Название: Raji: Libro Due
Автор: Charley Brindley
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Современная зарубежная литература
isbn: 9788835414230
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C’erano otto ragazze tra i 250 studenti presenti il primo giorno della gara, ma alla fine della settimana, solo Liz ed io eravamo arrivate tra le prime cinquanta. Vincent Fusilier - o 'Fuse', come lo chiamavano i suoi amici –aveva partecipatoanche lui alla competizione, ma non aveva ottenuto un punteggio abbastanza alto per poter entrare nella nuova classe.
Fuse è andato a scuola negli ultimi nove anni, e io non ho mai passato neanche un'ora in classe. Quanto è ingiusto? Chiederò alla dottoressa Pompeii di rimuovermi dalla lista e di dare il mio posto a...
I miei pensieri vennero interrotti dalla dottoressa Octavia Pompeii che tornò al centro della scena. Il pubblico si calmò e si sedette, poi la dottoressa Pompeii si chinò in avanti, appoggiando le mani sul podio.
"Davanti a voi c'è la classe juniores dell'Accademia Octavia Pompeii dell'anno 1926". La sua voce era sorprendentemente forte per una donna minuta di quarantatré anni. Aspettò che l'ondata di applausi si placasse, poi continuò. "Genitori, tutori e amici, salutate i vostri figli per i prossimi quattro mesi, perché lavoreranno sodo fino alle vacanze di Natale".
Attraverso i mormorii e i sussurri del pubblico, sentii un fischio basso e capii che era Fuse. Lo salutai con la mano e sorrisi, sperando che non vedesse le lacrime scendermi sul viso.
"La città di Richmond ha donato dei terreni per questa Accademia nel 1917", disse la dottoressa Pompeii. "Da allora, nei nove anni successivi, nessuna studentessa è entrata nella classe juniores, quindi è per me un grande piacere dare il benvenuto a Elizabeth Keesler e Rajiani Devaki". Si fermò a guardare me e Liz, poi si voltò verso il pubblico. "Le prime donne a frequentare la nostra Accademia".
"Hai sentito, Raji?" sussurrò Liz. "Ci ha chiamate 'donne'."
Io annuì.
"Sembrano più due ragazzine imbranate", disse qualcuno a bassa voce dietro di noi.
Ci guardammo intorno, alla nostra destra, ma vedemmo solo una dozzina di facce sorridenti, con lo sguardo dritto in avanti.
"Non ce la faranno a superare la prima settimana", sussurrò un altro ragazzo, da sinistra.
Liz ed io ci girammo da quella parte, ma non beccammo il colpevole.
"Scommetto che correranno a piangere dalla mamma prima di mercoledì sera", disse un altro ragazzo. "Una di loro sta già piangendo".
Sentì un ridacchiare soffocato e feci per voltarmi per capire chi fosse, ma Liz mi fermò. "Questo lo vedremo", sussurrò, "non è vero?"
"Sì", dissi, ma ero decisa a dire alla dottoressa Pompeii che volevo cedere il mio posto a Fuse. Questo avrebbe lasciato Elizabeth come unica ragazza a sopportare le prese in giro e i dispetti dei ragazzi. Guardai Liz.
Lei è abbastanza forte. Sarà in grado di affrontarli da sola.
La dottoressa Pompeii continuò. "Per favore, alzatevi per la marcia dei colori".
Indietreggiò mentre tre studenti seniors in divisa da parata arrivarono sul palco con le bandiere dell'Accademia. I cadetti marciarono in fila indiana, con la bandiera americana davanti, seguita da quella della Virginia, poi da quella dell'Accademia Octavia Pompeii. Quando raggiunsero il centro del palco, davanti alla nuova classe juniores, eseguirono un movimento sul fianco sinistro, per poi mettersisull'attenti, fianco a fianco, di fronte al pubblico. Tutti e tre in perfetta precisione militare. Dopo qualche secondo, come da comando silenzioso,fecero cadere a terra i calci delle loro bandiere. Così coordinati furono i loro movimenti, che i tre colpi di bastone sul pavimento del palco suonarono come uno unico. Poi inclinarono i bastoni in avanti e si misero in posizione di riposo per la parata. Ognuno dei due cadetti con le bandiere americane e della Virginia portava una cassa di legno con il piano di vetro, nel proprio braccio sinistro.
Alcuni sussurri di approvazione provennero da dei ragazzi dietro di me, ma uno sguardo fulminante della signorina Pompeii li zittì.
Un altro cadetto senior marciò sul palco, passò davanti alla guardia colorata, poi salì sul podio.
"Sedetevi, per favore." Disse il cadetto attendendo che il pubblico prendesse posto. "Sono il cadetto Sergente Benjamin Smith. I Guardiani delle nostre bandiere servono in posizioni elevate e molto stimate all'interno della classe senior. Il loro compito non è solo quello di preservare e proteggere le nostre bandiere, ma di onorarle ogni giorno alzandole e abbassandole nel nostro campus". Si fermò un attimo prima di proseguire. "La bandiera americana..."
Il cadetto Wilson, che teneva la bandiera americana, si girò verso destra, fece sei passi, poi abbassò il bastone ad un angolo di quarantacinque gradi, così da farla rimanere appesa. Alcuni commenti silenziosi arrivarono dal pubblico quando la videro a brandelli e macchiata. Era strappata e con diversi piccoli fori rotondi.
"La bandiera che vedete è una replica di quella che il cadetto Wilson porta nella sua custodia protettiva".
Il cadetto Wilson voltò la custodia di legno in modo che il piano di vetro fosse rivolto verso il pubblico. Tutti videro la bandiera americana piegata all'interno.
"Il motivo per cui esponiamo una replica è che la bandiera originale che vedete nella custodia è troppo preziosa e fragile per essere maneggiata quotidianamente". Il cadetto Smith guardò verso il lato sinistro del palco. "Oggi siamo onorati di avere con noi un soldato che abbia una conoscenza diretta della storia di questa bandiera."
Un soldato con indosso l'uniforme blu dei Marines e un berretto bianco con la visiera, scese dalle ali del palcoscenico. Camminò lentamente, usando un bastone come sostegno, ma la sua postura era ancora diritta. Gli ci volle un attimo per arrivare sul podio.
"Il Sergente Maggiore William Jensen", disse il cadetto Smith, "Corpo dei Marines degli Stati Uniti".
Il Sergente Jensen ricevette un forte applauso, poi il cadetto Smith fece un rapido saluto. Il Marine si fermò, spostò il bastone nella mano sinistra, poi restituì il saluto. Quando abbassò la mano, si avvicinò per stringere quella di Smith.
Il cadetto lasciò il podio al Sergente Jensen e si mise in piedi accanto alla signorina Pompeii. Il Sergente Jensen si tolse il berretto e se lo mise sotto il braccio.
"Teufel Hunden", disse al microfono. Dopo una pausa, ripeté la frase: "‘Teufel Hunden’ è come i tedeschi ci chiamavano nella battaglia di Bellau Wood. Una traduzione approssimativa è 'Devil Dogs (Cani infernali)'. Era il maggio del 1918, appena otto anni fa, quando il generale John J. Pershing ordinò ai Marines degli Stati Uniti di guidare l'esercito tedesco da un'area molto boscosa a quarantacinque miglia ad ovest di Parigi. La mia unità era il Secondo Battaglione, Quinto Corpo dei Marines, comandato dal Capitano Lloyd Williams.
"Il nostro primo giorno di battaglia eravamo sotto il fuoco di mitragliatrici pesanti mentre le granate dell'artiglieria tedesca atterravano sempre più vicine alle nostre linee. Ci fu detto di mantenere le nostre posizioni fino all'arrivo dei rinforzi. Poi avremmo dovuto far fuori i nidi delle mitragliatrici e spingerci in avanti nel bosco per bloccare l'artiglieria. Mentre scavavamo le nostre trincee, qualcuno gridò: 'Eccoli che arrivano!'
"Afferrammo i fucili e prendemmo la mira contro l'orda di soldati in uniforme blu mare che si arrampicava su un basso crinale e correva verso di noi attraverso un campo di grano. Ma prima che sparassimo un colpo, il capitano Williams gridò: 'Non sparate! Sono disarmati'. Dopo averli osservati per un momento, disse: 'Sono francesi!' Abbassammo i fucili e ci togliemmo di mezzo СКАЧАТЬ