Giostra Di Cavalieri . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Giostra Di Cavalieri - Морган Райс страница 4

СКАЧАТЬ un posto. Oltre si scorgeva il blu luccicante del lago illuminato dal giorno e oltre ancora i picchi del Crinale che disegnavano un cerchio perfetto circondando quel posto ancora velato di nebbia. Sembrava un luogo contro il quale non potesse scatenarsi alcun male.

      Gwen pensò a Thorgrin, a Guwayne, da qualche parte oltre quelle cime. Dove si trovavano? Li avrebbe mai rivisti?

      Andò al catino dell’acqua e si bagnò il viso, poi si vestì rapidamente. Sapeva che non avrebbe trovato Thorgrin e Guwayne standosene seduta in quella stanza e sentiva più che mai che doveva fare qualcosa. Se qualcuno poteva aiutarla, forse questo era il re. Doveva esserci un modo.

      Gwen ripensò alla sua conversazione con lui quando avevano passeggiato tra i picchi del Crinale e avevano guardato Kendrick partire; ripensò ai segreti che le aveva rivelato. Che stava morendo. Che il Crinale stava morendo. C’erano altri segreti che le avrebbe rivelato, ma erano stati interrotti. I suoi consiglieri lo avevano richiamato per degli affari urgenti e lui se n’era andato promettendole di rivelarle di più e avvisandola che le avrebbe chiesto un favore. Di cosa si trattava? Cosa poteva volere da lei?

      Il re le aveva chiesto di incontrarla nella sala del trono al sorgere del sole e Gwen ora si affrettava a vestirsi sapendo di essere già in ritardo. Il suo sogno l’aveva lasciata intontita.

      Mentre correva attraverso la stanza Gwendolyn provò una fitta di dolore: la fame sofferta nella Grande Desolazione ancora le pesava addosso. Guardò il tavolo di prelibatezze preparato per lei – pane, frutta, formaggio, dolci – e velocemente afferrò qualcosa mangiando mentre andava. Ne prese più del necessario e ne diede la metà a Krohn che piagnucolava al suo fianco e fu felice di mangiare qualcosa. Gwen era così riconoscente per quel cibo, per quel riparo, per quelle lussuose stanze che la facevano sentire come se in qualche modo fosse tornata alla Corte del Re, nel castello della sua infanzia.

      Le guardie scattarono sull’attenti quando Gwen uscì dalla stanza aprendo la pesante porta di quercia. Passò oltre e percorse i corridoi di pietra del castello appena illuminati dalle torce che ardevano dalla notte.

      Gwen raggiunse la fine del corridoio e salì una serie di scale a chiocciola, sempre con Krohn alle calcagna, fino a raggiungere i piani superiori, dove sapeva esserci la sala del trono del re. Già quel castello le era diventato familiare. Attraversò di corsa un altro salone e si stava apprestando a oltrepassare un arco che si apriva nella pietra quando con la coda dell’occhio scorse del movimento. Rabbrividì, sorpresa di vedere una persona nell’ombra.

      “Gwendolyn?” disse la voce dell’uomo, piana e troppo affettata mentre lui avanzava dall’ombra con un sorrisino compiaciuto in volto.

      Gwendolyn sbatté le palpebre sorpresa e le ci volle un momento per ricordare chi fosse. Le erano state presentate così tante persone negli ultimi giorni che era ora un po’ confusa.

      Ma quello era un volto che non poteva dimenticare. Si rese conto che si trattava del figlio del re, uno dei gemelli, quello con i capelli che aveva parlato contro di lei.

      “Sei i figlio del re,” disse pensando ad alta voce. “Il terzogenito.”

      Lui sorrise, un sorrisetto subdolo che non le piacque. Quindi fece un altro passo avanti.

      “Il secondogenito in realtà,” la corresse. “Siamo gemelli, ma io sono nato per primo.”

      Gwen lo guardava mentre si avvicinava sempre di più e notò che era vestito in maniera impeccabile, con la barba rasata e i capelli ben pettinati e acconciati. Sapeva di profumo e olio e aveva addosso gli abiti più belli che avesse mai visto. Mostrava un atteggiamento spavaldo e trasudava arroganza e sicurezza di sé.

      “Preferisco che non si alluda a me come al gemello,” continuò. “Sono un uomo che sa pensare con la sua testa. Mi chiamo Mardig. È solo un caso che sia nato gemello, un caso che non potevo controllare. Un caso di corone si potrebbe dire,” concluse filosoficamente.

      A Gwen non piaceva trovarsi insieme a lui, ancora punta dal trattamento che le aveva riservato la notte precedente. Percepiva anche la tensione di Krohn al suo fianco, il pelo ritto sul collo mentre stava appoggiato contro la sua gamba. Era impaziente di sapere cosa volesse da lei.

      “Te ne stai sempre in agguato all’ombra nei corridoi?” gli chiese.

      Mardig ridacchiò facendosi ancora più vicino, troppo vicino per lei.

      “È il mio castello del resto,” rispose con fare territoriale. “Si sa che ci vado attorno.”

      “Il tuo castello?” chiese lei. “Non è di tuo padre?”

      La sua espressione si fece più cupa.

      “Tutto a suo tempo,” rispose cripticamente facendo un altro passo avanti.

      Gwendolyn si ritrovò involontariamente a fare un passo indietro: non le piaceva la sensazione che le dava la sua presenza e Krohn iniziò a ringhiare.

      Mardig guardò Krohn con sprezzo.

      “Lo sai che gli animali non sono ammessi nel nostro castello?” rispose.

      Gwen si accigliò seccata.

      “Tuo padre non aveva nulla in contrario.”

      “Mio padre non bada alle regole,” rispose. “Io sì. E la guardia del re è sotto il mio comando.”

      Gwen si accigliò frustrata.

      “È per questo che mi hai fermata qui?” gli chiese seccata. “Per far rispettare il controllo sugli animali?”

      Il giovane si accigliò a sua volta rendendosi forse conto di aver trovato pane per i suoi denti. La guardò fissa negli occhi come se la stesse studiando.

      “Non c’è donna nel Crinale che non mi desideri,” disse. “Eppure non vedo passione nei tuoi occhi.”

      Gwen lo guardò inorridita rendendosi finalmente conto di dove stesse andando a parare.

      “Passione?” ripeté umiliata. “E perché dovrei dimostrarne? Sono sposata e l’amore della mia vita tornerà presto al mio fianco.”

      Mardig rise ad alta voce.

      “Davvero?” chiese. “Da quello che sento è morto da tempo. O talmente perduto da non tornare mai più.”

      Gwendolyn si accigliò sentendo la rabbia che montava in lei.

      “Anche se non dovesse mai più tornare” disse, “non starei mai con nessun altro. E sicuramente non con te.”

      Lui si fece cupo in volto.

      Gwen si voltò per andarsene ma lui le afferrò un braccio. Krohn ringhiò.

      “Non chiedo quello che voglio, qui,” disse. “Me lo prendo. Ti trovi in un regno straniero e alla mercé di chi ti ospita. Sarebbe meglio per te obbedire a chi ti accoglie. Dopotutto, senza la nostra ospitalità saresti destinata alla desolazione. E ci sono circostanze molto più sfortunate che possono capitare a un ospite, anche con i padroni di casa meglio intenzionati.”

      Lei si accigliò, avendo visto fin troppe vere minacce nella sua vita per avere paura dei suoi insignificanti avvertimenti.

      “Ci СКАЧАТЬ