Il Morbo Di Parkinson In Tempi Di Pandemia. Juan Moisés De La Serna
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il Morbo Di Parkinson In Tempi Di Pandemia - Juan Moisés De La Serna страница 3

Название: Il Morbo Di Parkinson In Tempi Di Pandemia

Автор: Juan Moisés De La Serna

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Медицина

Серия:

isbn: 9788835415039

isbn:

СКАЧАТЬ il sistema nervoso centrale, producendo una progressiva degenerazione dei neuroni situati nella substantia nigra e responsabili della produzione di dopamina.

      La dopamina è la sostanza fondamentale per il corretto svolgimento del movimento corporeo.” Marian Carvajal Paje, F.E.P.

      Alti livelli di dopamina migliorano la motivazione, il buon umore e il desiderio sessuale. La sua inibizione, d’altra parte, produce demotivazione, indecisione, scarsa libido e persino depressione. Pertanto, il Morbo di Parkinson produrrà una serie di cambiamenti a livello neuronale, come dimostrato in un’indagine condotta dall’Università di Modena in collaborazione con l’Università di Reggio Emilia (Italia)[1].

      Lo studio ha coinvolto 40 persone, 24 pazienti con Morbo di Parkinson diagnosticato da 5 anni, con un’età media di 60 anni e 15 persone della stessa età senza la malattia. Tutti sono stati sottoposti ad una risonanza magnetica funzionale in cui il cervello è stato scansionato per cercare differenze morfologiche significative nel cervello dei pazienti con Morbo di Parkinson rispetto ai soggetti di controllo. Gli autori hanno riscontrato differenze in termini di volume della materia grigia del cervello, particolarmente ridotta nei pazienti con Morbo di Parkinson, nella corteccia parietale destra e nella struttura interna del cervello, nel putamen, responsabile della via motoria e responsabile dell’esecuzione dei movimenti appresi.

      Due anni dopo, lo stesso studio è stato condotto con gli stessi partecipanti per vedere come era cambiato il loro cervello, portando ora l’età media a 62 anni, riscontrando anche differenze significative nel nucleo pediluviano e nel nucleo pedunculopontino e nella regione motoria del mesencefalo. Secondo gli autori, è importante scoprire come l’avanzata del Morbo di Parkinson stia interessando nuove aree poiché ci permette anche di sapere come trattarlo. Va notato, come si vedrà in seguito, che l’incidenza del Morbo di Parkinson sarà associata in un’alta percentuale all’incidenza dei disturbi dell’umore.

      “I disturbi dell’umore di solito si verificano come conseguenza di disturbi cerebrali che colpiscono i gangli basali, i lobi frontali e alcune sostanze chimiche del cervello come la dopamina, la serotonina e la noradrenalina.” María Caridad Marín, FEP

      È importante sapere che in ambito clinico si fa una distinzione tra sintomi e segni, quando si descrive cosa accade in caso di patologia della persona:

      - Si parla di segni per riferirsi ad un dato oggettivo che il medico raccoglie direttamente, sullo stato di salute dell’individuo, come, ad esempio, un ridotto numero di leucociti nel sangue, a seguito di un’analisi; alterazione delle onde P secondo l’elettrocardiogramma; oppure la presenza di placche “senili” e neurofibrille evidenziate da una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata).

      Quindi i segni sono una prova indiretta che deve essere interpretata dal medico sui diversi indici che l’organismo mostra.

      - I sintomi, invece, sono l’espressione soggettiva di un paziente su un malfunzionamento del suo corpo.

      Sarebbero equivalenti alle lamentele o ai disturbi manifestati dal paziente a causa della sua malattia; così come l’intensità percepita del disagio o del dolore, e di solito è la prima cosa che un medico valuta quando entriamo nell’ambulatorio e ci chiede: «Cosa c’è che non va? Cosa la porta qui da me?»

      Una volta raccolte le impressioni, il medico di solito approfondisce questi sintomi, con domande del tipo «Da quanto tempo ha questi sintomi? Definirebbe questi disturbi come dolorosi o invalidanti?»

      Nel completare la diagnosi, per stabilire se la persona soffre di un quadro clinico, è determinante il valore dei segni, rispetto ai sintomi, che vengono presi in considerazione come indizi da esplorare, privi di valore diagnostico di per sé.

      È inoltre necessario fare una nuova distinzione tra sintomi positivi e negativi, non si tratta di valutarli come “buoni” o “cattivi”, poiché ognuno di essi è indicativo del fatto che c’è un problema di salute e quindi sono tutti valutati come “cattivi” in quanto negativi per il normale sviluppo della vita della persona:

      Il sintomo positivo è definito come quello che è presente quando non ci si aspetta che compaia in una persona sana della stessa età, ad esempio, nel Morbo di Parkinson, un sintomo positivo sarebbe la presenza di tremori, qualcosa che non compare in una persona non affetta dal Parkinson.

      Il sintomo negativo, invece, è definito come l’assenza di una capacità o abilità che si riscontra in una persona sana della stessa età, ad esempio, un sintomo negativo può essere l’assenza della parola, nel caso di una persona che ha sofferto di un disturbo cranioencefalico a seguito di una caduta e di un forte colpo alla testa, presente in una persona della sua età.

      È importante notare che la distinzione tra positivo e negativo viene sempre fatta rispetto ad altri pazienti della stessa età, poiché ci sono sintomi che possono essere presenti o assenti in certe fasce di età e non in altre.

      “La presenza di sintomi motori come tremore, lentezza dei movimenti (bradicinesia), rigidità e instabilità posturale possono significare che una persona soffre di questa malattia.

      Tuttavia, non tutti i tremori sono dovuti al Parkinson, né tutti i sintomi possono comparire insieme.

      È necessaria una precisa valutazione da parte del neurologo specialista per escludere altre possibili patologie che presentino sintomi simili.

      Allo stesso modo, esiste un marker emotivo che è la presenza di un disturbo depressivo dell’umore e che si verifica prima della comparsa dei sintomi motori.

      In effetti, per molte persone i sintomi non motori del Parkinson (depressione, apatia, mancanza di motivazione, disturbi del sonno…) sono complessivamente più invalidanti dei sintomi motori sopra menzionati.” Marian Carvajal Paje, F.E.P.

      Anche se quando si pensa al Morbo di Parkinson, lo si fa sulla base dei suoi sintomi principali associati al movimento, ma non sono gli unici e nemmeno quelli che influenzano maggiormente la qualità di vita del paziente.

      Sapendo che tra il 40 e l‘80% dei pazienti affetti da Parkinson deve affrontare anche un problema in più, il dolore, qualcosa che è direttamente dannoso per la loro qualità di vita e le relazioni sociali.

      Il dolore serve come avvertimento al cervello che qualcosa non va, ma quando è cronico, a causa di traumi o malattie, diventa un grande fastidio, che influisce non solo sulle normali prestazioni ma anche sulle capacità cognitive.

      Il dolore può cambiare l’umore, e persino “offuscare la ragione”, questo insieme ad un fenomeno denominato sensibilizzazione, in modo che chi soffre di dolore cronico, lo sperimenta molto più intensamente ogni giorno, “sopportando” sempre meno la sua presenza.

      Quindi, oltre all’intervento nel Morbo di Parkinson, questi pazienti dovrebbero ricevere cure tempestive per combattere questo dolore costante; ma può essere migliorato il trattamento del dolore nel Parkinson?

      È proprio quanto ha annunciato l’azienda Mundipharma International in un [2] comunicato stampa secondo il quale l’azienda farmaceutica ha completato con successo la prima rigorosa ricerca sul trattamento del dolore nei pazienti con morbo di Parkinson analizzando gli effetti del trattamento ossicodone-naloxone. (OXN PR).

      Tra le caratteristiche dello studio, emerge che è stato condotto utilizzando un gruppo di controllo a cui è stato somministrato un placebo, nonché un disegno in doppio cieco, dove né il paziente né gli infermieri che hanno somministrato la sostanza СКАЧАТЬ