affoga! — Correvano.

      — È lui! Chi sa da quante ore!

      — È già spacciato! — Arrivavano.

      — No; non vedete? Muove la testa come una galana....

      — Una corda.... Le pertiche!

      — Maestro! maestro!

      Senza dir nulla egli intravvedeva a pochi metri il delegato, i carabinieri, i becchini; e udiva battere il suo cuore, ton, ton, ton, a grande velocità.

      — S'attacchi!

      — S'attacchi alla pertica!

      — Attáccati, amico!

      — Forza!

      — Coraggio, caro maestro!

      Niun dubbio che per essere salvo gli sarebbe bastato afferrarsi alle pertiche. Ma non voleva morire?

      — Coraggio! — Forza! — Bravo!

      — Tira!

      — Viene!

      Salvo? Non doveva morire? Sì, ma che colpa n'ebbe lui?

      Gli spiriti vitali si aggrapparono essi a quelle pertiche. Alle pertiche, prima; poscia a quelle braccia. Egli si lasciò trascinare e afferrare....

      E salvo, ma svenendo davvero nelle braccia dell'amico, balbettò:

      — Lasciatemi morire....

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      Con un semplicissimo ragionamento, e chiarissimo, Gianni Limosa avrebbe dovuto convincersi che il suo affetto non escluderebbe mai dal cuore di Claudia Verbani l'affetto delle carte; che Claudia giocatrice — eppure così bella, così giovane, così vedova! — non aveva, nè avrebbe mai più, tempo, voglia, affanni d'amore.

      Il ragionamento chiarissimo e semplicissimo sarebbe dovuto esser questo: L'uomo può dedicarsi con le sue energie a più vizi in una volta; dove la donna, con le energie sue, non si dà quasi sempre che a uno solo, e con l'anima sua in uno solo raccoglie, smarrisce tutta sè stessa. Ma ogni vizio è una passione; e come, da che mondo è mondo, la donna ebbe taccia d'incostante in amore, l'amore per la donna o non è una passione, e quindi non è un vizio, o tutt'al più è passione non intensa e profonda quanto un vizio: per esempio, il gioco.

      Se non che Limosa invece d'essere un filosofo era uno sportman innamorato; perciò non è meraviglia ragionasse, o meglio, sragionasse così: «Questa donna, che è una signora eccezionale, io l'amo alla follia e con buone intenzioni: per forza; perchè è onesta; e la sposerei anche. Disgraziatamente essa non mi ama perchè ha un vizio. Un vizio? Sì: come Luisella la mia puledra.... Luisella adombrava al passaggio del treno o d'una bicicletta, e balzava o scappava o voltava indietro; sudava tutta; tremava; e guai se gliel'avessi data vinta! Io, traendola alla ferrovia e facendola sorprendere incontro, dietro o di fianco, con una bicicletta, e intanto frenandola e frustandola a mio modo, l'ho domata che è diventata un'agnellina. Ma Luisella è una cavalla, e Claudia una signora. Per questa dunque mi atterrò a un metodo affatto contrario.»

      Ora, la fallacia del ragionamento apparisce manifesta nel credere che per essere Luisella una bestia e Claudia una donna, l'una ragionevole e l'altra no, patissero o peccassero in modo affatto contrario e bisognassero di opposti rimedi.

      Ma, salvo il rispetto, in una qualità almeno rassomigliavano: che eran femmine ambedue.

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      Gianni Limosa aveva molti meriti: capelli neri a spazzola; barba corta all'inglese; abiti che rivelavano il tipo, quasi scomparso ai nostri giorni, del gentiluomo campagnolo, ma abiti di stoffa costosa e di bella fattura; muscoli temprati agli esercizi del corpo; un naturale buon umore e bastevole intelligenza e cultura perchè egli non si confondesse in conversazione alcuna. Dei contadini, fra cui viveva otto o nove mesi dell'anno senza orgoglio e senza abbassarsi troppo, o degli amici e delle amiche che trovava ai campi di corse, chi mai se lo sarebbe imaginato timido e trepidante? Bisognava vederlo tirare ai piccioni! saltar le siepi! guidare Luisella!

      Però egli meritava anche scusa, tant'era graziosa e sagace quella signora Claudia; con certi modi ingenui e volontari da far girar la testa a ben altri che a uno sportman non filosofo! Nè Claudia stentò molto a introdurre il povero Gianni in un dialogo per cui egli credè meglio finirla e confessarsi innamorato cotto.

      — Sissignora! Io sono un uomo alla buona, franco, robusto, sano. Non leggo romanzi, io! E non avrei mai creduto d'innamorarmi fino a questo punto.

      — Di chi?

      — Oh bella! Di lei!

      Gianni rispose con voce un po' aspra, perchè il cuore gli picchiava il petto; e con la sinistra accomodava la barba, mentre Claudia, niente affatto meravigliata, restava con la testa appoggiata al divano mostrandogli, senza volere, la bianca gola e sorridendo d'un'ironia lieve, non priva d'indulgenza.

      — Povero Limosa! — ella disse poi. — Non conosce neppur tutta la gravità del suo malanno! Perchè, scusi, se non è sano chi legge romanzi, non sarà sano neppure chi è innamorato come nei romanzi e come dice di essere lei.

      Egli mormorò:

      — Già, mi contraddico; non capisco più nulla!... Tanto più che io amo non da eroe, ma da onest'uomo; disposto a qualunque sacrificio.

      — Bravo! E quale sarebbe il sacrificio più grande?

      — .... Rinunciare alla mia libertà!

      Il modo con cui fece l'offerta e il tono che aveva imposto alle parole un peso maggiore a quello stesso ch'egli v'attribuiva, ottennero dalla signora una risata schietta.

      — Dio mio! Ma il sacrificio della propria libertà è il più piccolo, il più semplice, il più naturale per l'amore, cioè per il matrimonio! È necessario; se no, il matrimonio non sarebbe un legame!

      — Ebbene — disse rosso in volto Limosa —, io farò di più: rinuncerò ai cavalli, alla caccia, alla campagna; andrò nel bel mondo; leggerò dei romanzi; cercherò duelli; farò della politica; ascolterò concerti wagneriani; ballerò la season....

      — Inutile, povero Limosa!

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