Il Cielo Di Nadira. Mongiovì Giovanni
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Название: Il Cielo Di Nadira

Автор: Mongiovì Giovanni

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Исторические любовные романы

Серия:

isbn: 9788893985512

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СКАЧАТЬ avevano sempre pagato, anche con nostro padre.»

      «Tanto meglio! Se i protetti hanno sempre pagato, che cosa sarà una sola volta?»

      «Quel tale Corrado, quel rosso, quando suo padre si è presentato senza avere con sé la tassa per la protezione degli infedeli credenti in Dio, si è fatto avanti e, guardandomi con aria di sfida, mi ha detto:

      «Lavoriamo per la vostra famiglia da vent’anni… la jizya, quando ci sarà, te la daremo, altrimenti accontentati del semplice fatto che lavoriamo per te.»

      Poi se n’è andato per i suoi orti come se nulla fosse. Come avrei dovuto trattarlo?»

      «Ma questo dopo che hai colpito suo padre sulla guancia!» s’intromise Jala, loro madre, la quale, avendo udito i toni dall’altra stanza, si era preoccupata che la discussione tra fratello e sorella degenerasse.

      Nadira somigliava molto a Jala, eccezion fatta per gli inconsueti occhi azzurri e per la pelle di una sfumatura più chiara. Inoltre Nadira era ben più alta di Jala, la quale amava dire con orgoglio che sua figlia fosse una palma di donna, per via della statura e del fisico longilineo.

      Quindi Umar si mise in piedi e, sentendosi accusare, rispose:

      «Tali questioni non puoi capirle, madre! Come si fa a determinare se chicchessia non può o non vuole pagare? La punizione serve a far desistere i bugiardi.»

      «La nostra è sempre stata una comunità unita, lontana dagli intrighi, dalle gelosie tra razze e religioni diverse... e perfino dalle guerre. La casa dei cristiani in fondo alla strada, l’unica del Rabaḍ, è stata sempre trattata con dignità. Tuo padre lo sapeva cos’era giusto al riguardo. Forse avrai ragione tu… ma non al Rabaḍ di Qasr Yanna; qui ci siamo sempre aiutati tra noi. La gente ieri guardava esterrefatta per come hai trattato quel ragazzo. Il nostro è un mestiere di per sé già odiato… ed è giusto che ti rispettino, e non che ti temano.»

      «Il Qā'id chiederà conto al suo ‘āmil8 se le casse sono vuote. E poi, da quando in qua colpire un infedele è diventato un reato? Abbiamo permesso loro di restare seduti in presenza di un fratello, abbiamo permesso loro di sellare il mulo, abbiamo permesso alle loro donne di usare i bagni al contempo delle nostre… quando altrove tutto questo non succede e potrebbero perfino chiedercene conto.»

      «Ma quel cristiano che tu hai schiaffeggiato ha impugnato la spada quando i soldati di Jirjis Maniakis predarono il villaggio, benché i dhimmi siano esentati dalla guerra e non possano portare armi.»

      «Allora sappi che ritengo questa realtà sbagliata e sarà mio dovere ristabilire l’ordine delle cose. Si sottomettano all’Islam pure loro come hanno fatto tanti dei cristiani che abitavano queste terre, se non vogliono essere trattati in maniera diversa.»

      Perciò adesso fu Nadira a rispondere:

      «E queste cose da quando le pensi? Da quando sei diventato il cognato del Qā'id?»

      «E tu, bambina, da quando hai imparato a rispondere al tuo walī9, protettore e garante? Da quando il Qā'id ti ha messo gli occhi addosso e gli sei stata promessa in sposa? Pensa se gli raccontassi che ti sei intrattenuta a parlare con un cristiano legato ad un palo.»

      «Il mio signore Ali avrebbe avuto compassione per quell’uomo.»

      «Bene, venga a rimproverarmi quando glielo racconterai… sempre che prima non ti stacchi la lingua perché dai tali confidenze agli estranei.»

      Nadira quindi se ne andò delusa e arrabbiata, correndo a rifugiarsi in camera sua. Al passaggio della ragazza la servitù impicciona si diradò velocemente. Dunque, gettatasi sul suo letto, abbracciando i numerosi cuscini che lo ricoprivano, prese a piangere.

      «Nadira, ragazza mia.» la chiamò Jala.

      Lei sollevò la testa, adesso con i voluminosi grossi riccioli scoperti, e prese ad ascoltare.

      «Nadira, figlia, può essere crudele rendersi conto che apparterrai a qualcuno che non conosci abbastanza; e tu hai solo diciannove anni… forse tanti, ma sei inesperta in tutto!»

      «Potrebbe staccarmi davvero la lingua?»

      «Lascialo perdere tuo fratello. Però sia chiara una cosa: mai e mai più voglio vederti parlare con quell’uomo!»

      «Io non gli ho parlato! È stato lui a chiedermi dell’acqua.»

      «E che altro ti ha detto?»

      «Niente!»

      «Bene, perché sappi che quello è un uomo pericoloso, della peggior specie, Nadira. E tuo fratello ha ragione nel volerlo punire.»

      «Poco fa hai detto il contrario…»

      «Ho detto ad Umar come si sarebbe comportato suo padre… a te dico come la penso io. Adesso va’ a vedere se tua cognata ha bisogno di aiuto; è per questo che non sei ancora la moglie del Qā'id… per assisterla nella sua gravidanza.»

      Così filavano via le ore del secondo giorno di quell’inverno del 1060 - il 452 secondo l’egira10 - in cui Corrado il cristiano era stato legato e umiliato al pari di una bestia testarda.

      Capitolo 2

      Autunno 1060 (452 dall’egira), Rabaḍ di Qasr Yanna

      Era ancora l’inizio d’ottobre, ovvero un paio di mesi prima che Umar si vendicasse dell’insolenza del figlio dei cristiani legandolo al palo del cortile, e che Nadira litigasse col fratello.

      Sotto il sole del dopopranzo, Khalid, un giovanotto dodicenne tanto vicino ad Umar, un pastorello a cui l’esattore del Qā'id affidava le sue greggi personali, veniva rapido verso il villaggio. Presto giunse davanti la casa di Umar, correndo tanto veloce che parve una folata di vento novembrino. Quindi, ancora col fiatone, tanto che dovette reggersi sulle ginocchia e sul bastone, gridò:

      «Umar!»

      Non ci volle molto che vennero fuori alcuni della servitù, per via dell’orario affaccendati dentro l’abitazione. Una volta avvertito, il padrone di casa uscì sull’ingresso tutto scompigliato, visto che evidentemente dormiva cullato dal tiepido torpore d’inizio autunno.

      «Cosa vuoi? Che urli a quest’ora? Dormivo insieme ai miei figli… e ora ci hai svegliati tutti!»

      «Umar, perdonami! Le capre…» e s’interruppe per riprendere fiato.

      «Cos’è successo alle mie capre? Te le hanno rubate?» domandò l’altro pieno d’apprensione.

      «No, le ho messe nella chiusa.»

      «Ma le hai lasciate pur sempre incustodite.»

      «Avrei voluto mandare una capra fartasa11, tuttavia tu non avresti compreso i suoi belati.»

      Khalid rise; era chiaro che stesse prendendo in giro il suo padrone.

      Umar СКАЧАТЬ