Scettica a Salem. Фиона Грейс
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Читать онлайн книгу Scettica a Salem - Фиона Грейс страница 14

СКАЧАТЬ è la finestra della strega,” le disse l’uomo. “È inclinata in quel modo così che le streghe non possano volarci attraverso ed entrare.”

      Mia lo guardò incuriosita e poi andò in cucina. Il fornello era ovviamente antico e piuttosto confuso. Aveva una grande superficie piatta in mezzo a due fuochi, e quattro porticine sul davanti invece di una sola. Avrebbe dovuto capirlo più tardi.

      Qualcuno aveva accuratamente messo uno zerbino a forma di cane sul pavimento con una ciotola piena di acqua e un mazzo di fiori freschi sul tavolino con un bigliettino che sporgeva da sotto.

      “È stato il socio di Graham, Ollie Cooper, ha preparare tutto. Ha dato istruzioni che leggessi quel biglietto non appena fossi entrata,” disse Tom sorridendo.

      “È meraviglioso, Tom. Devo dire che sono sorpresa che Graham mi abbia offerto un alloggio gratuito. È davvero generoso.”

      “Beh,” disse Tom chinandosi verso di lei per parlarle sottovoce. “In realtà Graham è mio figlio. Immagino che Hatter non fosse particolarmente adeguato a lui.”

      “Oh!” disse Mia. “Capisco.”

      “L’edificio appartiene alla famiglia da generazioni. Gli lascio usare queste stanze per i suoi progetti,” spiegò Tom. “Mi mantengo giovane se sono circondato da giovanotti. Ora ti lascio.” Le fece l’occhiolino e le porse un mazzo di chiavi. Il portachiavi diceva L’emporio di Hatter e mostrava l’immagine di una strega a cavallo di una scopa. “Meglio se tieni chiusa la finestra della strega. Non si sa mai.”

      Mia rise e prese le chiavi.

      “Ancora una cosa,” disse. “La maniglia della porta a volte si incastra. Devi sollevarla e ruotarla un po’. Altrimenti resti chiusa dentro.” Uscì e si chiuse la porta alle spalle.

      Mia accarezzò Tandy arruffandogli il pelo sulla testa. Poi andò dai fiori e prese la busta. Il biglietto diceva:

      Benvenuta a Salem!

      La riunione inizia alle 17.30 alla Locanda del Gatto Nero.

      La Locanda del Gatto Nero? Era il luogo di una famigerata presenza soprannaturale, frequentato un tempo solo da marinai. Si diceva che una donna solitaria si aggirasse nella soffitta, cercando il suo innamorato perduto in mare. C’era un indirizzo e un’annotazione a mano. La Locanda del Gatto Nero non era distante, e la si poteva raggiungere a piedi.

      Improvvisamente, Mia sentì bussare leggermente alla porta. Ruotò la maniglia e si trovò davanti una ragazza minuta dall’aria bohemienne. Doveva avere meno di trent’anni, con un viso da elfo e i capelli corti coperti da un berrettino a righe. Tandy le corse subito incontro e iniziò a leccarle la mano. Quello era sempre un buon segno.

      “Sono Sylvie Payne,” disse la ragazza con marcato accento del Jersey. “Tecnico del suono.” Si chinò ad accarezza Tandy che scodinzolava freneticamente come se si conoscessero da tempo.

      “Per Libro, campanella e candela?”

      “Esatto. E sono anche la tua vicina di casa.” Le mostro una chiave che pendeva da un portachiavi simile al suo. “Sono al 2B. Comunque, mi sa che siamo in ritardo per la riunione dello staff. Vuoi che andiamo insieme alla ricerca del Gatto Nero?”

      CAPITOLO SETTE

      Mentre passeggiava lungo la Essex Street, Mia si sentiva come se fosse appena entrata in una scena di una storia d’epoca. Quando passarono accanto al Lappin Park, videro la scultura stregata, la statua di una strega a cavallo di una scopa, incorniciata dalla luna piena.

      “Mi sa che sono seri sulle loro streghe,” disse Mia.

      “E sugli stregoni,” aggiunse Sylvie. Passarono accanto a un uomo con un cappotto vittoriano che si stava sistemando i polsini di pizzo.

      Attraversarono la strada ed entrarono in un’area lastricata chiusa al traffico delle automobili. Era piena zeppa di bancarelle colorate che offrivano articoli magici e artefatti mistici. Mia notò sfere di cristallo, pentacoli e sacchettini di erbe impilati su dei carri. I turisti si aggiravano tra i negozi mangiando mele caramellate. La porta di un edificio era spalancata e all’interno era in pieno svolgimento una fiera del paranormale traboccante di visitatori. Quando il cielo iniziò a scurirsi, si levò una fresca brezza e dei lampioni vintage si accesero illuminando l’area con il loro bagliore soffuso. Mia rabbrividì: era affascinante, ma inquietante.

      “Ascoltavo il tuo show,” disse Sylvie. “Era fantastico, a parte la qualità del suono. Attrezzatura economica, scarsa qualità. Molto semplice.”

      “Ho dovuto farmi il mio studio a casa,” disse Mia ridendo. “E non ho mai avuto il lusso di potermi appoggiare a un tecnico del suono. Sinceramente, facevo tutto da sola, e meglio che potevo.”

      “Beh, ora tutto questo cambierà. Avrai un intero staff a tua disposizione, e io trasformerò la tua voce in oro che cola.”

      Mia sorrise sotto ai baffi. Sylvie era sicura e sfacciata in un modo a cui lei non era abituata. Ma se Tandy già la adorava, tutto sarebbe andato alla grande tra loro. Nel tempo Mia aveva imparato che Tandy era il miglior giudice delle persone che le stavano attorno.

      “Penso che sia laggiù,” disse Mia, seguendo la mappa. Mentre passavano sotto a un lampione, quello improvvisamente ebbe uno scatto e si spense. Sylvie sollevò gli occhi e scosse la testa.

      “Non preoccuparti del mio poltergeist,” le disse con tono indifferente.

      “Il tuo cosa?” chiese Mia, non sicura di aver sentito bene.

      “Il mio poltergeist,” disse Sylvie. “Mi segue da anni. Penso sia il mio cugino morto.”

      “Quindi pensi che lo spirito di tuo cugino ti stia inseguendo?”

      “Senti, so che tu sei una scettica, ma questa cosa mi viene dietro da anni. Le luci si accendono e spengono, i volumi si alzano. È una follia. Sto seriamente pensando di andare da un esorcista.”

      Mia mise da parte lo strano fatto tra i suoi pensieri, e quando furono arrivate alla Locanda del Gatto Nero, tenne la porta aperta per Sylvie. Entrarono, passando sotto a un pesante lampadario e accedendo a una stanza con il pavimento in legno e il soffitto decorato da spesse travi. Era impossibile dare un’età precisa alla taverna a primo colpo d’occhio. Il legno era vecchio e scuro, e c’era un ampio caminetto. L’intero ambiente sembrava piuttosto vissuto.

      Un paio di persone che sembravano clienti abituali stavano giocando a freccette in un angolo. Uno degli uomini si voltò e fissò Mia. Era il tizio che aveva visto alla casa dei sette abbaini? Mia notò il barista, un orso d’uomo che stava pulendo bicchieri e seguendo con sguardo accigliato la partita a freccette.

      Una mano scattò in aria e fece loro cenno di avvicinarsi.

      “Ragazze, eccovi qua. Sono Graham.”

      Graham Stone si alzò in piedi e sorrise, le braccia aperte. Indossava una camicia colorata praticamente sbottonata fino all’ombelico e una giacca viola. Al collo portava una grossa catena dorata in stile rapper. I capelli erano tagliati alla moda e tenuti dritti con il gel. Considerato il periodo dell’anno, la sua pelle mostrava uno strano colorito aranciato.

      Aveva carisma, questo era certo. Ma a Mia dava l’impressione di un venditore di auto usate che stava per venderle un limone. Non era sicura di potersi fidare di lui.

      “Lasciate СКАЧАТЬ