Folgorazione. Блейк Пирс
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СКАЧАТЬ style="font-size:15px;">      Ironicamente, il suo primo impulso fu di ripetere più o meno le stesse identiche parole che Murawski le aveva riferito, ossia che non avrebbero potuto ottenere un verdetto di condanna per due omicidi di primo grado, e che questo patteggiamento era migliore di quanto sembrasse, e, ad ogni modo, Larry Mullins sarebbe rimasto in prigione a lungo.

      Ma non riuscì a dire nessuna di quelle cose.

      Invece, disse: “Mi dispiace.”

      “Le dispiace?” Donald Betts disse incredulo.

      “Questo è tutto ciò che ha da dire?” Ross Harter aggiunse.

      Riley si sentì ammutolita.

      Devo dire qualcosa.

      Ma che cosa le restava da dire?

      Poi, ricordò una frase che Murawski le aveva detto un istante prima, in merito alla possibilità di Mullins di ricevere la condizionale.

      “Non lasci che accada.”

      Riley deglutì ad alta voce. Poi, si espresse con una nota di convinzione che sorprese persino lei.

      “Non otterrà la liberazione condizionale” disse. “Sconterà l’intera condanna, trent’anni, se vivrà così a lungo.”

      Melanie Betts strizzò gli occhi, guardandola con un’espressione confusa.

      “Come fa a saperlo?” chiese.

      “Perché me ne assicurerò” Riley rispose, avvertendo un nodo formarsi in gola per l’emozione. “Non permetterò mai che ottenga la liberazione condizionale o il rilascio anticipato.”

      Poi, restò in silenzio, riflettendo attentamente sulle ultime due parole che stava per pronunciare.

      Poi disse: “Lo prometto.”

      I quattro genitori stessero a fissarla per un momento. Riley si chiese se credessero davvero a quello che aveva appena detto, specialmente dopo quello che era appena accaduto nell’aula. Non aveva mai promesso loro nulla fino a quel momento, certamente non che Mullins scontasse l’intera condanna. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo.

      Ma ora che l’aveva detto, sapeva di essere sincera a riguardo.

      Non aveva idea di che cosa le sarebbe costato mantenere tale promessa, ma l’avrebbe fatto in ogni modo.

      Infine, Donald Betts annuì semplicemente. Mentre iniziava ad accompagnare la moglie e l’altra coppia fuori dall’aula, guardò Riley e mimò silenziosamente una parola.

      “Grazie.”

      Riley annuì in risposta.

      L’aula era decisamente meno affollata ora, perciò Riley uscì in corridoio. I giornalisti avevano circondato Murawski e anche il difensore di Mullins, e li stavano assillando con le loro domande. Riley era grata che i giornalisti non sembrassero averla notata.

      Ma, guardando a destra e a sinistra, si chiese dove fosse andato il suo partner. Non vide Crivaro da nessuna parte all’interno dell’edificio. Neppure quando uscì sugli scalini del tribunale, riuscì a vederlo.

      Dov’è? si chiese.

      Si diresse all’area dove avevano parcheggiato il loro veicolo del BAU.  Aveva un mazzo di chiavi, perciò aprì lo sportello e si mise al volante e restò ad aspettare.

      Sicuramente, arriverà presto, pensò.

      Ma mentre passavano lunghi minuti, iniziò a porsi delle domande.

      Sapeva che questo verdetto aveva particolarmente sconvolto Jake.

      Forse non riesce semplicemente ad affrontarmi, pensò.

      Provò a telefonargli, ma l’uomo non rispose alla chiamata. Non voleva allertare il BAU, dicendo che il suo partner era scomparso. Crivaro sarebbe certamente tornato, una volta che fosse stato pronto.

      Riley restò seduta in auto, in attesa, per un’ora intera, prima di decidere che fosse giunta l’ora di andare. Infine, uscì dal parcheggio e tornò da sola a Quantico.

      CAPITOLO DUE

      Per Julian Banfield fu come risvegliarsi da un terribile incubo.

      O forse non svegliarsi affatto, pensò.

      Si sentiva ancora confuso, e a malapena cosciente. E aveva un tremendo mal di testa.

      Aprì gli occhi, o almeno era convinto di averlo fatto, ma si ritrovò circondato da una profonda oscurità. Quando provò a muoversi, si rese conto di non poterlo fare. Sapeva che questa sorta di immobilizzazione era un sintomo tipico dei suoi rari incubi, presumibilmente causati dalla costrizione delle coperte, sotto cui giaceva.

      Ma stavolta è diverso, l’uomo comprese.

      Sebbene gli arti fossero immobilizzati, non era disteso.

      Respira, Julian s’impose, così come spesso faceva con i propri pazienti. Respiri brevi e profondi, inspira ed espira.

      Ma la disperazione iniziò ad impadronirsi di lui, quando la realtà della sua situazione iniziò a palesarglisi. Era legato in una posizione da seduto, immerso nella completa oscurità. Persino dopo diversi respiri profondi, la calma, che stava provando a raggiungere, gli sfuggì.

      Pensa, si disse. Quale è l’ultima cosa che ricordi?

      Poi, gli venne in mente. Stava cercando Sheila nel suo studio, quando qualcuno l’aveva afferrato da dietro, ed era stato costretto a respirare attraverso un pezzo di stoffa, impregnato di un liquido dolce e viscoso.

      Cloroformio, ricordò, i suoi pensieri si mossero vorticosamente, fino a raggiungere uno stato di panico.

      Poi, Julian sentì una voce parlare gentilmente nell’oscurità.

      “Salve, Dottor Banfield.”

      “Chi c’è?” Julian sussultò.

      “Non riconosce la mia voce?” fu la risposta. “Beh, immagino che non dovrebbe sorprendermi. È passato tanto tempo. Ero molto più giovane. La mia voce è cambiata.”

      Improvvisamente, gli puntò sul viso una luce, e Julian ne fu momentaneamente accecato.

      “Ecco” la voce disse. “Così va meglio?”

      Julian strizzò gli occhi, faticando ad adeguarsi alla luce. Apparve un volto, un uomo sorridente, con un viso lungo e magro.

      “Sicuramente adesso mi riconosce” disse.

      Julian lo guardò attentamente. Trovava la forma del suo mento vagamente familiare, ma non riusciva a stabilire chi fosse. Non lo riconobbe, e la verità era che non gliene importava molto al momento. Solo in quel momento iniziava a comprendere in quale genere di situazione si trovasse e, da quello che sembrava, non era affatto buona.

      Lui e l’estraneo erano nella cantina di Julian, circondati da scaffali contenenti centinaia di bottiglie di vino. In qualche modo, Julian era legato o allacciato ad una delle sedie di legno СКАЧАТЬ