Название: Lo assedio di Roma
Автор: Francesco Domenico Guerrazzi
Издательство: Bookwire
Жанр: Документальная литература
isbn: 4064066072926
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[1] I Piemontesi hanno sofferto in pace che il conte Santarosa per bene 39 anni di altra lapide non fosse onorato, tranne quella che gli pose la pietà del francese Fabvier; il Cousin, uomo insigne nella politica, nella letteratura, e nella filosofia ne scrisse a Maurocordato facendogli sentire quanto disdoro sarebbe venuto alla Grecia dalla ingratitudine verso la memoria dei generosi, che avevano dato il proprio sangue per la sua libertà; non gli rispose neppure…! Più tardi il Colonnello Fabvier compiva l'onorato ufficio: alla bocca della Caverna dove la fama narra rimanesse ucciso il Santarosa da un rinnegato maltese, pose un'umile monumento con questa iscrizione: Al conte Santorre Santarosa qui ucciso il 9 maggio 1825.
Però non ricordo questo per maledire ai Piemontesi, chè noi pure contristano colpe inespiate: peccammo tutti; e qui in Toscana giacciono senze onore le ossa di Francesco Ferruccio… eroe popolano di cui la virtù e il nome empiono di sgomento i moderni palleschi. Colpevoli tutti, compassioniamoci, ed emendiamoci. Gentil sangue latino, gitta de le le turpi some, che ti hanno tolto memoria, e affetti, e senso di grandezza, e perfino l'odio contro la servitù domestica e straniera.
[2] È noto che il conte Bubna presentando Carlo Alberto all'arciduca Ranieri adoperasse queste parole: «ho l'onore di presentare a vostra Altezza imperiale e reale, il re d'Italia.» Prima di lasciare il libro del Conte Santarosa mi sia permesso cavarne due notizie, a mio parere utilissime pei tempi che corrono: la prima è, che Antonino Foa, vescovo di Asti, avendo recitato certa pastorale per indurre i suoi diocesani alla osservanza della costituzione, appena restituito il governo assoluto, fu preso e messo in prigione dentro un Convento di Cappuccini, donde non potè uscire senonchè ritrattandosi; della quale cosa tanto si accorò, che indi a breve cessava di vivere. Nè Roma aperse bocca allo strazio che si menava del suo antiste, amico della libertà dei popoli, mentre empiva di querele il mondo quando fu chiuso in cittadella, e poi mandato in esilio l'arcivescovo Franzoni, avverso ostilmente alla Patria, alla libertà, ed alla monarchia.—
E poichè io reputo debito strettissimo di ogni cittadino cogliere ogni occasione per conficcare bene nel capo al popolo come in ogni tempo, non si sa, se più nocessero alla Patria, o i Preti, o i Tedeschi, o i Moderati; e questi oggi abbiamo tutti e tre sul groppone con l'aggiunta del quarto; metterò qui le parole di coteste insigne cittadino, qual fu il conte Santarosa, le quali si leggono a pagine 80 del suo libro della Rivoluzione piemontese del 1821, intorno ai mezzani uomini questi i quali ingegnandosi accordare gl'interessi di partiti opposti secondavano la indolenza di un governo per sè stesso inetto, irresoluto, ed inclinato alla rea politica del guadagnare tempo, tanto fatale in momenti di rivoluzione, che perde i popoli, e chiama loro sul capo le maledizioni di cui n'è autore o seguace.»
Della cattolica chiesa Carlo Alberto zelatore quanto mio padre; e più, però che egli sendo dotto in lettere la difendesse con la penna mentre a Ferdinando, buon'anima, mancò la possa non la voglia; e di ciò fa fede quel perfetto gentiluomo del conte Clemente Solaro della Margarita di cui il Memorandum in mezzo al diluvio dei libri satanici galleggerà, pari all'arca santa, fino alla consumazione dei secoli; di vero si ricava da lui, che Carlo Alberto dopo avere dettato un libro di riflessioni storiche, lo facesse stampare; non so poi per quale cagione ne ritirasse le copie, eccetto una sola, che mandò in dono al cardinale Lambruschini, il quale esaminatala a dovere, trovatala conforme al suo cuore, assai la commendò; Gregorio XVI a cui ne fu data parte ne faceva le stimate; e stette a un pelo di segnarlo sopra l'albo dei santi… ma poi se ne trattenne.
Dal tratto che corre fra il 1821 e il 1847 io non rimoverò la tenda, che lo cuopre: la è pesa di sangue grommato, nè vo' bruttarmene le mani, almanco senza profitto; e poi la reverenza regia mi preme come avrebbe importare altrui; non siamo tutti re? D'altronde ne vanno piene le storie dei tempi. Parliamo del 1847, che lo colse mentre, con altri nati in Arcadia[1] si godeva ministro il buon Solaro; ora questi nel suo celebre Memorandum stampato proprio a Torino nel 1851 ci afferma essere stato il suo adorabile padrone tenace profondamente della regia potestà, ossequentissimo alla santa madre, la Chiesa cattolica, appassionato della indipendenza italiana, la quale (intendiamoci bene) a dire del conte ministro, dal suo adorato Signore ponevasi nello estendere quanto meglio per lui si potessero i proprii dominii[2]: in omaggio al diritto divino, ed alla esaltazione della Chiesa protesse Don Carlos nella Spagna, la Duchessa di Berry in Francia, i Gesuiti da per tutto spendendoci attorno fiore di moneta, anzi per fine tanto lodevole s'indebitò.—Quando temè essere aggavignato dalla necessità, e non lo era, prese a tartassare, Dio lo perdoni, il beato Padre, ma ei lo fece per non perde; credito presso i liberali, e potersi avvantaggiare di loro nella prossima guerra, vinta la quale, e messo al largo proponeva convertirli tutti non senza speranza di riuscita, quando poi gli fossero tornati corti i presagi gli avrebbe spenti in pena СКАЧАТЬ