Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI. Francesco Domenico Guerrazzi
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Читать онлайн книгу Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - Francesco Domenico Guerrazzi страница 28

Название: Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066073381

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СКАЧАТЬ Eccola.—

      E saliti i gradini dell'altare, forte percuotendo col pugno chiuso la tavola di marmo, proseguiva:

      —Cristo, se sei sopra questo altare, consacrato da un vescovo che dicono, e che io non credo, santo, dinanzi al tuo ciborio, alla presenza della ostia dentro la quale ti confina la stupidità dei credenti[15], io ti rinnego dieci volte e cento: confesso il mio peccato di non averti offeso abbastanza fin qui, e mi propongo fermamente, d'ora in poi, offenderti in pensieri, in opere e in omissioni con tutti i sentimenti del corpo, tutta la forza della volontà, tutte le potenze dell'anima… Se sai, e se puoi, inceneriscimi:… io ti sfido a fulminarmi…—E qui piegava il collo sull'altare; e, trattenutosi alquanto, per bene tre volte gridò: non odi?—In fine levò audacemente il capo maledetto: le membra gli tremavano, non l'anima. Guardò la figlia: gli occhi grinzosi a mano a mano gli si stringevano, e ridevano il riso della vipera; si mosse minaccioso contro a lei, che lo aspettò senza battere ciglio, e con parole forsennate volubilmente favellò:

      —Che cosa è Dio? Deus erat verbum: Dio è una parola—niente altro che una parola; e san Giovanni lo ha detto.—Questo morto non è morto (e con la mano percuoteva forte la fronte del morto figliuolo). Gli enti mutano forma, non si disperdono mai. La materia fu prima della creazione, e sarà dopo lo scioglimento del mondo. Da questo cadavere nasceranno migliaia di viventi, e, morti anch'essi, ne diverranno altri vivi: perpetua vicenda di vita e di morte, ecco tutto. La vera sapienza, o figlia del mio cuore, la vera sapienza, intendimi bene, consiste nel ricavare la somma maggiore di piaceri dalla forma che la natura ci destina attualmente.—Vieni, Beatrice, te sola amo… tu sei lo splendore della mia vita»…. te…

      E più, e più sempre, invaso da diabolica insania, si accosta lo iniquo vecchio a Beatrice; e già la tocca, e già fa prova di gittarle smanioso le braccia al collo; quando la donzella dà indietro un passo inorridita, e forte spingendo la bara, esclama:

      —Tra me e voi io pongo il vostro parricidio.—

      La bara urlata si rovescia portando seco le ghirlande dei fiori, il morticino, e parecchi candelieri co' ceri accesi: i quali cadendo a rifascio addosso a Franceseo Cènci, ebbero virtù di stramazzarlo per terra. Il capo del cadavere percosse sul capo dei vecchio; la bocca fredda di quello si allacciò ai labbri di questo; i capelli biondi del giovanetto trapassato, e i capelli canuti del vecchio vivo, si confusero insieme;—la fiammella di un cero appiccò fuoco in cotesta chioma mescolata di vita e di morte; la vampa dilatandosi arde ad un punto la guancia e la tempia di Virgilio, e la guancia e la tempia del Conte: da entrambi usciva un leppo nauseabondo di carne abbrustolita; uno solo sentì lo spasimo. Il vecchio, scuotendosi come serpente calpestato, trafitto da angoscia ineffabile ruggiva:

      —Il morto mi brucia!…

      Con disperato sforzo il vecchio si liberò dal cadavere; giunse a mettersi a sedere; poi a stento in piedi. Oh quanto era orribile a vedersi Francesco Cènci! Le chiome arse, e tuttora fumanti; la guancia e la tempia gonfiate per la scottatura; le pupille rientrate tutte nel ciglio, sicchè degli occhi non si vedeva altro che il bianco chiazzato di sangue, e giallo in parte di colore bilioso: le membra tutte tremendamente convulse.

      —Ah Francesco Cènci!—battendo i denti sussurrava costui;—voi avete avuto paura! Codardo! tu hai avuto paura. Una fanciulla e un morto mi hanno messo paura… adesso io vedo, che tu sei vecchio davvero!

      Beatrice era scomparsa. Il vecchio brancolando si ridusse alle sue stanze, chiuso in pensieri di spavento e di sangue.

      NOTE

      [1] Francesco Cènci, figliuolo di Cristofano, attese a terminare questo tempio e corredarlo delle cose necessarie all'ornato ed al culto divino, come colui che n'era diventato il patrono. In memoria eterna del fatto. L'anno del Giubbileo 1575.

      [2] Questi miracoli leggemmo riportati nelle gazzette dei nostri tempi: però mentre la fama di quelli operati dalla Madonna di Rimini si mantiene e si spande, si dilegua l'altra della Madonna di Tredozio. Io mi guarderò bene d'ingolfarmi in siffatte materie; e protestandomi parato sempre a ritrattarmi da qualunque opinione mal sonante, non posso astenermi da confessare, che talora sono venuto pensando tra me e me: «Dacchè alla Beata Vergine ha preso vaghezza di operare un miracolo, o non era meglio mandare qualche quattrino a Sua Santità, che ne ha tanto e poi tanto bisogno?» Capisco ottimamente anch'io, che in questi negozii non si può mettere mica la legge in mano ai santi; tuttavolta, favellando umanamente, bisogna convenire, che sarebbe stato più utile per gl'interessi della Chiesa avere scudi, che lacrime. Basta, speriamo sempre: quod differtur non aufertur.

      [3] Queste notizie furono ricavate dal Tesoro Sacro del Cavaliere GIUSEPPE VASI, tomo II.

      [4] Durante la mia prigionia l'arte di mutare vestito ha fatto notabilissimi progressi, e non poteva essere a meno. I sarti, per accomodarsi ai bisogni dei tempi, hanno inventato un vestito che si mette da due parti, ed è diverso il colore: così, laddove prima per mutare casacca bisognava almeno tornare a casa, adesso si può entrare nero nel primo uscio che si para davanti, ed uscirne rosso scarlatto. I sarti, nel presagio dei tempi, hanno fatto quanto Carlo in Francia: il punto sta nel vedere se il giuoco duri.

      [5] Genesi, C. II.

      [6] Lettera di Cristoforo Colombo a Ferdinando ed Isabella, dopo il suo quarto viaggio in America. NAVARETTE citato dal MICHELET, Storia dei Francesi, t. III. p. 106.

      [7] HUME, Storia d'Inghilterra, t. I. p. 64. THIERRY, Storia della Conquista de' Normanni, t. I. p. 63.

      [8] Apparecchiarsi alla morte è disprezzare la vita.

      [9] Se grazia tu cerchi e carità, le troverai qui dentro. Francesco Cènci, non ingrato padrone, procurò si ponesse questa memoria al benemerente suo cane Nerone.

      [10] Fu sparsa voce, che Lord Byron si comportasse verso la sua moglie Mibbank presso a poco come il Conte Cènci con la Lucrezìa Peroni. Nelle Conversazioni del capitano Medwin Lord Byron così si esprime intorno a questo argomento: «Mi accusano averle detto, salendo in carrozza, ch'io l'aveva sposata per dispetto, e perchè ella mi aveva rifiutato due volte. Comecchè io rimanessi, anzichè no, impermalito della sua repugnanza, o come meglio vi piaccia chiamarla, sono convinto che se avessi adoperato seco lei un linguaggio così poco gentile, per non dire brutale, Lady Byron mi avrebbe piantato in carrozza con la cameriera; ella non è donna da sopportare simili affronti». Lady Byron gode una triste celebrità per le angustie arrecate al suo inclito sposo: possano le mogli buone aborrire da questa sorta di fama!—La figlia di Lord Byron, viaggiando in Italia, visitò tutti i luoghi dove aveva albergato suo padre. Mi narrano ch'ella si recasse a Montenero, dov'egli stette prima di andare a Genova: vi si portò sola, accompagnata dalla sua pietà. Sua madre non le permetteva guardare il ritratto di suo padre, che teneva coperto di un velo nero come quello di Marino Faliero decapitato pro criminibus. La figlia si mostrò degna della magnifica invocazione dello Child-Harold, e la madre dell'allusione del personaggio Inez nel Don Giovanni. La figlia di Lord Byron presto moriva, la moglie tuttavia vive, ed è ragione; avvegnachè a viver molto, ammoniva certo Vescovo di buono umore, si richiedano principalmente due cose: stomaco buono, e cuor cattivo.

      [11] «Mi chiedete se Lady Byron mi abbia mai amato? Ho già risposto a questa interrogazione. No: era di moda quando ella apparve nel mondo, ed io aveva fama di rompicollo, e di vagheggino: ora le femmine amano molto queste due maniere di uomini; ella mi sposò per vanità, e con la speranza di convertirmi, e d'incatenarmi ai suoi piedi». MEDWIN, Conversazioni di Lord Byron, p. 50.

      [12] Fatto noto, che se ti piace puoi leggere in Svetonio, e lo merita perchè è bellissimo, come quello che dimostra lo stupore affannoso СКАЧАТЬ