Un’esca per Zero. Джек Марс
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СКАЧАТЬ che ti è successo non ha precedenti. Voglio dire, ti hanno strappato quella cosa dalla testa con un paio di pinze. Nessuno se lo aspettava. Nessuno ci avrebbe mai pensato. Ad essere sincero, sono sorpreso che tu ti sia rimesso. Anche se potessi aiutarti…" Bixby indicò la minuscola casa in cui si trovavano. "Non ho alcuna strumentazione qui".

      "Sì", disse Zero piano. Fissò la superficie del tavolo di legno. Era venuto fino a lì per niente. Aveva passato settimane a cercare un uomo che non voleva essere trovato. Non c'erano risposte da trovare né lì né altrove. Il suo cervello lo avrebbe ucciso, e doveva convivere con questa idea fino alla fine dei suoi giorni.

      Rimasero un minuto in silenzio prima che Bixby si schiarisse la gola. Quando Zero alzò lo sguardo, l'ingegnere gli stava porgendo la giacca.

      “Mi dispiace”, disse. "Ti inviterei a passare la notte qui, ma sai che non posso correre rischi".

      Zero capiva. Nonostante tutta la sua attenta pianificazione, l'agenzia avrebbe trovato un modo di trovarlo se avesse voluto. Satelliti, chip di tracciamento sottocutanei, buone reti di spie vecchio stile… ogni minuto in quella casa avrebbe messo in pericolo Bixby.

      Prese la giacca, si alzò e se la infilò lentamente. "Suppongo che se qualcuno dovesse tornare in questo posto, non troverebbe nulla".

      Bixby sorrise con tristezza. "Supponi bene". E poi disse di nuovo: "Mi dispiace".

      Zero annuì e si diresse verso la porta. "Abbi cura di te, Bixby".

      "Aspetta".

      Zero si bloccò immediatamente, con una mano protesa verso la maniglia, immaginando ci fosse un'altra trappola dimenticata.

      "Aspetta un momento". Bixby si tolse gli occhiali, si stropicciò gli occhi e se li rimise a posto. "Io… Ti ho mentito. Prima. Quando ti ho detto che sei la prima persona a cui sia mai stato installato il soppressore".

      Zero si girò di scatto. "Cosa? Mi hai mentito?"

      “Sotto minaccia di morte? Sì. Ma, tutto considerato, sembra che il pericolo sia passato". Non riuscì a trattenere una risatina. “Il soppressore che è stato installato in te non è il prototipo. Prima ne è stato costruito un altro. Ed è stato utilizzato su una persona. Circa un anno prima che il tuo soppressore sparisse dal mio laboratorio. Un uomo sui trentacinque anni. Legato all'agenzia".

      Un'altra persona a cui è stato installato un soppressore? Improvvisamente il viaggio fino a lì sembrò acquisire un senso.

      "Un agente?" Chiese Zero.

      "Non lo so".

      "Dove si trova?"

      "Non lo so".

      "Chi era?"

      "Non so nemmeno quello".

      "Che cosa sai?" Chiese Zero esasperato.

      "Senti, per me non era altro che il soggetto A", disse Bixby sulla difensiva. “Ma c'è una cosa che posso dirti. Dopo l'operazione, appena risvegliato dall'anestesia, il chirurgo lo ha chiamato Connor. Lo ricordo perfettamente. Gli disse, "sai chi sei, Connor?"

      "Connor è un nome o un cognome?" Chiese Zero rapidamente.

      "Non lo so. Questo è tutto ciò che so”, gli disse Bixby. “Sappiamo entrambi come opera l'agenzia; probabilmente è morto da tempo. Qualsiasi informazione legata a lui sarà stata cancellata. Ma… forse puoi tirarne fuori qualcosa. Se provi a seguire quella traccia".

      Zero annuì. Sicuramente ne avrebbe tirato fuori qualcosa, ma non sapeva ancora cosa. "Grazie". Tese la mano e Bixby gliela strinse, forse per l'ultima volta. L'ingegnere non era stato facile da trovare la prima volta, e non avrebbe commesso gli stessi errori due volte. "Per favore, sii prudente. Sparisci. Vai a sdraiarti su una spiaggia da qualche parte per i prossimi vent'anni".

      Bixby sorrise. "Sono irlandese. Mi scotto facilmente". Il suo sorriso svanì subito dopo. “Buona fortuna, Zero. Spero che trovi quello che stai cercando".

      "Grazie".

      Ma mentre Zero tornava nella fredda, incredibilmente buia notte del Saskatchewan, non poté evitare di pensare, tra sé e sé:

      spero di ricordare ciò che sto cercando.

      CAPITOLO DUE

      Il funerale del sovrano saudita fu, come previsto, davvero opulento. Almeno questo lo era; quello che il mondo avrebbe visto sulle reti di informazione, il funerale pubblico, dopo che i riti islamici tradizionali erano stati onorati in un contesto più intimo con la famiglia. Questo era il funerale a cui partecipavano i capi di stato, la nobiltà saudita e i leader dell'industria, tenuto nel cortile dorato, circondato di colonne di marmo, del palazzo reale di Riyadh. O meglio, uno dei palazzi reali, pensò Joanna mentre si trovava in mezzo ai presenti in lutto, la testa china in segno di riverenza e la fronte cosparsa di sudore e illuminata dal rovente sole saudita.

      Lei era la rappresentante degli Stati Uniti, ma non poteva fare a meno di sentirsi leggermente fuori posto per via del suo abbigliamento, un blazer nero, una camicia di seta nera e una gonna a tubino nera. Unito al fatto che la temperatura superava i trenta gradi, quell’abbigliamento la stava facendo soffocare, anche all'ombra. Fece del suo meglio per non darlo a vedere.

      Joanna Barkley era una donna pragmatica quanto il suo guardaroba. Non aveva dubbi su quella caratteristica della sua personalità, sebbene gli altri talvolta sembrassero dubitarne. Da adolescente, la sua idea di diventare senatrice nello stato della California veniva vista come un sogno irrealizzabile dai suoi insegnanti e coetanei e persino da suo padre, procuratore. Ma Joanna già si figurava il percorso, la carriera che l'avrebbe portata a realizzare quel sogno. Lo sarebbe diventata, semplicemente. All'età di trentadue anni, aveva realizzato il suo sogno, quello che per lei non era altro che un'idea, ed era stata eletta al Congresso degli Stati Uniti, la più giovane senatrice della storia.

      Quattro anni dopo, e poco più di due mesi prima, aveva scritto ancora una volta la storia quando il Presidente Jonathan Rutledge l'aveva nominata vicepresidente. A trentasei anni, Joanna Barkley era diventata non solo la prima vicepresidente donna nella storia della politica americana, ma anche la più giovane, insieme a John C. Breckinridge.

      Nonostante il suo carattere serio e pragmatico, Joanna non poteva evitare di essere definita una sognatrice. Le sue politiche furono accolte con la stessa considerazione con cui era stato preso il suo sogno di infanzia, ciò nonostante, aveva realizzato tutto ciò che si era prefissata. Per lei, la revisione del sistema sanitario non era affatto impossibile, ma semplicemente qualcosa che necessitava di un piano completo per essere portato a compimento. Uscire dai conflitti in Medio Oriente, raggiungere la pace, il commercio equo e persino sedersi alla scrivania dello Studio Ovale… niente di tutto ciò era irrealizzabile o impraticabile.

      Almeno non ai suoi occhi. I suoi detrattori e rivali, che erano molti, avrebbero detto diversamente.

      Finalmente la processione si concluse dopo che un uomo alto con la barba grigia ebbe concluso una preghiera, mormorata prima in arabo e poi in inglese. Era vestito interamente di bianco dal collo alle caviglie; un prete, suppose Joanna, o qualcosa del genere. Non era molto esperta di cultura islamica come avrebbe dovuto essere, soprattutto ora che avrebbe dovuto farsi carico di quelle visite e missioni diplomatiche. Ma due mesi non erano stati sufficienti per prepararsi, e il suo mandato fino a quel momento era stato un vortice di eventi, non ultimo dei quali la missione di pace tra Stati Uniti e i paesi del Medio Oriente.

      Il re Ghazi СКАЧАТЬ